Trek to Yomi

Trek to Yomi – Recensione

Tra venditori itineranti di panacee e rimedi, combattimenti all’ultimo sangue ed intrighi socio-politici, uno dei videogiochi più sorprendenti dell’ultimo periodo…

Trek to Yomi
Data di uscita
05/05/2022
Versione testata
Xbox Series S
Sviluppatore
Flying Wild Hog
Publisher
Devolver Digital
Genere
Azione / Avventura
Lingua
Disponibile in Italiano
Il nostro Punteggio
8
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La più antica cronaca del Giappone, racchiusa nel sommo manoscritto intitolato Kojiki e redatto sotto l’egida del fu despota nel periodo feudale Tenmu, racconta di un mondo paradossale, legato ad arcaiche prominenze come quella della divinità Kamitsumaki. Un luogo dove lo spirito si fonde – in maniera incontrovertibile – con l’anima, dando origine agli Yokai e allo Shin. Un fulgido esempio di scrittura nipponica, trasposta pedissequamente in un videogioco, è Shin Megami Tensei V, l’ultimo baluardo della nota serie JRPG di Atlus. Una visione allorché lungimirante, colma di folclore giapponese, mitologie, divinità perdute e demoni. Il Giappone è uno di quei luoghi più affascinanti del pianeta, dove rimanere realmente senza fiato; l’eco degli antichi si infrange nel vento, come l’acqua del mare in una battigia. Una realtà differente da quella nostrana: la stabilità, la concretezza ed il rispetto regnano in un paese sconfinato, risorto già svariate volte nel corso dei secoli. Ad ogni periodo storico viene associata una o più figure, tra cui quella della corrente shintoista – di cui regola costantemente il flusso di informazioni e credenze presenti nella terra del sol levante. Come dicevamo nello speciale congiunto alla recensione di MegaTen poco sopra, l’essere umano è inevitabilmente il risultato di una lunga eredità di apprendimento, adattamento, mutazione ed evoluzione; il prodotto di una storia che risale a molte migliaia di millenni. Ancor prima di rivelarsi una delle terre più notevoli e promettenti del mondo, il Giappone (nello specifico durante il periodo delle due guerre) non versava in ottime condizioni; afflitta da una serie di gravi problematiche sociali e politiche, arrancava persino nell’esportare il proprio prodotto all’esterno (un esempio è il riso). Per risollevare le sorti di un paese in forte declino, l’approdo di svariate personalità di spicco nel panorama artistico, cinematografico e fumettistico, contribuendo affinché tutto ciò si potesse realizzarsi senza pesanti ripercussioni sull’intero popolo. Ereditando dunque un retaggio scomparso da diversi decenni, il Giappone riuscì nell’impresa di risollevarsi, allontanando da sé le tante temute tenebre dell’oblio. Ad arricchire la cultura nipponica pre e post guerra mondiale, l’esordio del maestro e regista Akira Kurosawa, con la prima pellicola Sanshiro Sugata, ispirata al romanzo di Musashi Miyamoto. Ogni suo film rispecchia in maniera alquanto suggestiva e realistica il periodo Edo con i Samurai, senza comunque tralasciare una sottile critica alla società odierna (ancor meglio: dell’epoca di ogni trasposizione cinematografica). Una personalità che non si è mai divisa per il successo, affrontando lo spietato mondo del cinema con una qualità intramontabile. Una delle pellicole più importanti e iconiche del regista è l’opera dedicata a “I Sette Samurai”.  Buona parte dei suoi film rasenta la perfezione (in termini soggettivi, ovviamente), poiché collega il tratto distintivo del regista, ovvero dei fondali particolarmente espressivi in bianco e nero, ad una trama vorace e assai affascinante; delle scene evocative, particolarmente potenti ed in grado di suscitare nello spettatore emozioni contrastanti.

