Devil in Me

The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me – Recensione

Alla scoperta della drammatica e inquietante storia del "Castello della morte"; l'antologia horror di Supermassive Games si conclude con l’ultimo, ispirato capitolo…

The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me
Data di uscita
18/11/2022
Versione testata
Xbox Series S
Sviluppatore
Supermassive Games
Publisher
Bandai Namco Entertainment
Genere
Avventura / Horror / Rompicapo
Lingua
Disponibile in Italiano
Il nostro Punteggio
8
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Morte, distruzione, inquietudine o timore. Ogni pessima sensazione oltrepassa il valico dell’infinito, gettandosi tra le braccia ossute del triste mietitore in attesa di recuperare la sua prossima vittima appena designata sul taccuino. Anche quando tutto può volgere verso una sorte sicuramente più vana e utile, tutto sprofonda nell’oscurità, nell’oblio più assoluto e prevaricante. Il male diventa asfissiante, quasi claustrofobico; non si riesce più a discernere ciò che è giusto dal fatidico e imprevedibile errore. In fondo è stato uno sbaglio accettare: l’acredine cresce come un parassita, divora le interiora senza lasciare alcuna traccia di ogni probabile passaggio. Cosa accade se il pensiero più malevolo si impossessa dell’essere umano? Le storie intrise di oscurità sono soggette ad una verifica meticolosa da parte del curatore, un’uomo astuto che conosce ogni sorta di evento del racconto; racimolare le idee per dispensare consigli, alle volte propone sentenze dovute da circostanze poco piacevoli e decisamente assordanti (in termini contenutistici). La vittima si arrampica sugli specchi come una lucertola, rimanendo intrappolata nella propria ombra. Il carnefice, dal canto suo, si muove invece con caparbietà, simulando infatti un ragno sopra la sua rete intricata di fili sottili; attende silenzioso, e attacca la sua preda con solerzia e meticolosità. Cosa spinge un ladro a rubare è abbastanza palese, ma un omicida ad uccidere? E’ sempre così facile da decifrare? Esistono intrighi e delitti che nemmeno il detective più incallito riuscirebbe a risolvere con tanta astuzia e deduzione. Nella storia dell’essere umano, abbiamo visto tante figure illustri contraddistinguersi e venire nominati come personaggi di spicco nella risoluzione di svariati enigmi. Un esempio alquanto banale, ma pur sempre azzeccato è il principe degli intrighi, ovvero Sherlock Holmes di Sir Conan Doyle. Solo in tempi recenti questi atipici personaggi, dalla forte personalità e altamente eccentrici, sono stati riscoperti; alcuni si sono trasformati, mostrando delle forme assolutamente inedite e pittoresche. Lo stesso genere è mutato, mescolandosi all’unisono con quello horror sicuramente più carnale e violento. Esistono così tante interpretazioni dell’orrido da far impallidire chiunque, specialmente gli autori di romanzi. Poe è uno degli esponenti maggiori che incarnano alla perfezione questa definizione di “orrido e inquietante”; mentre con Lovecraft si esplorano antri più succubi e perfidi, segnati dall’avidità del tempo. Innestare il binomio “paura e avventura” all’interno di un videogioco non è mai scontato o semplice. Tuttavia esiste una antologia (uscita di recente) che mette in scena la paura più recondita dell’essere umano, ispirandosi a varie storie più o meno reali.

Supermassive Games, studio di sviluppo inglese nato nel 2008, si è cimentata in qualcosa di estremamente delicato, ovvero offrire al pubblico generalista una serie di videogiochi antologici ispirati alle storie horror più polarizzanti. Per quanto mi riguarda, il mio primo approccio con questo team è stato con Doctor Who: il gioco. Un titolo decisamente senza infamia e senza lode. Un salto ovviamente nel buio più profondo. Nel 2015 esce in esclusiva Playstation 4 Until Dawn, un’avventura che unisce i vecchi b-movie o teen movie a sequenze tipiche dell’ambiente horror.  Da quel momento in poi, lo studio inglese si è prodigato nella stesura di un’antologia composta da quattro titoli. A partire dal piacevole, ma ancora grezzo Man of Medan, Little Hope,  House of Ashes (recensito dal buon Sisko) e arrivando alla conclusione con il recente The Devil in Me. The Dark Pictures Anthology è quello che in gergo rappresenta un ponte di transizione, ovvero l’unione tra diversi temi alle volte un po’ discordanti. L’ultimo titolo è l’epilogo di un percorso narrativo e ludico ammirevole e geniale, in alcuni frangenti. L’approccio quindi con il gioco è rimasto invariato: a cambiare è la storia, molto più suggestiva e con un pathos avvincente. The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me, pubblicata da Bandai Namco, è disponibile su console e PC dal 18 novembre 2022. Scopriamo senza ulteriore indugio di cosa si tratta in questa nuova, approfondita recensione.

