Panzer Dragoon: Remake

Panzer Dragoon: Remake – Recensione

Certi amori non si scordano mai, specialmente i primi dell’infanzia. L’approccio che ho avuto per la primissima volta con Panzer Dragoon è stato quasi sorprendente, non sapevo ancora (essendo troppo piccolo) quello che mi aspettava e ringrazio soprattutto un mio caro amico delle elementari per avermi dato la possibilità di provarlo. Infatti non ricordo molto della storia o di altri elementi presenti nel titolo, bensì solo alcune location rimaste più impresse nella mia mente da appassionato del genere Fantasy d’autore (una declinazione dello stile letterario più personale). Non è stato il mio primo contatto con i videogiochi, di questo ne sono consapevole e ci sarebbero altre storie da raccontare in merito, ma non è questo il momento più adatto. Tuttavia sono rimasto piacevolmente colpito per la presentazione durante l‘E3 2019 di Los Angeles di questo fantastico Remake curato dal team polacco Megapixel Studio S.A. Panzer Dragoon, per chi non lo conoscesse avremo modo in questo articolo di parlarne, nonostante non eccelli per la longevità o di contenuti particolarmente originali nel gameplay. Quello che invece mi ha fatto sobbalzare dalla sedia è stato l’annuncio ed il conseguente rilascio del gioco nell’ultimo Mini Direct Nintendo 2020: una sorpresa inaspettata, visto che non se ne parlava da mesi e un’uscita così vicina sembrava una soluzione ancora remota. Ed invece eccoci qui, finalmente pronti per un’attenta ed oggettiva analisi di Panzer Dragoon: Remake approdato adesso su Nintendo Switch.

Si tratta di un prodotto lodevole, nato principalmente per stuzzicare l’attenzione dei fan di vecchia data e che vede un gradito ritorno alle magiche e misteriose ambientazioni create dal team di sviluppo a capo dell’originale Panzer Dragoon, Team Andromeda. Un mondo vasto e variopinto, con mitologie segrete ed un intreccio narrativo post-apocalittico sconvolgente per l’epoca che ha saputo intrattenere un’intera generazione, ovvero quella degli anni ’90. Il suo processo di sviluppo così particolare e all’avanguardia (per la storia così intricata) è nato probabilmente in modo abbastanza casuale su una console di SEGA del 1995: il proposito originale era quella di fronteggiare la storica rivale di console Nintendo con un titolo simile a Star Fox sia nelle meccaniche di gioco che nell’interazione con lo spazio circostante. Non per niente Panzer Dragoon ha visto il suo esordio per la sfortunata console di SEGA, Saturn, dopo vari tentennamenti e successivi rimandi. Un lavoro che non ha saputo cogliere, da parte del publisher, una vera linea di marketing intelligente, poiché non è riuscito subito (parliamo sempre del suo primo approccio nel ’95) ad emergere nonostante le sue potenzialità iniziali solamente accennate in qualche rivista. Ovviamente è bastato poco per far innamorare invece il pubblico, che lo ha acclamato come uno sviluppo innovativo e curioso. Panzer Dragoon è da considerarsi pionieristico nel panorama videoludico dell’epoca sotto diversi punti di vista molto importanti, un po’ come è accaduto con l’intramontabile Super Mario 64 per la sua struttura platform in tre dimensioni. La caratteristica principale che lo ha reso indimenticabile per i fan riguarda comunque quello che adesso viene inteso come uno degli aspetti più coinvolgenti della storia, la “lore”, ovvero l’ambientazione di contorno delle quest principali e secondarie. In questo il gioco premia una buona scrittura fatta a monte: una caratteristica particolare per il periodo storico, visto che prima della sceneggiatura e dell’ambientazione veniva creato il sistema di gioco e il gameplay. Semplicemente epoche diverse, ma che hanno fortemente contribuito a costruire l’attuale medium videoludico che tutti noi appassionati amiamo.

Il gioco ha sorpreso principalmente me stesso, poiché in formula del tutto rifatta (appunto è un Remake) propone lo stesso identico processo creativo presente sul gioco uscito per Sega Saturn, ma con comandi di movimento migliorati ed una grafica decisamente più apprezzabile ed in alta definizione. L’obiettivo del team di sviluppo e del publisher Forever Entertainment S.A. di cavalcare un “effetto nostalgia” è davvero alto: in queste circostanze, come abbiamo dimostrato per altri titoli rimasterizzati recensiti qui sul sito GameScore.it, cercheremo di essere il più oggettivi possibile, senza però omettere il contesto in cui il gioco si è ovviamente inserito. Una nicchia di appassionati che avranno nuovamente l’occasione di riscoprire quest’opera fantasy simil steam-punk. Chi invece non ha mai avuto alcun tipo di approccio con il gioco, è arrivato il momento di conoscerlo e di apprezzare i lati positivi e negativi di uno dei titoli di punta di una console SEGA degli anni novanta. 

