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La quinta sinfonia di Zelda – Fuori Target

Il videogioco è un oggetto davvero strano, lo dico da sempre, perché mescola due mondi in (quasi) totale distanza fra loro. Da una parte l’universo artistico quello fatto di cinema, pittura, scultura, musica, letteratura e architettura, dall’altro invece il mondo matematico e in particolare quello informatico, fatto di stringhe di codici, di motori grafici ed equazioni. Il più delle volte questi due universi non comunicano, lontani ma paralleli si stuzzicano, si agitano, si dimenano, alle volte lottano ma difficilmente trovano pace. Sono a tutti gli effetti eterni rivali, come la scienza e la religione, la democrazia e la dittatura, la pace e la guerra. Distanti ma incredibilmente vicini. Poi però, da qualche parte e per qualche ragione, fanno una tregua che porta ad un accordo e a un successivo risvolto. Si parlano. Chiacchierano. Mettono in campo le loro esigente, le loro differenze, le loro ambizioni e, alla fine, collaborano. Dalla fusione di questa alleanza nasce la quinta sinfonia, l’equazione perfetta: The Legend of Zelda.

Questo è un articolo diverso dai precedenti scritti, sia perché chi scrive è uno di quei fan del brand che non sa essere obiettivo (e perché dovrei esserlo?) sia perché approcciarsi a TLoZ è un po’ come scalare l’Everest senza imbracatura. Il rischio, sempre vigile, è quello di scivolare, cadere senza protezioni, schiantarsi a terra in mille pixel, farsi così male da indurre il lettore a uno starnuto di indignazione, di malessere generale, incondizionato e perpetuo. Così questo Fuori Target diventa una riflessione sul più importante videogioco della storia (sì signori, perché merita questo appellativo!).

Quanti di voi hanno visto dal vivo Guernica di Picasso? E quanti hanno mai ascoltato la quinta di Beethoven? O letto 1984 di Orwell o visto Quarto Potere di Welles? Forse tutti, forse pochi o forse nessuno ma al di là di come classifichiamo queste opere il comun denominatore è uno: esperienza.

corcerto di ZeldaThe Legend of Zelda è un’ esperienza che parte da lontano, scevra, si fa per dire, da tecnicismi vari; il controllo dell’ambiente, del personaggio e delle sensazioni vengono elargite con poche semplici istruzioni. L’esperienza è quella di Nintendo di aver infuso nel corso degli anni al brand un’identità unica, dall’altra l’esperienza del giocatore piena di pathos, di rimandi ed emozioni contrastanti. Ma lontano dai riflettori puramente economici, Zelda è soprattutto una sinfonia, la quinta di Nintendo, quella che mescola la tecnica del pentagramma e degli strumenti al suono prodotto da questi ultimi. Non è un caso, mi viene da dire, che fattore comune a tutti gli Zelda sia proprio la musica, elemento cruciale in tutti i capitoli. C’è un concerto a suo nome, dischi, youtube abbonda di video in merito ma nessuno ha mai detto che TLoZ, a differenza di tutti i giochi presenti, passati e probabilmente futuri, è soprattutto un’Opera lirica, come la Carmen o L’Aida.

Prendiamo come esempio proprio l’Aida di Giuseppe Verdi. È la storia di un Condottiero Egiziano (Radames) innamorato di una schiava Etiope (Aida) che parte per la guerra contro il re dell’Etiopia (Amonasro), padre di Aida. E possiamo continuare con la Dafne di Peri, o la stessa Carmen di Bizet. Grandi storie d’amore e guerra, di principi e principesse, di soldati armati di fucile e soldati armati di amore. In sottofondo una musica epica, pomposa, leggendaria.

La vicinanza di Nintendo al romanticismo è da sempre palese ai miei occhi e Zelda non fa che confermare questa mia convinzione, la grande storia d’amore/amicizia che lega Zelda a Link (e noi a lei su fattezze ibride donna/uomo, cosicché tutti possono rappresentarsi, tutti possono comunicare con Zelda), il territorio osteggiato, invaso, decaduto di Hyrule, il terreno di scontro perfetto col barone, il re malvagio, l’avversario eterno, Ganondorf e i suoi alleati, creature o uomini, tutti irrimediabilmente ai suoi piedi.

E se da una parte c’è l’Opera lirica intrisa di quella magnificenza sofferta dall’altra c’è il ciclo bretone e carolingio francesi. Differenze a parte (non siamo a un corso di letteratura medievale!), le tematiche sono molto simili, con punti di vista (e pubblico) sostanzialmente differenti. Trattavano di valorosi cavalieri, di audaci principesse e atti coraggiosi in terre epiche, di amori sofferti (Tristano e Isotta) e amori non corrisposti, di guerre e di re. Epopee, di quelle che restano nella storia, che la forgiano e che non smettono mai di farti sognare.

Breath of the WildE l’informatica, i numeri, le stringhe, come si adattano a questo? È una tecnica che non fa capo a risoluzione, a pixel a schermo, a numeri algidi su una tavolozza monocromatica, Nintendo ha sempre puntato sull’equilibrio, su quei dettagli che mettevano la tecnica al servizio dell’Opera in scena. Il risultato vacilla solo quando lo spettatore non ascolta l’Opera ma pensa a come sta/deve suonando/suonare il musicista, senza ascoltare la melodia, guarda i dettagli invece che ascoltarli perché non c’è lavoro più autentico di quello in perfetta sintonia. Allòra la fisica non è il tronco che viene spostato dalla massa di un corpo estraneo, ma il suono del movimento che fa vibrare il suolo, che scuote il prato, che con la sua inerzia spinge la natura. Il suono della tecnica, del linguaggio informatico è quello del sentire, dello strumento atto a generale la sinfonia.

Con Nintendo siamo abituati a livelli tecnici non in linea con l’avanzare tecnologico, soprattutto negli ultimi 12 anni, ma Zelda è diverso, lo è sempre stato, perché i numeri si rilassano, porgono la guancia al poema, si danno alla causa, fanno pace per una buona volta con il lato artistico, perché è questo quello che sorprende, la capacità di adattamento, sfruttando ciò che serve senza mai prendere il sopravvento. Dite che uno Zelda in fotorealismo sia migliore? Dite che uno Zelda in 4k con dettagli ad ultra sia la scelta più sensata?  Un giorno lo sarà, con buona pace dei detrattori, ma The Legend of Zelda prende ciò che gli serve, ciò che serve all’Opera per farsi, per mostrarsi al pubblico in un teatro maestoso ma spartano (ossimoro dovuto) dove un’orchestra suona la quinta di Nintendo, la migliore. Quella che ti cambia la vita.

  1. E te la cambia sì, eccome!
    Impossibile non restare ammaliati da questa saga, e sono d’accordo sul fatto che le musiche giochino un ruolo fondamentale.
    Mai nessuna colonna sonora mi è entrata in testa come quelle di Ocarina of Time.
    Un motivo del perché sia così magico ci sarà.

  2. Ottimo articolo. Zelda, in particolare breath of the wild, è sempre un avanzamento tecnologico, solo che Nintendo non segue le banali logiche della risoluzione, ma mira alla perfezione della fisica e della precisione, cose meno visibili alla prima occhiata ma che poi fanno veramente la differenza nel gameplay. È inutile avere giochi in 4k con una illuminazione iper realistica, se poi le animazioni dei personaggi e l’interazione con l’ambiente sono identiche ai giochi di 10 anni fa!

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