Monkey Barrels per Nintendo Switch

Monkey Barrels – Recensione

Cosa accadrebbe alla razza umana e al mondo intero se le macchine come gli elettrodomestici prendessero il sopravvento? Non è un’utopia parlare di come la tecnologia e di tutti quei dispositivi elettronici che usiamo quotidianamente abbiano reso la vita odierna dell’essere umano decisamente migliore e molto più accomodante. Non è nemmeno strano di come l’automatismo di alcune azioni abbastanza semplici, anche grazie agli attuali smartphone, come aprire una porta o accendere le luci restando seduti sia diventato quasi una routine definibile “normale”. Eppure, tornando indietro di qualche anno, tutto ciò, ovvero poter impartire dei comandi con il solo tocco di un tasto, era qualcosa di lontanamente irraggiungibile. L’evoluzione tecnologica ha fatto sicuramente tantissimi passi in avanti, dimostrando a chiunque del grande potenziale ancora in via di sviluppo. Ma cosa potrebbe accadere se un “essere malvagio” si impadronisse di tutte le macchine al fine di renderle impazzite e costringere il mondo a piegarsi al suo volere?

Monkey Barrels ci immerge in un’avventura atipica, condita da bassi istinti goliardeschi e tantissime scimmie parlanti. Gli elettrodomestici sono stati convertiti in armi letali capaci di annientare il prossimo con colpi fotonici, mentre la razza delle scimmie (una delle ultime rimaste) si nasconde tra i sobborghi delle principali città della terra. Un mondo che assume connotati Punk post-apocalittici, una tematica che solamente negli ultimi anni sembra tornare prepotente nelle trame dei videogiochi e, in generale, nei lungometraggi, dopo un trascorso quasi decennale a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90. Il gioco con protagonisti le scimmie “ribelli” è un prodotto abbastanza pittoresco, con tanti eccessi umoristici e citazioni più o meno famose nel panorama videoludico un po’ ovunque. Titolo che in chiave più matura e parodistica ricalca una possibile, cioè utopica, prossima realtà con macchine troppo potenti e difficili da governare.

Il team di sviluppo, Good-Feel, non è un gruppo di ragazzi scalmanati, bensì una software house che ha lavorato per una gran parte dei suoi principali giochi in stretto contatto con Nintendo. L’ultimo gioco pubblicato con la casa di Kyoto è l’ultimissimo Yoshi’s Crafted World per Nintendo Switch. Ma tra i giochi più famosi possiamo ritrovare: Yoshi’s Woolly World, Poochy & Yoshi’s Woolly World, Kirby’s Extra Epic Yarn e tantissimi altri ancora. Tuttavia per Monkey Barrels questa è la prima volta che Good-Feel è sia sviluppatore che publisher indipendente. Prodotto che vuole, soprattutto per i temi trattati ed il gameplay articolato, affermarsi come un titolo indie pieno di speranze. Un rischio che il team ha intenzione di intraprendere, reduce comunque dei buoni trascorsi e solo per questo è sicuramente da lodare. Annunciato all’improvviso e con un trailer solamente qualche giorno fa, Monkey Barrels è finalmente disponibile su Nintendo Switch dal 7 novembre 2019.

Monkey Barrels
Affrontare i Boss è davvero difficile e impegnativo, perchè richiede una buonissima dose di riflessi pronti a schivare i proiettili nemici.

L’avvincente trama: l’assedio dei robot selvaggi!

Solitamente la componente narrativa in produzioni simili con budget contenuto non è molto sviluppata e seguita, dove trova invece maggior spazio l’ampio e solido gameplay. Eppure esiste l’eccezione e Monkey Barrels rientra in pieno in questa categoria: la trama non è un supplemento che fa da cornice a tutto il resto, ma un vero e proprio aspetto principale per la fruizione complessiva del gioco. Attraverso la narrazione è possibile dipanare tematiche più o meno serie – con una buona dose di battute simpatiche – e comprendere l’evoluzione particolare dei personaggi con l’avvicendarsi degli antagonisti. Il contesto e l’ambientazione sono resi magnificamente: in un futuro non tanto prossimo, le macchine hanno assediato le principali città del mondo. Una di queste è proprio Tokyo, la capitale della tecnologia e dell’avanguardia robotica. I quartieri sono animati su schermo da parecchi elementi Punk, con edifici pieni di luci neon variopinte e cassonetti intelligenti della spazzatura un po’ ovunque. Nelle strade si riversano i ribelli con maschere anti-gas e bombolette per graffiti nelle mani, nascondendosi dalla milizia robotica per evitare scontri diretti. Ma perché è successo tutto questo? Facciamo un piccolo passo indietro.