Qualcosa di bizzarro e nefasto: una troupe chiamata ad investigare

Il Castello rappresenta per H.H. un luogo sacro e di culto, come quello di una cappella per il sacerdote. Un enorme edificio costruito mediante una frode assicurativa, composto di tre lussuosi piani. Molte delle camere erano adibite per uso privato, mentre altre svolgevano la funzione di hotel per gli ospiti. All’epoca dell’800 – storia in cui è tratto l’incipit di The Devil in Me – quell’edificio eretto vicino Chicago poteva risultare come uno dei tanti posti in cui recarsi per trovare ristorno. Ma in molti non sapevano che il suo “padrone” non era altro che uno scellerato, un pluriomicida (adesso identificato come serial killer). Henry Howard Holmes è un personaggio realmente esistito, che ha distrutto la vita di centinaia di persone per il puro piacere personale; un senso di appagamento che gli è costato dopotutto la morte per impiccagione. Eppure nulla sembra esser cambiato da quel momento: l’immobile trasuda ancora oggi lo spirito del carnefice, nonostante la sua scomparsa. L’avventura horror di Supermassive Games apre le danze della morte con una ricostruzione tra H.H. nel suo Castello e una giovane coppia curiosa di esplorare la città dopo essersi sposata. L’uomo prova gusto nel trucidare le membra delle sue vittime; alcune vengono condotte in una camera a gas, ispessita con delle lastre in amianto. Nelle vasche gettava dell’acido corrosivo, lasciando sciogliere nello stesso liquame delle povere persone ignare di cosa stava accadendo in quel luogo. Una coltre di tenebre calano nel Castello, sperimentando la perversione di una persona malata e instabile. Il gioco propone delle sequenze interamente modellate dal vivo per rappresentare una storia paradossale, decisamente più invitante e con i piedi saldi sul terreno rispetto alle precedenti riproposizioni. Ad esempio, qui l’avventura è ambientata in un periodo molto simile al nostro, ma dove non esistono tematiche soprannaturali o eventi difficili da decifrare. Ciò che risulta quasi lampante è la volontà da parte degli sviluppatori di creare un’ambientazione facile da identificare, molto vicina a quella reale e con dei personaggi ognuno con una propria caratteristica predominante. Dopo l’espediente nel passato, la palla passa immediatamente al presente: una troupe di documentaristi è in procinto di svoltare la propria impresa, dedicando una serie TV interamente alle atrocità commesse da Holmes nel Castello di Chicago. Questa docu-serie scava nel profondo, traendo maggior stabilità da fonti giornalistiche dell’epoca e qualche supporto audiovisivo del passato.

Tuttavia ancora qualcosa manca per sbarcare il lunario. Si percepisce nel gruppo una certa tensione nel non trovare il giusto appiglio o la motivazione per proseguire in questa grossa, indipendente impresa documentaristica. I protagonisti ricevono all’improvviso la chiamata di un tale, un certo magnate benestante pronto a finanziare la serie e fornire al gruppo delle valide alternative contenutistiche. Non si conosce il volto di questo benefattore: vengono scortati in macchina in un luogo vicino ad una scogliera, con l’obbligo di consegnare i telefoni. Durante la produzione della serie, non avranno alcuna possibilità di comunicare con l’esterno. Una richiesta sicuramente un po’ sospetta, ma che non fa demordere alcuni del gruppo, specialmente l’iracondo regista pronto a tutto. Vengono condotti in un luogo che riproduce le fattezze orrorifiche del fantomatico castello. Eppure tutto appare in un primo momento disabitato, come se fossero stati condotti in una trappola. Si rivelerà essere un grande e inquietante teatro della morte. Un set devastante, dove persone vengono trucidate e condotte alla pazzia, per il puro piacere di riprodurre le gesta di un folle dell’ottocento. La narrazione è leggermente superiore ai titoli precedenti, segno di un’attenzione in più nel raccontare comunque una storia tratta da eventi reali. Sembra di essere all’interno di una serie come The Watcher, dove non si conosce bene l’identità del carnefice e si ipotizza su quale sia la sua prossima mossa. Il primo serial killer americano viene “omaggiato” da qualcuno che vuole riprodurre delle tragiche uccisioni per diletto o per un motivo superiore. I protagonisti si apprestano quindi a vivere una serie di incubi infernali, riuscire a salvarli è un’impresa assai ardua: diversa la situazione accaduta con il primo, timido approccio della serie antologica con Metal of Medan. Alla pari degli eventi precedenti, anche in The Devil in Me le relazioni tra personaggi sono molto importanti e decisive ai fini della storia in sé. La caratterizzazione è decisamente buona, sicuramente al passo con i tempi e in linea con le precedenti produzioni. Ogni membro della troupe ha delle valide motivazioni per proseguire – o scappare via -, ma sarà come sempre il giocatore ad immedesimarsi e trarre le proprie conclusioni. A trainare questo racconto folle il Curatore, una figura importante di collegamento tra i vari giochi antologici e che fornisce allo spettatore qualche informazione utile da analizzare. Ad esempio, quest’ultimo appare dopo una morte o un evento importante. Con alcuni protagonisti è un po’ difficile empatizzare, poiché travolti da un carattere troppo distante dal proprio e con svariate defezioni dovute dalla professione assunta. Il regista Charlie è diretto: ha uno scopo, come Mark il cameraman. La presentatrice Kate invece alle volte sembra cantare fuori dal coro, come invogliare il pubblico a seguire strade un po’ diverse e poco convenzionali.