Nel corso degli anni, anche altri registi occidentali hanno provato ad inserire all’interno delle proprie produzioni cinematografiche qualche elemento di Kurosawa, un po’ come il famoso Tarantino. Un fascino trascendentale che esula la bellezza stessa e raggiunge livelli quasi “divini”. Poter trasporre, trasmettere ed introdurre dettagliatamente all’interno di un videogioco quelle stesse sensazioni non è assolutamente facile. Eppure Trek to Yomi, titolo sviluppato da Flying Wild Hog (con un approccio diverso, rispetto alla serie recentemente incontrata con il terzo capitolo di Shadow Warrior) e pubblicato da Devolver Digital, supera le ambizioni e propone qualcosa di inimmaginabile: un’opera fresca, ma allo stesso tempo ancorata a vecchi stilemi del videogioco e della narrazione. Lo sguardo del giocatore si posa costantemente sull’ambiente esteticamente meraviglioso e delicato, di un Giappone Feudale ricamato a mano con dedizione e amore; come se fosse una pellicola di Kurosawa con scene evocative e palpitanti, senza tralasciare il disagio sociale ed il folclore che ne derivano. Un gioco bidimensionale rigorosamente in bianco e nero che alterna fasi alla “cappa e spada” a dinamiche meno irruente, dove la logica sorge spontaneamente dal sottosuolo. Un titolo assolutamente raffinato, non esente da alcune complessità tutt’ora da smussare e/o correggere, che espone il panorama videoludico ad una serie di riflessione, tra cui quella riguardante l’estetica minuziosa ed ispirata ad altri contesti. L’avventura a portata di Katana è disponibile su console Microsoft (presente anche dal day-one nel Game Pass Xbox) e Playstation 4 – 5 dal 5 maggio 2022. Senza ulteriore indugio, scopriamo finalmente insieme di cosa si tratta in questa nuova, approfondita recensione.

Trek to Yomi
Il Fanciullo inesperto

Dalla spada di legno alla katana: il formidabile e controverso viaggio di Hiroki nelle lande del Giappone Feudale

Vagando tra le file nemiche, imbracciando una spada ricurva temprata nell’acciaio e vendicando la prematura perdita del maestro e del proprio “spirito libero, impavido”. Nel macabro mondo dell’aldilà può accadere la qualunque, persino di smarrire l’udito o la conoscenza. Dopo aver perso la vita, i morti vanno ad abitare nella terra dell’oscurità, definita in giapponese con l’appellativo Yomi. Una volta aver fatto il proprio esordio in quelle lande desolate e mortifere, ed esser stati inghiottiti dal cuore dello Yomi, lo spirito è costretto a vagare all’infinito; una dannazione eterna, colma di punizioni e pentimento. In quello stesso luogo periglioso e maleodorante, Izanami (una delle divinità shintoiste, presenti ideologicamente anche in MegaTen V) decise di ritirarsi dopo la morte. Un inferno cristiano, ma con forme e percorsi leggermente differenti. Trek to Yomi è un viaggio, un percorso controverso che introduce con estrema originalità e sottigliezza aspetti imprescindibili del folklore giapponese, miste alla società del periodo analizzato. Un’opera travolgente, rimasta nella mente di Leonard Menchiari per svariato tempo, e che solo successivamente – con le dovute motivazioni – è riuscito a concretizzare insieme al team di sviluppo Flying Wild Hog. Ciò che rende ancora più unico il videogioco è la sua profondità narrativa e il saper raccontare, con solerzia e attenzione, ogni sfumatura del protagonista. Hiroki è un personaggio attraente, abbastanza malleabile e in linea con gli stessi attori delle pellicole più famose di Kurosawa. La caratterizzazione dei personaggi è pressoché ottima, formidabile. Persino i “cattivi” della storia ottengono, nel corso dell’avventura, elementi descrittivi e narrativi più predominanti del normale, evidenziando caratteristiche più umane e tipiche dell’epoca. Che siano banditi, Yokai o guerrieri inesperti non importa: ognuno ha la sua motivazione, e con cieca fedeltà prosegue nel suo scopo originario. Pur di ottenere il successo o la rivalsa sociale, l’uomo è capace di indicibili crudeltà. La vendetta è uno di quei sentimenti che logora lentamente l’anima, trasformando la vittima in carnefice: il passo verso l’oblio, e quindi lo Yomi, è abbastanza esiguo. Esiste comunque la giustizia a controbilanciare il conflitto vivido e morale. Bisogna combattere i propri demoni dall’interno, prima di poter risolvere una controversia con qualcuno; almeno è ciò che insegna il folklore nipponico ed anche il buon senso, travolgendo lo spirito e l’amore. Un’avventura che trasuda emozioni, mostrando una sequenza di momenti al cardiopalma, alcuni localizzati in ambienti mistici e surreali. Un gioco pronto ad enfatizzare ogni percezione, rispettando perfino i lunghi ed estenuanti silenzi prima di uno scontro mortale.

