The Suicide of Rachel Foster

The Suicide of Rachel Foster – Recensione

Imperturbabile la morte recide senza alcuna spiegazione quel flebile legame rimasto con la vita stessa, lasciando alle spalle solamente tanta tristezza e desolazione. Perdere una figura cara è un’emozione devastante e che non può per nulla essere colmata con la sola distrazione. Solo l’avanzare del tempo prova a stabilire un contatto, spesso fallendo e altre volte attenuando questo enorme vuoto dentro. Una profonda cicatrice nell’animo umano che non sfiorisce mai. La morte è un tema abbastanza delicato, specialmente se dall’altro lato l’interlocutore o il fruitore ha veramente provato il dolore di perdere qualcuno. Il panorama videoludico ha così tante sfaccettature e generi differenti oramai, persino uno sviluppatore può permettersi di trattare temi di un certo calibro, toccando le corde più suscettibili dell’essere umano per innescare il fattore “empatia” nella storia. Dopotutto, nell’ultimo recente periodo abbiamo visto titoli come Florence o Kentacky Route Zero affrontare tematiche abbastanza “normali” ma con una prospettiva del tutto inaspettata. Ciò accade quando dietro ad un’opera simile c’è sempre un corposo team di creativi. Il videogioco rientra in questa espressione più artistica, dove all’interno dell’avventura è possibile scorgere una trama intrigante e letteralmente coinvolgente. Basti pensare ad un gioco apparentemente innocuo come Edna & Harvey: “The Breakout che ci catapulta dentro la mente di una donna schizofrenica. 

Non per niente ho voluto citare l’avventura grafica di Edna, poichè l’ultimo e ambizioso lavoro del publisher tedesco Daedalic Entertainment riguarda un’opera di un certo spessore realizzata dal team italiano one-o-one games, ossia The Suicide of Rachel Foster. Un prodotto che, ad essere sinceri, avevo visto in diverse occasioni e che mi ha notevolmente incuriosito per via delle tematiche trattate. Un miscuglio tra il thriller di Shining e l’avventura sperimentale come What Remains of Edith Finch. Infatti, in maniera quasi analoga, il gioco proposto e realizzato dallo studio di sviluppo nostrano prende a piene mani quello che in fondo è il conceptin prima persona” di questi due titoli precedentemente citati. Non fatevi però trarre in inganno, si tratta di una storia davvero interessante e soprattutto autoriale in grado di sfiorare tante sensazioni. Un tipo di narrazione votata alla caratterizzazione del protagonista e di alcuni comprimari, poiché – lo possiamo dire già da subito – non troveremo durante il nostro percorso ulteriori persone da seguire per comprendere la moltitudine di idee presenti nel gioco. Piuttosto è la forte identità della scoperta a costruire una sorta di muro attorno a questa atipica vicenda dietro la morte di un proprio caro. 

Il titolo è stato presentato per la prima volta lo scorso 2018 nella kermesse di Colonia, la GamesCom, con un panel interamente dedicato alle future collaborazioni con il publisher tedesco. A distanza di due anni, finalmente sarà possibile dal 19 febbraio 2020i giocare a The Suicide of Rachel Foster per PC sulla piattaforma Steam. Intanto, grazie a Daedalic abbiamo avuto l’occasione di provare l’opera thriller italiana in netto anticipo rispetto alla data d’uscita, così da poter proporre ai lettori di GameScore.it una nostra personale opinione a riguardo. 

The Suicide of Rachel Foster
Molte citazioni sono davvero importanti per la direzione artistica del gioco, ma che comunque non snaturano l’originalità dell’intera avventura.