La storia può essere fruita in compagnia o da soli. Ciò che cambia è ovviamente l’alternarsi dei vari personaggi, dalla loro prospettiva a quello che faranno all’interno dell’hotel. La modalità cinema può essere un ottimo espediente per trascorrere in compagnia ad amici una serata a tema horror. Quello che serve è un pad da scambiarsi quando il gioco lo indica su schermo, passando di mano i personaggi presenti nell’avventura. Sono cinque i protagonisti, oltre i primi due nel passato. Per terminare con successo il gioco (e quindi salvando il salvabile) sono necessarie ben otto ore, molto di più rispetto ai titoli precedenti. Una longevità non del tutto indifferente alla critiche del pubblico. C’è da dire che essendo una serie antologica, non è assolutamente necessario aver giocato ai titoli precedenti: ogni evento è a sé e viene consumato nel corso delle ore di gioco previste, a ripetersi è la presenza del curatore/narratore. A delinearsi sempre di più è il rapporto tra personaggi, attraverso risposte multiple a tempo o scelte da fare al cardiopalma: una costante per la serie che con The Devil in Me giunge al termine con il suo quarto capitolo. Certi eventi non devono assolutamente essere presi alla leggera, come una risposta mancata al momento giusto o seguire una strada piuttosto che un’altra. La figura dello slasher (assassino che bracca le sue vittime) è costante, silenziosa alle volte e ben rappresentata. Non sempre riesce ad essere esaltante, eppure si distingue dalla massa e soprattutto dalla mediocrità. Una storia che – c’è da sottolinearlo – non brilla per ingegno o novità; propone comunque una valida alternativa a tanti altri giochi indipendenti, senza spingersi oltre. Non cerca di superare macigni come Outlast, in quanto non rientra nella categoria specifica dei survival horror. Rispetto ad un Until Dawn, propone qualche guizzo narrativo interessante e un maggior respiro tra un evento e l’altro. Il titolo è interamente localizzato in lingua italiana.

The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me
La troupe pronta per la nuova serie!

La dilatazione temporale dell’orrido

Supermassive Games crede parecchio a questa antologia, nonostante l’uscita a cadenza annuale. Rispettare certe tempistiche non è assolutamente semplice e quindi spesso si utilizza l’espediente degli “asset riciclati” da altre produzioni (sempre della stessa software house). In più, ad aggiungersi a gamba tesa, è la richiesta da parte del pubblico di meccaniche di gioco nuove e inedite per ogni episodio. In The Devil in Me viene per la prima volta introdotta una gestione personale dell’inventario, poiché sarà possibile durante il corso dell’avventura raccogliere oggetti e utensili utili per la prosecuzione della storia. L’uso dell’inventario non è sicuramente quel colpo di genio capace di scardinare l’opinione pubblica, eppure riesce ad innestarsi bene con il ritmo serrato del gioco. All’occorrenza un giocatore può estrarre qualcosa dallo zaino e aprire un cassetto, così da leggere un codice o prendere una chiave. Insomma, le possibilità per scappare e salvarsi si intensificano. La struttura di gioco è non più troppo lineare. Adesso quel maggior respiro viene traslato in momenti liberi dove esplorare e girovagare per la maggione, alla ricerca di oggetti importanti per proseguire con il racconto. Il titolo impone comunque quale personaggio comandare, ma si percepisce una spazialità degli eventi sicuramente più ampia e meno opprimente o stringente. Infatti ne beneficia la mobilità dei personaggi, adesso ampliata ed estesa dai semplici Quick Time Event. La responsabilità delle proprie scelte è più profonda e prendere con superficialità la situazione può costare caro. Sarà possibile nel gioco spostare casse, introdursi in cunicoli o aprire cassetti. Un gameplay sicuramente più interessante e accattivante, soprattutto per coloro che hanno supportato la serie antologica sin dal primo momento. Una parte ludica più invitante e avvolgente che getta le basi per qualcosa di immediatamente futuro, come la seconda stagione di The Dark Pictures Anthology. Il passaggio tra personaggi è ancora molto legnoso, farraginoso; serve ben altro per rendere più dinamica l’avventura e meno discontinua, nonostante l’ottima regia. Sperimenta molto nel gameplay, introducendo attimi dove è richiesto un ragionamento in più diverso dal solito. Dopotutto aspettarsi uno stravolgimento della formula ludica al quarto e ultimo capitolo sarebbe impensabile, un po’ da folli. L’esplorazione è l’altro cardine ludico di The Devil in Me. Senza di esso, non si noterebbe quel passo in più. La magione chiamata “Castello” è l’epicentro degli eventi raccapriccianti del nuovo Holmes, alle prese con una troupe da strapazzo.