La trama di Trek to Yomi è incisa su un foglio di pergamena; una sinossi dunque non troppo differente da una delle tante pellicole di Kurosawa, ma con alcuni elementi “più occidentali” nascosti nel sottotesto davvero avvincenti ed azzeccati. Una melodia sinfonica che accarezza i capelli di una graziosa regnante novella, come ne “La storia della principessa splendente” del maestro Isao Takahata. Per noi occidentali, non è sempre immediato o facile comprendere svariate dinamiche che accadono nella cultura orientale, poiché non fanno parte banalmente del nostro retaggio. Eppure Trek to Yomi riesce ad incuriosire lo spettatore ed il giocatore con poco, lasciando che sia l’estetica incantevole a fare da apripista. Ne consegue una storia potente, evocativa e che vede Hiroki gettarsi a capofitto, senza vedere alcunché, nelle terre infernali del Periodo Edo tra Clan assetati di sangue e banditi. L’opera esordisce con un ricordo doloroso: un piano sequenza brutalmente emozionante, con dinanzi il giovane protagonista intento ad allenarsi nel dojo insieme al sensei Sanjuro. Qualche paesano raggiunge il luogo di apprendimento in fretta e furia, dichiarando al maestro quanto segue: un gruppo di malviventi sta razziando il villaggio e non intende fermarsi, nemmeno davanti al suo protettore. Il sensei lascia la stanza con una promesse ad Hiroki, ovvero quella di proteggere la figlia Aiko, e soprattutto di non raggiungerlo per alcun motivo. Entrambi i ragazzi disattendono gli ordini e si incamminano verso la porta principale del villaggio, scontrandosi ogni qual volta incontrano un nemico. Dopo varie decapitazioni e fendenti, il protagonista accompagnato dalla figlia del sensei raggiungono il luogo predestinato. Ad attenderli un macabro incontro ad arma bianca tra Kagerou e Sanjuro. Il villaggio in fiamme a fare da sfondo ad uno scontro veloce, d’impatto e drammatico. Il maestro con abilità riesce a porre fine all’avversario, ricevendo però una ferita al ventre che gli costerà la vita. Lascia dunque il villaggio e la figlia ad Hiroki. Dopo l’espediente del flashback, a presentarsi davanti al giocatore un protagonista adulto, ormai marito di Aiko. Discutono entrambi sulla sofferenza in cui il loro territorio attualmente è costretto a percepire, a causa della presenza di un gruppo di briganti alquanto agguerriti e tenaci. Le incursioni non smettono e quindi Hiroki decide di avventurarsi sino alla sede nemica, così da estirpare dalla radice il problema. Ha finalmente inizio il viaggio introspettivo del guerriero samurai, sospeso ad ogni piè sospinto tra la vita e lo Yomi.

Ad affrancarsi tra le rive del fiume stige una nuova creatura demoniaca, l’essere umano. Ogni qualvolta si sceglie di avventurarsi in storie particolari, dove la cultura di un determinato luogo prende il sopravvento caratterizzando i personaggi e l’ambientazione, bisogna soffermarsi a pensare ad alcuni elementi di sceneggiatura. Ad esempio, il ruolo di Aiko, figlia del sensei, non è per nulla casuale: riesce con lo charme e l’intelletto a far emergere il marito in mezzo ad un popolo di guerrieri. Trek to Yomi è un gioco narrativamente parlando davvero brillante ed omogeneo; scorre con un ritmo alquanto godibile, senza mai inerpicarsi in strani e oscuri sentieri. La progressione è abbastanza lineare, dunque non è possibile scegliere cosa fare prima o quale storia parallela approfondire. Bisogna affidarsi quasi ciecamente all’ottima regia, considerando che per terminare il gioco sono necessarie all’incirca sei ore. Una longevità molto nella media, considerando il genere d’appartenenza e l’introduzione di non troppe meccaniche di gameplay. Le sequenze migliori sono quelle lievemente più esoteriche, cupe e provenienti da un’altra dimensione del mondo. Non si disdegna perfino il conflitto tipico dell’epoca tra clan nipponici. Non tanto a margine, il codex con un approfondimento continuo sul folklore inserito nel gioco. Oggetti collezionabili che raccontano una storia a parte, sulle origini dei miti e delle divinità; scoprire i tanti termini presenti nell’avventura è qualcosa di veramente emozionante. Il titolo è rigorosamente doppiato in lingua giapponese, mentre per quanto concerne i sottotitoli ed i menù sono presenti entrambi localizzati in italiano.