Un lungo viaggio introspettivo 

Sono trascorsi ormai dieci anni da quando è accaduto. Impossibile dimenticare o accantonare qualcosa che, in altre circostanze, sarebbe potuto essere un caso “fortuito”. Invece è reale: tangibile come lo scorrere del sangue. Non intende arrestarsi, così come le fitte in questa profonda cicatrice presente nel cuore tormentato dalla tristezza e dal vuoto. Ma perché ha fatto questo? Perché proprio a noi? Delle domande che non hanno avuto, dopo così tanti anni trascorsi, una degna risposta e soluzione. 1993, Contea di Lewis and Clark, Montana, USA. In qualità di unica erede, Nicole (la nostra protagonista) riceve una lettera molto importante con su scritte le ultime richieste da parte del padre, un tale di nome Leonard McGrath. Per quanto ci abbia provato, l’ormai più che ragazza ha provato a lasciarsi il passato alle spalle, eppure prepotente come un sortilegio questo torna con prepotenza e tristezza. Il testamento recita il lascito del famoso hotel di famiglia, ossia la proprietà Timberline. Adesso è lei l’unica fautrice delle sorti di quella tenuta e dunque, richiamata dal passato, prova a riemergere per scoprire nuove informazioni ancora più importanti della burocrazia sulle vicende della povera Rachel

Dietro alle motivazioni più che lecite di Nicole, la storia non si dimentica e nemmeno lei riesce ad accantonare quell’evento. Era ancora una bambina quando è successo, proprio dieci anni fa. In quel periodo sia lei che la madre lasciarono l’hotel per scappare, dopo aver scoperto che il padre in maniera barbara e meschina aveva una relazione con Rachel, che rimase deturpata dal suo seme e quindi incinta. Poco dopo si suicidò, non lasciando alcuna traccia di quel malsano avvenimento. In qualità della protagonista, torniamo a solcare i pavimenti di quella folle realtà: non si hanno più notizie del padre, ma si presume che in fondo essendogli stato recapitato il testamento sia morto anche lui come la madre di recente. Nicole intende onorare la memoria della ragazza scomparsa porgendo i propri omaggi alla famiglia di lei per farsi perdonare. Da qui avrà inizio la nostra avventura, assieme all’avvocato di famiglia, all’interno dei meandri dell’hotel che purtroppo sarà l’unico ambiente visitabile nel gioco. Al di fuori della struttura, una forte nevicata ha infatti creato non pochi problemi, costringendo la donna a rimanere intrappolata in quel luogo. Il susseguirsi della storia non è certamente ben delineata oltre l’incipit, intrisa invece di colpi di scena e di momenti molto inquietanti alla pari di un horror ansiogeno

Per certi versi, The Suicide of Rachel Foster ricorda la magione Felton del titolo survival horror Remothered: Tormented Fathers. Questa sensazione è più che legittima, eppure i giochi sono davvero distanti, quasi agli antipodi per quanto riguarda la risoluzione del gameplay e la prosecuzione della trama. La storia tuttavia prosegue con estrema fermezza e lascia ogni punto spiegato al suo posto, regalando al giocatore un senso di completezza e soprattutto scoperta. La mole di dettagli è davvero alta, in un ambiente decadente ricreato alla perfezione e che riesce a trasmettere il buon rapporto tra regia e sperimentazione fatta dal team di sviluppo. 

The Suicide of Rachel Foster
Il telefono è uno degli oggetti a nostra disposizione utilizzabili in caso di emergenza e per richiedere informazioni relative su come muoversi nel gioco.

Una storia d’amore e morte

The Suicide of Rachel Foster non è semplicemente il racconto ben riuscito di una storia imbastita sul suicidio ed il mistero, bensì dona sfoggio ad alcune situazioni di gameplay ludicamente interessanti. Sarebbe inoltre riduttivo definire il gioco come un titolo interattivo, dove invece piuttosto gli elementi da scovare e comporre saranno diversi e spesso complessi. Il gameplay può comunque definirsi un ottimo surrogato della trama, in cui si concentreranno dialoghi completamente esclusivi innescati con la gestione di alcuni oggetti o stanze appena trovate. Il mondo di gioco è pieno di informazioni e la nostra missione è scovarle per comporre questo grande mosaico misterioso. Alcune sezioni di gioco, come la ricerca di alcune zone ben delineate, anche dall’utilizzo della mappa del luogo disponibile, sono difficili appositamente. Un level design azzeccatissimo e che rispecchia quella che è l’idea cardine dell’intero gioco. Gli ambienti sono diversi tra loro e alcuni molto suggestivi. Il dettaglio è evidentemente alto ed è altrettanto bizzarro definire il gioco come un titolo indipendente. Il lavoro fatto è strabiliante e molto più immersivo di altre esperienze finora in circolazione. Basti pensare anche al poter liberamente girovagare, senza dover per forza sottostare alle dinamiche create dagli obiettivi, per l’albergo e scovare elementi che muteranno successivamente con il passare del tempo. 