Crabbenwold Electro è un grosso colosso consumistico di componenti elettronici vari che governa il mondo intero, possedendo una buonissima parte degli introiti nella costruzione e vendita di elettrodomestici casalinghi. Crabbenwold, uomo carismatico e brillante ingegnere, è a capo di questa grandissima multinazionale: tutti i modelli finora prodotti dall’azienda sono suoi principali progetti. All’interno di ogni macchina, l’uomo dalla piccola statura e dal crine rosso, ha inserito “volutamente” un chip misterioso. Questo chip non è altro che un modulo di guerra, che una volta attivato rende ogni suo prodotto uno strumento di combattimento sanguinolento. Kotetsu, simpatico scimpanzé dotato di intelletto e parola, è il nostro co-protagonista coinvolto in un misterioso incidente tra le vie trafficate di Shibuya assieme ai due amici, il forte e allegro Masaru e la giovane e attraente Hanako. Crabbenwold ha deciso, un bel giorno, di attaccare Tokyo e di catturare un esemplare di scimmia per studiare i suoi comportamenti con determinati stimoli in laboratorio”. Decide dunque di puntare sul trio e di catturare il forte Masaru, ma per senso di amicizia Kotetsu lo spinge via e rimane lui stesso intrappolato nel braccio robotico. I due animali rimasti riescono a salvarsi e raggiungere la base operativa, dove troveranno il sostegno di alcuni compagni per “affrontare la nuova missione”: recuperare l’amico catturato.

Il character design è davvero suggestivo e originale, sebbene i personaggi ricordano vagamente nelle espressioni e movenze un noto gorilla di Nintendo. Ciò che colpisce è la simpatia di alcune battute fra i componenti “dei ribelli scimmia”, che rendono l’opera ancora più facile e divertente da seguire. La trama, dopo l’incipit, non avanza velocemente, poiché viene dato maggior spazio al gameplay. Tuttavia sono presenti alcune sotto trame interessanti con il negoziante o altri personaggi presenti a metà gioco. Fortunatamente il titolo è tradotto interamente in italiano e facilmente fruibile anche nel nostro paese. L’unica pecca è la frequenza dei testi troppo veloce e non modificabile. La modalità storia si svolge in più location, come le principali Tokyo, Kanagawa e Shizuoka, suddivise tutte in 22 livelli caratteristici.

Monkey Barrels
Il negoziante è un nostro fedelissimo alleato (nonché Gorilla) che vuole aiutarci nella nostra missione, proponendo un arsenale di più di novanta armi da sbloccare pagando con i “junk”, moneta del gioco.

Un livello di sfida davvero interessante!

La componente migliore di Monkey Barrels, senza nulla togliere alla trama molto piacevole e scorrevole, è il gameplay action/sparatutto in chiave shoot ‘em up classico. Da Good-Feel ci si aspetta un buon livello di giocabilità e varietà, che anche in questo loro ultimo prodotto del tutto indipendente è presente: elementi cardine del videogioco old school, con tanti nemici su schermo e un’infinità di colpi fotonici da sparare. L’immediatezza e la velocità di movimento sono tutto, oltre ad una buona curva di difficoltà che rende il titolo sempre più stimolante. Difficoltà che però è enfatizzata un po’ troppo già dal primo approccio dopo l’avvio. In questo ci viene in aiuto un’area, nell’hub principale (la base operativa), dedicata interamente all’addestramento. Le armi dunque potranno essere provate in qualunque momento e nel gioco saranno all’incirca una novantina tutte più o meno diverse con parametri da considerare in base alle proprie esigenze e/o stile di gioco. Esistono due tipologie di armi, senza menzionare quelle da lancio: principali e secondarie. Le prime potranno essere quelle più veloci, con una frequenza di colpi molto alta e un danno finale lievemente sottodimensionato. Mentre le secondarie sono tutte quelle armi “più potenti e grosse”, con un maggiore numero di impatto e che richiedono tempi di ricarica elevati.

Entrambe queste tipologie di armi possono essere inserite dove meglio si crede: ad esempio, un fucile a pompa può essere equipaggiato nelle secondarie e nella mano sinistra, assegnando come tasto di funzione ZL. Il cooldown, ossia il tempo impiegato per la ricarica, è definito secondo un parametro presente nel negozio o nell’inventario prima di una missione. Per quanto riguarda infatti la ricarica, il titolo propone alcuni tips (dei suggerimenti) durante i caricamenti ed uno di questi riguarda la possibilità, oltre alla ricarica automatica dell’arma, di usare il tasto Y per inserire i proiettili con l’arma imbracciata. In questo modo potremo capire quando è il momento migliore per scappare da un attacco nemico e contrattaccare facendo più danni. Per avanzare nella mappa si può usare il tasto B per effettuare uno slash o una capriola, quest’ultima ci permette di superare ostacoli come burroni o oggetti che bloccano la strada. Tuttavia in questi movimenti è facile incappare in alcune hitbox non completamente definite e quindi rischiare di scontrarsi con un nemico senza volerlo.