Trek to Yomi
La vendetta…

Onore, disciplina e vendetta – quando l’arte di un film di Kurosawa incontra l’estetica di un videogioco bidimensionale

Un solo uomo contro tutti. La trama di Trek to Yomi è veramente impressionante, in linea con i rinomati film di Kurosawa. Se siete alla ricerca di una storia curiosa, lineare e con il giusto pathos, allora è il gioco che fa per voi. Eppure oltre alla narrazione e all’ambiente ben caratterizzato c’è molto altro, come ad esempio il gameplay. Per quanto spettacolari gli scontri con il nemico, manca – ahimé – una certa consistenza nei colpi. Come se assestare un fendente non portasse assolutamente a nulla, rimbalzando malamente sulla testa del malcapitato. I voluti rallentamenti delle animazioni dopo lo scontro dell’arma con il corpo di qualcuno non rendono la scena più autoriale e suggestiva, bensì stucchevole e melensa. Badate bene che non si tratta di un aspetto ricorsivo, poiché varia dalle collisioni associate alle tante armature ed oggetti. Eppure questa sensazione di “poca reattività” dello scontro si avverte parecchio, specialmente dopo aver superato buona parte dell’esperienza. Per un titolo del genere, dove il combattimento dovrebbe essere il più fedele possibile alla realtà, la gestione delle reazioni e degli spazi è importantissima. Il sistema di combattimenti appare ancora da affinare, poco reattivo in svariate occasioni (tranne per quanto concerne i Boss o qualche nemico secondario dotato di armatura); una limitazione che rende il comparto ludico non sempre bilanciato. Un’esperienza di gameplay che, senza considerare questa “condizione”, risulta essere gradevole, specialmente nelle fasi esplorative (seppur a binari, ovvero lineari). Sono presenti anche varie sezioni dove è necessario aguzzare l’ingegno e risolvere qualche piccolo enigma. Nulla di così stravagante o particolare, anche se parecchio in linea con altre produzioni di Devolver Digital (ad esempio Olija). I combattimenti in sé sono veramente entusiasmanti da vedere, ma c’è sempre quel problema di sovrapposizione delle hitbox che rende un po’ snervante eseguire le varie mosse. Hiroku eppure può effettuare diverse azioni, le stesse tipiche di un incontro all’arma bianca con spada lunga, dunque fendenti, sgualembri laterali o stoccate. Esistono i rinomati parry alla Dark Souls, e non è nemmeno troppo difficile – dopo essersi abituati – bloccare il colpo nemico e contrattaccare istantaneamente.

Nel gioco sono presenti anche delle armi secondarie, come il Bo-shuriken o il cannone Ozutsu. Non è sempre viene richiesto di uccidere un nemico da vicino; infatti le armi a distanza creano un leggero dinamismo, andando anche ad infoltire la varietà nel gameplay. Si può quindi scegliere un approccio non convenzionale per colpire l’avversario e andare avanti. Presente su schermo una barra con delle tacche che rappresentano l’energia. Quando si scende paradossalmente a zero, il protagonista inizia a stancarsi e non riesce più a difendersi come dovrebbe, esponendosi ai colpi più letali dei nemici. Un gioco che risulta essere anche parecchio punitivo. E’ possibile eseguire delle combo stordenti, mettendo in difficoltà il nemico e azionando l’uccisione “spettacolare” (finisher): una sequenza di passi e azioni che variano a seconda dell’ultimo colpo inferto. In base ai nemici (creature o umani), anche la finisher cambia. Le parate sono fondamentali per non venir abbattuti all’istante. Si tratta comunque di un gameplay molto lento e riflessivo, dove le pause e la staticità della scena hanno un ruolo parecchio importante. Non aspettatevi dunque dei colpi alla Sekiro di From Software o al recente Sifu. La difficoltà è proporzionale al livello di sfida scelto ad inizio schermata (il massimo è espresso dal nome Ronin). Dopo circa due ore, si riesce mediamente a padroneggiare il gameplay. Eppure i Boss sono così tenaci e difficili da rendere l’avventura un treno in corsa. Una volta morti, si torna indietro all’ultimo checkpoint; questi ultimi posizionati in maniera strategica da non appesantire la corsa verso il nemico poc’anzi affrontato. Un gioco che nasconde un leggero trial and error nella difficoltà intermedia.