Perfino l’uso convenzionale per il genere thriller/horror di un oggetto come la torcia, in questo gioco, può definirsi atipico e pieno di soluzioni intriganti. Potrete muovere liberamente il fascio di luce per scovare dettagli che in precedenza con il buio non si notavano, ad esempio. Può sembrare banale, potreste dire, eppure questo è grazie anche alla buona costruzione tecnica del gioco alle spalle. Si tratta comunque di un’opera votata per sistemi come il PC, dove la grafica fa da padrone. Potremo utilizzare, da un punto preciso in poi, un telefono vecchio stile con l’antenna per chiedere relative informazioni su parecchi aspetti dell’avventura come un luogo o un evento determinato, così da poter proseguire in alcune situazioni allorché bloccate

Tematiche molto forti e suggestive 

L’aspetto più importante, secondo il mio personale parere, non è la grafica, che si mantiene pressoché buona per tutta l’avventura, bensì le tematiche affrontate come il suicidio ed il mistero dietro alla morte. In alcune circostanze molto ristrette come dei corridoi o stanze ricche di oggetti, il gioco inizia ad arrancare tecnicamente. La prova effettuata per questa recensione soddisfa a metà i requisiti richiesti per una buona fruizione. Eppure si notano alcuni cali di frame-rate sporadici nelle zone affollate da elementi poligonali. Le texture dei pavimenti e degli ambienti esterni sono differenti dal resto della magione, ovvero inferiori qualitativamente. Dal menù di gioco è possibile cambiare le impostazioni grafiche in maniera alquanto marginale, come accade nei giochi disponibili per console. Ciò per PC non basta, soprattutto quando l’unica modifica sostanziale è il V-Sync e niente più. Non sono presenti troppi effetti particellari, del resto si parla sempre di un gioco indipendente. Dal punto di vista grafico è comunque molto godibile ed esteticamente impressionante. 

The Suicide of Rachel Foster mi ha dato la sensazione di essere maggiormente predisposto per essere giocato con il pad alla mano, piuttosto che con mouse e tastiera (ugualmente possibile). Il feeling è leggermente diverso, poiché il gioco è interamente in prima persona. Non è richiesta una discreta reattività nei movimenti, come potrebbe accadere invece con uno sparatutto FPS. La componente audio/musicale è davvero suggestiva e immersiva. Gli sviluppatori hanno dichiarato di aver implementato nel gioco un audio binaurale (come in Hellblade), così da rendere ancora più completa l’esperienza finale. L’uso delle cuffie è veramente e spassionatamente consigliato per fruire meglio dell’avventura. Il doppiaggio è previsto solo in lingua inglese, mentre per i testi e dialoghi è disponibile l’italiano

In conclusione, se non ci fossero stati degli italiani dietro a questo sviluppo, avrei comunque premiato a pieni voti il titolo, poiché estremamente suggestivo, immersivo e dalla trama interessante. The Suicide of Rachel Foster oltre ad essere un videogioco è anche un’esperienza di ottima fattura, indipendentemente da dove viene usufruito. L’unica nota è la durata non eccessivamente lunga, ma che si aggira mediamente (per un gioco di questo genere) sulle cinque/sei ore circa per essere portato al termine. Un’opera davvero emozionante, che andrebbe comunque inserita nella propria lista di Steam solo per l’ottimo rapporto qualità/prezzo. Disponibile dal 19 febbraio al prezzo di 16,99 euro!

The Suicide of Rachel Foster
The Suicide of Rachel Foster – Recensione
PRO
Ottima trama ben delineata;
I temi trattati sono importanti;
Soluzioni di gameplay curiose;
Grafica buona.
CONTRO
Alcune incertezze tecniche;
Poca gestione dell'attrezzatura in possesso;
Durata nella media.
9
Coinvolgente