Panzer Dragoon: Remake
La grafica ricreata da zero è davvero familiare e sopratutto ottima, una conversione fatta con tutti i crismi!

Alla guida di un drago blu

Per l’immaginario collettivo, Panzer Dragoon è uno sparatutto su rotaia, dove il giocatore può alternare i colpi verso i nemici con un mirino non potendo però controllare la rotta o la direzione di ogni spostamento del drago protagonista. Eppure quello che emerge sin da subito è l’immediata capacità di catturare il giocatore o spettatore con un video introduttivo molto curato nell’estetica generale: all’epoca il FMV era una tecnica narrativa abbastanza abusata dagli sviluppatori per creare un incipit senza dover per forza animare in engine i personaggi. Adesso quella storica intro è stata completamente ridisegnata e adattata alle attuali esigenze più moderne. Le inquadrature evidenziano maggiormente la dinamicità delle scene e quello che effettivamente vuole proporre, ossia un quadro surreale di un pianeta deserto post-apocalittico. Le musiche ricreate con un sintetizzatore (sono quelle originali) rievocano perfettamente le stesse identiche emozioni che era possibile provare prima di mettersi realmente in volo con il drago. Le sequenze animate con la grafica di gioco mostrano uno sguardo a quello che è realmente l’ambientazione di Panzer Dragoon, uno stretto connubio tra fantasy e fantascienza, un po’ come è possibile vedere con i primi episodi di Star Wars. Le mescolanze con altre ambientazioni visionarie simili sono abbastanza palesi, non per niente l’ispirazione principale per la creazione di ogni sfaccettatura del mondo è uno dei lavori più autorevoli e controversi di Hayao Miyazaki dello Studio Ghibli, cioè Nausicaä della Valle del vento. L’estetica del titolo creato dal Team Andromeda strizza fortemente l’occhio all’opera animata giapponese, un gusto particolarmente insolito ma azzeccato che accompagna l’intera avventura su binari.

Panzer Dragoon si svolge in un pianeta non specificato scombussolato da un’era post-apocalittica in una misteriosa civiltà antica con tratti futuristici. Le tecnologie più avanzate prendono il nome di “Antichi”, una delle maggiori risorse che una volta controllava un mondo-spanning (fatto antecedente della storia). L’intreccio narrativo vede protagonista Keil Fluge, un membro di un partito di cacciatori. Gli antichi narrano di un grande scontro tra due potenti draghi, uno di colore nero e uno blu, che avviene proprio in quel periodo quando il partito dei cacciatori monta a cavallo per una spedizione verso il deserto. La battaglia però mette in grave difficoltà il pilota del drago blu, che mortalmente ferito affida la sua missione a Keil, così come il suo drago. L’obiettivo è quello di sconfiggere il temibile drago oscuro attivando nuovamente un’antica rovina nascosta. Le vicende dell’avventura vedono comunque protagonista il drago blu e Keil che deve immediatamente imparare a manovrare le redini dell’animale celeste e fronteggiare una serie di nemici (mostri ed esseri umani) che vogliono fermarlo assolutamente. Il gioco, subito dopo l’incipit, ci lancia con prepotenza nello scontro: l’abilità di manovra è affidata al drago, mentre il compito del protagonista è quello di sparare con una peculiare arma a raggi e muovere la visuale per non rimanere ucciso.

Il titolo sconvolge l’impostazione classica 2D di uno shoot ‘em up  e la espande in un contesto tridimensionale decisamente interessante, una delle caratteristiche più importanti che ha reso famoso il gioco in tutto il mondo. Lo sfondo di una civiltà antica con moderne tecnologie non è solo l’unico aspetto emerso in Panzer Dragoon: l’altro elemento narrativo fondamentale è la rivisitazione del drago, un emblema che è riuscito a scardinare le credenze classiche provenienti dal fantasy e dar vita ad una creatura sorprendente dalle fattezze insolite. Curiosa anche la creazione dei mostri: un simposio di forme bizzarre e suggestive, davvero stupefacente. In più, nel Remake queste proporzioni sono state mantenute, così come le cromature e le movenze poco prevedibili dei nemici. Le strutture monolitiche che emergono nelle varie location sono da presagio per tutti i viaggiatori di un’antica presenza non ancora del tutto scomparsa. Con il drago, avremo l’occasione di esplorare cunicoli e scorci fantastici, oltre che comunque combattere. Il gioco mette già da subito a disposizione una modalità foto ben fatta, che arresta la partita immediatamente e con i pratici comandi è possibile catturare la scena con alcuni accorgimenti simpatici, come il filtro dei colori o lo zoom tattico.