La mole di nemici su schermo è alta. In qualunque stage noi ci troviamo, gli elettrodomestici impazziti spareranno dei raggi di vari colori fluorescenti per evidenziare l’attacco da un elemento statico presente nella stessa location. Purtroppo, essendo di per sé la difficoltà alta, trovarsi una miriade di nemici è alquanto stressante, poiché dovremo stare attenti inoltre alla loro velocità di movimento (se ci toccano, subiamo un danno) e ai colpi inferti. I danni che uno dei due protagonisti può subire sono uguali in qualunque caso, che sia un proiettile vagante o la scivolata dentro un burrone. All’interno di alcune scatole viola è possibile trovare, tra le varie ricariche o i “junk” (dei punti che possono essere spesi successivamente per comprare le armi al negozio), delle banane, simbolo di vita per le scimmie. Infine nello stage sono disponibili anche delle bibite, che appena raccolte aumenteranno una barra chiamata “wild”. Una volta raggiunto il limite massimo, sarà possibile scatenare una piccola onda d’urto e per un breve periodo di tempo incrementare ogni danno.

Monkey Barrels
Il gioco propone, durante i caricamenti, diversi “tips” per aiutarci: uno di questi è proprio nascondersi dietro un oggetto per aspettare il momento giusto per contrattaccare.

Varietà ottima e difficile da scardinare

Monkey Barrels è un gioco alquanto inaspettato e che propone una varietà di mappe, armi e situazioni sempre diverse. Entrambi i personaggi, Masaru e Hanaku, potranno essere giocati: nella base operativa, prima di avviarsi verso il prossimo stage, è disponibile l’altra scimmia in attesa, dove basterà rivolgergli la parola per cambiare identità. Eppure ciò ai fini del gameplay non cambia nulla, se non la parte estetica del protagonista e la mossa speciale wild. Non sono presenti abilità particolari dei protagonisti o delle mosse secondarie. L’organizzazione delle armi invece svolge un ruolo del tutto principale e che aumenta in modo esponenziale l’avventura action sparatutto. La visuale del gioco è dall’alto, dedicando interamente come succede in altri prodotti simili la telecamera dell’arma con l’analogico destro.

La componente estetica è veramente notevole, con una particolare grafica poligonale ispirata alla pixel art e diversi effetti di luce davvero convincenti. Sotto il punto di vista della grafica, non c’è nulla da criticare. Forse un piccolo intoppo con il filtro anti-aliasing non sempre costante nelle fasi più concitate con svariati nemici su schermo. Il frame-rate è pressoché stabile a 30 fps mentre le hitbox, come già annunciato, sono implementate in maniera grossolana. Ma oltre all’estetica delle mappe, quella delle macchine e quindi di alcuni Boss sono davvero piacevoli da vedere, anche grazie ai continui rimandi a tutti gli elettrodomestici più in voga nelle nostre abitazioni. Ho notato nelle prime due aree principali una sovraesposizione di alcuni nemici, in questo caso il microonde e il forno. Puntualmente sono presenti al momento dello spawn superando l’angolo dello stage, spezzando il ritmo del gioco avendo sempre lo stesso pattern. Per quanto riguarda le musiche e il sonoro in generale, queste sono un po’ troppo simili tra loro, dunque trascurabili per la maggior parte del tempo.

Monkey Barrels
La capriola è importante se si vuole scappare velocemente e consente inoltre di essere invincibili per una manciata di secondi.

In conclusione, Monkey Barrels di Good-Feel come sviluppatore indipendente è un gioco sicuramente fatto bene, con una buona progressione e un’offerta davvero valida. Giocarlo in portatile è un’esperienza sicuramente da non trascurare, sebbene anche attaccato al dock fa la sua fantastica figura. Esiste inoltre una modalità multiplayer online fino a sei giocatori interessante a metà e non del tutto convincente, poiché non offre una gran varietà di situazioni e di conseguenza l’attenzione migliore si focalizza sull’esperienza del single player. L’unica modalità PvP è Banana Scramble, ossia un tutti contro tutti dove vince chi prende più banane. Un gioco che venduto sull’eShop di Nintendo Switch al prezzo di 14,99 euro è sicuramente da avere nella propria libreria, per tutti coloro che amano i titoli old school con una buona trama e un gameplay dannatamente ostico. Un prodotto sicuramente riuscito e che mette in rilievo il lavoro di produzione indipendente fatto finora dal team di sviluppo dell’ultima opera di Yoshi.

Monkey Barrels per Nintendo Switch
Monkey Barrels – Recensione
PRO
Una buona trama;
Character Design interessante e ben costruito;
Tantissime armi tutte diverse a disposizione;
Grande varietà delle mappe e di alcuni nemici...;
Battaglie con i Boss intriganti.
CONTRO
Difficoltà troppo elevata già dall'inizio;
Hitbox grossolane;
Musiche non superlative;
... mentre altri sono un po' ripetitivi nei pattern;
Mancanza di un multiplayer locale.
8.5
Impegnativo!