Trek to Yomi
Ambientazioni meravigliose e poliedriche…

In continuità con il mondo dei vivi: le terre oscure dello Yomi

Ad appellarsi al demone interiore nel periodo feudale giapponese, Hiroki. Un guerriero tenace, pronto a tutto pur di difendere il proprio villaggio e l’amata sposa Aiko. La palette cromatica è per ovvie ragioni tendente al grigio scuro, poiché l’intera avventura è inscenata in una terra completamente in bianco e nero, come se fosse una pellicola di Kurosawa. Gli sviluppatori sono riusciti a curare in maniera assai minuziosa il comparto estetico, impreziosendo l’ambientazione con inquadrature di regia quasi da Tripla A. L’attenzione per la direzione artistica è fondamentale per un gioco del genere che aspira ad impressionare per la composizione scenica ed i contrasti del viso. Sono parecchie le silhouette che si muovono in sinergia con la visuale da platform bidimensionale. La profondità di campo su console Next-gen è pressoché impressionante: si riescono a scorgere una miriade di dettagli, dal capello mosso dal vento all’albero in cima ad una rupe che sta per cadere. Una bellezza visiva unica, difficile da trovare nel panorama videoludico indipendente. Un effetto di grana, mai troppo esasperante o invasivo, ammorbidisce la visione del gioco, impreziosendo l’avventura come se fosse una pellicola d’altri tempi e nascondendo eventuali imperfezioni. Un titolo che tecnicamente scende a diversi compromessi, essendo indie. Le hitbox alle volte risultano grossolane, le animazioni poco consistenti e pesanti; la qualità delle texture è comunque buona e gradevole. Il frame-rate invece è piuttosto discreto, tranne in alcuni casi prima o dopo un checkpoint dove si avvertono lievi rallentamenti. Per quanto riguarda la componente musicale e sonora, le tracce musicali sono meravigliose, travolgenti e in linea con gli strumenti utilizzati all’epoca. Un plauso quindi alla ricostruzione storica davvero meticolosa anche in tal senso.

Trek to Yomi
Lo scontro è sempre affascinante, anche se da smussare al livello di gameplay.

In conclusione, Trek to Yomi è un’avventura action bidimensionale (in 2D) decisamente affascinante, atipica, sublime dal punto di vista narrativo e carente nel comparto ludico. Un gioco che promette veramente tanto, anche per quanto concerne l’ambientazione e l’aspetto visivo, di cui esprime a pieno una qualità stellare. Il titolo concepito da Flying Wild Hog prende ispirazione alla lunga e storica filmografia del regista e maestro Kurosawa, impreziosendo con alcune dinamiche più occidentali con dei movimenti di camera appunto moderni e freschi. Una storia, quella di Hiroki, Aiko ed il loro villaggio da strappalacrime; una potenza inaudita, che varia tra un affresco medievale (in linea con la corrente cappa e spada) al surreale, piacevolmente grottesco con il folklore giapponese. Tecnicamente altalenante, per via di un gameplay non troppo raffinato e con delle animazioni mediocri. Il gioco ambientato nel Giappone feudale pubblicato da Devolver Digital è disponibile dal 5 maggio 2022 su console Microsoft, PC e Playstation al prezzo di 19,99 euro. Un rapporto qualità-prezzo davvero ottimo, considerando che il gioco è presente anche dal Day-one nel Game Pass Xbox. Ovviamente i problemi di gameplay non rendono giustizia al titolo, eppure è possibile – per quanto possibile – andare oltre e godersi una storia incredibile, travolgente e unica. La cura del dettaglio è impressionante; difficile dimenticarsi di alcuni scorci e di certe inquadrature. Un’avventura tutta d’un pezzo, da vivere anche in un’unica soluzione con amici e appassionati al genere, oltre che alla regia dei film degli anni 50’/60’.

Trek to Yomi
Trek to Yomi – Recensione
PRO
Trama piacevole, approfondita e con un'atmosfera unica;
Trama suddivisa in atti memorabile e dettagliata;
Musiche eccezionali ed azzeccate;
Tanta varietà...
Ispirato ed esteticamente incantevole: qualcosa di meraviglioso e dirompente.
CONTRO
... ma un gameplay non sempre a fuoco;
Animazioni un po' altalenanti e grezze;
Ancora da smussare.
8
Affascinante e potente!
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