Panzer Dragoon: Remake
La modalità foto è una novità per questo Remake: apprezzata anche la possibilità di fermare il tempo all’istante ed esplorare la zona circostante al drago per scattare una foto “più artistica”.

Lo scontro generazionale: due epoche a confronto!

Poter definire intramontabile il gameplay di Panzer Dragoon l’originale sarebbe un eufemismo, eppure le soluzioni presenti nel gioco hanno reso la serie incentrata su uno sparatutto a binari (tranne per un titolo, ovvero Panzer Dragoon Saga che è invece un RPG) travolgente e particolarmente difficile ai livelli alti. Il titolo ha una forma abbastanza arcade del gameplay, visto che è disposto per episodi (sei in totale) e con un quantitativo di crediti variabili. I crediti non sono altro che le vite, una volta terminati saremo costretti a giocare dall’inizio l’intero gioco, nella stessa maniera avviene nel Remake di Toki (qui la recensione). Ci troviamo infatti a possedere il gioco in un grande e ibrido cabinato, ossia Switch. La console di Nintendo è un terreno fertile per tantissimi giochi, specialmente per la sua caratteristica principale di giocabilità in portatile o davanti ad una TV. Panzer Dragoon: Remake diventa così un titolo perfetto per gli amanti dei classici shoot ‘em up con visuale quasi fissa. Una struttura di gioco che comunque non è certamente favorevole a causa degli analogici dei Joy-Con con una corsa molto breve. In questi giochi così arcade e dove è necessario sparare e muovere il mirino molto velocemente, l’ideale rimane sempre un joystick da cabinato. Inoltre ciò che ho trovo poco azzeccato è il non aver implementato i comandi di movimento (inclinazione) dei controller: una mancanza purtroppo sfortunata e che rendono questo Remake meno godibile su Switch.

Il gioco ha una struttura molto lineare dei livelli, in pieno stile old-school: le fasi iniziali servono per introdurre nuovi nemici con pattern molto simili e facili da abbattere, mentre i momenti intermedi variano con mid-boss con una resistenza maggiore e con una buona capacità di assorbire i colpi. Alla fine di ogni episodio, dovremo fronteggiare un Boss con una vita a barre predefinita e che viene accolto nello scenario con un piccolo cambio di regia e una musica più incalzante. Ci sono due soli modi per sparare ad un mostro: un attacco con un’arma lock-on laser, dove bisogna quindi tenere premuto, puntare tutti i nemici in zona (si evidenzieranno con un cerchio blu) e poi colpire con un multi-attacco che richiede comunque più tempo del previsto ed espone il drago, oppure l’altro modo è con un colpo singolo di pistola del protagonista. L’attacco, sebbene nel remake siano stati implementate due modalità di comando, ovvero moderna e classica, è davvero macchinoso e legnoso. Per quanto possa sembrare strano, i comandi classici sono migliori e rendono i combattimenti più rapidi, poiché non sarà necessario controllare con lo stick analogico secondario il movimento oscillatorio del drago. Dovremo comunque, anche con i comandi predefiniti e originali, muovere la creatura per schivare i colpi nemici, solo che per farlo basterà usare l’analogico dedicato interamente al mirino. Il mirino invece è particolare, perché esteticamente si adatta all’ambientazione, eppure con il suo movimento (tanti esagoni che si aprono e si chiudono) confonde facilmente il giocatore, oltre ad essere un po’ impreciso.

I due comandi dorsali sono dedicati invece al movimento laterale dell’inquadratura, visto che gli avversari potranno colpirci in tutte le direzioni. Ci sono infatti nemici che vanno bersagliati da dietro il drago, e proprio per questo motivo ci viene in aiuto una piccola mini mappa (a forma di radar, già presente nella versione originale) che evidenzia come centro la creatura blu, un cono con angoli fissi lo spettro visivo e con piccoli pallini rossi o gialli i nemici in avvicinamento. Una soluzione abbastanza classica, ma fondamentale per la risoluzione stessa del gameplay. Il titolo quindi procede in maniera lineare, dando anche alcuni accorgimenti esterni riguardanti l’ambientazione come elementi di distrazione per ferire il drago. Ad esempio, all’interno di un noto livello in una struttura a cunicoli, dovremo schivare alcune porte per non essere colpiti. Oltre a tutto questo, il gioco a livello di gameplay non propone altro: preferisce invece consolidare la struttura a binari in maniera anche difficile, pur ripetendosi facilmente e spesso. Una problematica che ci tengo a far notare è l’effetto mal di mare che provoca dopo aver affrontato alcuni episodi in maniera consecutiva, non essendo io, in primis, più abituato a questa dinamica shoot ‘em up con visuale fissa. Occorre quindi prendere alcuni minuti di respiro tra uno scenario e l’altro (solo all’inizio, per abituarsi allo stile). Per fortuna il titolo non spinge il giocatore a concludere immediatamente l’avventura, fornendo una schermata riassuntiva dei punti fatti e nemici colpiti dopo un livello.