Ad amalgamarsi alla componente ludica e quella narrativa, una grafica sicuramente curata e migliorata rispetto ad House of Ashes. L’ambientazione è particolarmente suggestiva, anche se per certi versi simile (per alcuni tratti) all’ospedale di Outlast o perfino all’italiano Remothered: Broken Porcelain. Gli interni sono minuziosi, pieni di dettagli e riferimenti all’hotel degli orrori dell’ottocento. Traspare una coerenza davvero formidabile, segno di un impegno non indifferente nel collezionare di oggetti di rilievo l’ultimo episodio di una serie antologica di successo. La palette cromatica è molto cupa e tenebrosa (non come Little hope), colma di ombre in chiaroscuro. Gli effetti particellari su console next-gen funzionano, così come l’utilizzo delle luci e dei relativi riflessi. La qualità delle texture è veramente buona, anche se si notano da vicino i muri degli aloni insoliti. Le animazioni facciali, punto cruciale della scorsa recensione, restano ancora poco emblematiche; troppo abbozzate e poco veritiere. La gestione della telecamera è tendenzialmente discreta, sebbene nei luoghi stretti tende a collidere con le pareti e a non far comprendere nulla. Il frame-rate invece è quasi sempre stabile, tranne dopo il caricamento dei personaggi o della schermata iniziale; qualcosa di perde, ma è molto flebile e difficile da notare. Una qualità tecnica comunque buona, senza troppe pretese o da considerare alla pari di altre produzioni della stessa Bandai. Per quanto concerne la componente musicale e sonora, la colonna musicale è veramente ben orchestrata e piena di suoni diffusi sapientemente. Uno degli aspetti maggiori per l’ultimo episodio horror di Supermassive che convince senza riserve.

The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me
Uno scontro faccia a faccia.

In conclusione, The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me è la quarta e ultima puntata della serie antologica orrorifica degli autori di Until Dawn. Nel bene o nel male riesce a distinguersi per divertimento, attenzione ai dettagli e una storia decisamente assuefacente. Non si sono risparmiati in questo titolo, raccontando il tragico e folle personaggio di Chicago dell’800, ritenuto probabilmente il primo serial killer americano. Lo fa imbarcandosi nel presente, utilizzando espedienti sicuramente più innovativi della camera a gas in amianto. Un gioco che viaggia in continuità con la serie, esprimendo pienamente i valori instaurati sin dai primi momento con Man of Medan. Passare da un personaggio all’altro è emozionante alle volte, in altre occasioni (come nella modalità cinema) l’esperienza viene quadruplicata. Insomma, si tratta di un titolo adatto sia in singolo che giocato in locale con amici, per passare una o più serate in compagnia. La longevità è superiore rispetto alla media della serie ad episodi, i collezionabili sono più marcati e presenti, un po’ come la presenza di una maggior libertà di movimento all’interno del finto Castello. L’avventura horror è disponibile su console Microsoft dal 18 novembre 2022 al prezzo di 39,99 euro. Un rapporto qualità-prezzo discreto, proporzionato alle tante cose da fare all’interno del gioco. Se siete interessati ad un racconto pieno di pathos e momenti inquietanti, allora è ciò che fa per voi. In caso contrario, attendete uno sconto per aggiudicarvi comunque un titolo diverso dal solito, in attesa della seconda stagione.

Ultimo aggiornamento: 2023-12-15 at 01:30

Devil in Me
The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me – Recensione
PRO
Narrazione avvincente e inquietante;
Esplorazione, inventario e maggiore libertà;
Gameplay dinamico e fluido;
Longevità più alta rispetto agli episodi precedenti;
Disponibile in italiano.
CONTRO
Animazioni facciali ancora un po’ grezze;
Non tutti i personaggi sono facili e ben caratterizzati;
Nulla di veramente nuovo;
Manca ancora qualcosa per eccellere.
8
Inquietante e divertente!
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