Journey to the savage Planet

Journey to the Savage Planet – Recensione

Se guardando gli artwork ed i primi video di Journey to the Savage Planet nella vostra testa è partita in loop la sigla di Futurama, non è assolutamente un caso. I colori vividi e accesi, un’ironia scanzonata e irriverente mescolata all’ambientazione alieno-spaziale sono sicuramente degli elementi che contraddistinguono entrambe le produzioni; come vedremo più avanti il titolo ha una caratterizzazione ben distinta e riconoscibile nonostante la sua natura derivativa, facilmente percepibile anche nel gameplay.

Journey to the savage Planet

Sin da subito il titolo si fa riconoscere per quello che sarà: un’avventura all’insegna del divertimento e del fancazzismo. Ci ritroveremo all’interno della navicella spaziale della Kindred, la quarta migliore compagnia aerospaziale del mondo, e ad introdurci all’esplorazione sarà Martin Tweed, esuberante CEO della compagnia che si presenterà con un video molto amatoriale, di quelli che era facile ritrovare nei B-movie degli anni ottanta con degli effetti speciali degni delle migliori produzioni di MySpace. Con lo stesso tono e la stessa gravita di un amico che vi racconta della ragazza rimorchiata ieri sera al bar, il CEO ci aiuta a comprendere che ormai la colonizzazione spaziale non è solo possibile ma fondamentale per il genere umano, dato che la terra è ormai un posto troppo piccolo e troppo affollato per sostenere l’intera specie. Qui entriamo in gioco noi, improbabili astronauti sbarcati per un colpo di fortuna proprio sul pianeta AR-Y 26, un pianeta pieno di vita che sembra avere le potenzialità per essere la perfetta seconda casa per il genere umano; sarà quindi nostro compito esplorare ogni angolo del pianeta per catalogare tutte le specie di animali, piante ed eventuali pericoli e minacce presenti sul pianeta. In questa entusiasmante (all’incirca) avventura ci accompagnerà un’amichevole intelligenza artificiale pronta ad esporci i potenziali pericoli ricca di entusiasmo ed uno spiccato senso dell’umorismo che spazia fra il sadico ed il cinico, ma pronta a riportarci in vita ogni volta conservando i nostri dati e trasferendoli in un nuovo clone, o a teletrasportarci con un processo apparentemente non indolore di scomposizione e ricomposizione molecolare.

Journey to the savage Planet

Journey to the Savage Planet prosegue tutta la sua avventura tra battute e gag divertenti senza mai arrivare alla noia o all’esagerazione, rendendo amaramente divertente seppellire con vergogna il proprio clone precedente. Il pianeta ha ovviamente una propria lore che si scopre lentamente tra artefatti alieni, analisi sul campo e report periodici con la base. Il sottotesto narrativo che emerge durante l’esplorazione degli artefatti è probabilmente l’aspetto più impegnato di Journey to the Savage Planet che si concretizza poi nelle ultimissime fasi del titolo, dove questioni attuali come l’impatto ambientale, il cambiamento climatico e la sovrappopolazione vengono affrontate sia direttamente che indirettamente. Il neo che si riscontra in queste fasi è una fretta immotivata proprio nelle fasi conclusive, dove si congeda il tutto con una sorta di spiegone finale meno approfondito del voluto, l’unico difetto di una narrazione che procede in realtà liscia e senza strafare, rimanendo coerente alla sua struttura.

Il divertimento non si limita di certo alle battute umoristiche o agli spot parodistici che periodicamente spuntano sullo schermo della navicella. Il vero spasso infatti inizia pad alla mano; Journey to the Savage Planet non fa segreto delle sue fonti di ispirazione, ed è chiaro sin da subito che tra queste c’è l’amato Metroid Prime dei Retro Studios. L’ambientazione del pianeta AR-Y 26 è viva e stratificata, un mondo semi-aperto con dungeon da scoprire e aree segrete da esplorare; ed è proprio l’esplorazione il cuore pulsante della produzione. Come il genere dei metroidvania, bi o tridimensionale che sia, ci ha sempre insegnato l’esplorazione è condizionata dai gadget e dalle abilità a disposizione; dove fino ad un secondo fa quel punto li in alto sembrava irraggiungibile adesso e possibile grazie al doppio salto, al jetpack (mezzo scassato) dello zaino o all’utilissimo rampino, rendendo così divertente e stimolante il continuo backtracking tra le varie zone.

Journey to the savage Planet

Il sistema di combattimento anche se non altrettanto brillante è sicuramente apprezzabile. Il feedback dell’arma non è sempre convincente e la mira semiautomatica a volte obbliga a strani movimenti di telecamera, ma basta prenderci un po’ la mano. A proposito di mano, la nostra mano sinistra, grazie a vari potenziamenti del guanto, potrà trasformare diversi frutti in vari tipi di bombe, trappole o per lanciare la disgustosa poltiglia propinataci dalla Kindred alle creature autoctone, che sembrano andarne ghiotte per attirarli in punti precisi della mappa o renderli utili ai nostri scopi. Ah, sempre con la mano sinistra potremo dare dei bei ceffoni ad oggetti e creature, ma attenti alle conseguenze!

Per quanto il comparto tecnico non sia sicuramente il fiore all’occhiello di Journey to the Savage Planet, sa difendersi comunque bene. La mole poligonale non fa urlare al miracolo e si nota un certo riutilizzo nei modelli dei nemici e degli oggetti, così come nelle texture, anche se queste ultime sono ben realizzate e si nota un certo livello di dettaglio, privo di sbavature nella maggior parte dei casi; difetti evidentemente dovuti alla mancanza di un budget adeguato più che alle capacità di sviluppo, che evidentemente al team non mancano. Il gioco nella gran parte dei casi fila liscio senza cali di frame – quasi totalmente assenti – o particolari bug, se non per qualche compenetrazione che raramente “incastra” i nemici con l’ambiente. A sorreggere e risollevare il tutto ci pensa un art design certosino, che fa dei colori vivaci e delle forme stravaganti il suo punto di forza, accompagnato da una colonna sonora in grado di incorniciare bene ogni situazione e mai stancante durante le circa otto ore necessarie per giungere alla fase finale.

Journey to the savage Planet

Typhoon Studios ha seguito alla lettera le lezioni del maestro Metroid Prime, consegnando un compito sicuramente non privo di sbavature ma degno di lode, in grado di divertire e intrattenere durante tutto il viaggio interplanetario che faremo. D’altronde il talento del team è stato subito evidente, tanto da valere un immediato supporto da 505 Games e un acquisizione da parte del gigante Google, che dovrebbe garantire maggiori risorse ed una certa tranquillità per i progetti futuri. E se questo è solo l’inizio, non vedo l’ora di scoprire cosa tireranno fuori dal cappello.

Journey to the savage Planet
Journey to the Savage Planet – Recensione
PRO
Squisitamente ironico e irriverente
Art design da urlo
Esplorazione soddisfacente e appagante
CONTRO
Shooting migliorabile
Qualche piccolo bug
Osa molto meno di quanto avrebbe potuto
8.3
I quarti migliori al mondo!