Panzer Dragoon: Remake
I Boss sono molto difficili, in pieno stile arcade anni novanta! Ho trovato anche azzeccata la formula di gioco rifatta per combattere contro i nemici corazzati.

Il solstizio dell’indecisione: un prezzo troppo elevato per la quantità ristretta di cose da fare!

Panzer Dragoon: Remake è un gioco che attendevo con un certo fervore per la nuova line-up 2020 di giochi su Nintendo Switch. Un’opera dalla forte componente storica e soprattutto nostalgica, in pieno stile remake come Spyro Reignited Trilogy o Crash Bandicoot N. Sane Trilogy (entrambi recensiti da noi). La cura maniacale dell’ambientazione e l’organicità perfetta delle musiche che si mescolano nell’avventura del drago blu, sono dei singoli aspetti che rendono Panzer Dragoon un gioco magnifico. Sono presenti comunque delle grandi pecche che purtroppo, come nello storico episodio uscito su SEGA Saturn, qui si mantengono e rendono l’intero titolo legnoso e forzato. Le meccaniche di gioco sono troppo datate, non basta cambiare l’impostazione dei comandi per definire “moderno” questo specifico approccio. Uno shoot ‘em up di questo grado e difficoltà, non può ovviamente piacere a chiunque: è solo un lavoro per introdurre la serie sulle attuali console dopo venticinque anni e magari, in un futuro non tanto remoto, proporre qualcosa di nuovo a riguardo. Non è un gioco che si lascia facilmente “padroneggiare”, poiché la progressione del gameplay è troppo radicata al passato e dispone di una formula arcade; non è l’ideale per Switch, almeno in parte.

Staccandosi per un attimo dalla difficoltà del gioco di non progredire perfettamente come gioco votato allo sparatutto su binari per la console ibrida Nintendo, Panzer Dragoon, così come questo remake, propone un comparto musicale/audio di altissimo livello. Vi invito fortemente ad ascoltare alcune delle storiche tracce ricreate in base strumentale con un sintetizzatore. Delle musiche che ancora adesso mi ronzano piacevolmente nella testa e che difficilmente stonano durante l’intera sessione di gioco. Invece, il nuovo remake come si comporta a livello tecnico? Ebbene sì, il titolo è abbastanza solido e valido. Graficamente le texture sono visivamente buone, in modo anche da poter apprezzare alcuni dettagli disposti sul fondale di ogni location. Il frame-rate è anch’esso stabile, sebbene in alcune scene molto più complesse risulta altalenante. Il lavoro di conversione e ottimizzazione è più che discreto, quasi ammirabile: non è certo il miglior gioco visivamente uscito su Switch, eppure riesce a cogliere dettagli che nell’originale era difficile notare.

Panzer Dragoon: Remake
Lo stile di combattimento “sparatutto su rotaie” funziona, però bisogna fare un piccolo compromesso e stare attenti all’effetto mal di mare.

In conclusione, Panzer Dragoon: Remake è un titolo sorprendentemente tradizionalista, che propone una struttura identica all’originale, ma rivisitata in una grafica più moderna di quello che abbiamo imparato ad apprezzare per la console di SEGA. Non aggiunge purtroppo molto, né esistono altre soluzioni alternative per intrattenere il giocatore a rimanere incollato su schermo. Proprio per tal motivo, possiamo dire quanto la longevità sia abbastanza breve. Anzi, per un gioco simile all’originale, questo non è sicuramente un valore aggiunto. Si conclude all’incirca in due ore scarse, un po’ poco rispetto anche al prezzo di vendita di 25,00 euro. Un rapporto qualità/prezzo sconveniente, non adatto all’attuale generazione di console. Un gioco che comunque possiede un ambientazione più che ottima e delle musiche di alto livello. Il consiglio è quello di attendere qualche sconto e di prenderlo solo successivamente, soprattutto se siete incuriositi dal gioco per via della storia e per il gameplay sparatutto su rotaie.

Panzer Dragoon: Remake
Panzer Dragoon: Remake – Recensione
PRO
L'ambientazione è davvero suggestiva e piena di dettagli;
La formula storica del gioco funziona...;
Musiche perfette ed emozionanti;
Scontri veloci e con un buon frame-rate;
Una conversione ottima.
CONTRO
... solo se siete dei veri appassionati;
Prezzo troppo elevato per quello che propone;
Troppo radicato al passato, manca qualcosa;
Una mancanza di contenuti inediti e diversi dall'originale.
7.7
Magnifico, ma con qualche riserva!