Dragon Quest XI S: Echi di un'era perduta – Edizione definitiva

Dragon Quest XI S: Echi di un’era perduta – Edizione definitiva – Recensione

Erano gli inizi del 2000 quando Dragon Quest VIII arrivò su PS2. All’epoca ero poco più di un tredicenne, erano tempi diversi, internet ancora non era molto diffuso, e ci si informava sulle mitiche riviste cartacee. Quando vidi questo gioco che portava il marchio indistinguibile del maestro Akira Toriyama (per quelli che hanno vissuto sulla luna fino ad’ora, autore di un’operetta qualsiasi dal titolo di Dragon Ball) capii immediatamente che volevo assolutamente giocarci. Fino ad allora, per me i JRPG erano fondamentalmente rappresentati da Final Fantasy, il quale dettava i miei standard sul genere. D’altronde erano tempi diversi, più ingenui, ma sicuramente pieni di cose nuove da scoprire. Inutile dire che appena avviai Dragon Quest VIII: L’Odissea del Re Maledetto ho provato il cosidetto momento eureka, o un’epifania, se volete: ‘quanto mi sono sbagliato sui JRPG fino ad ora’. Da quel momento in poi, la mia ricerca di titoli di Dragon Quest è stata instancabile, febbrile, cercando di mettere le mani (quando possibile) su qualunque iterazione di questa serie che in Giappone gode di più successo delle Fantasie Finali. Come dimenticare quel capolavoro di Dragon Quest IX: Le Sentinelle del Cielo. Mi portavo il Nintendo DS all’università, e fra una lezione e l’altra, tiravo fuori il mio fidatissimo DS Lite bianco come un giocattolino della Apple, e mi tuffavo fino a che potevo nel mondo fiabesco disegnato dal maestro Toriyama. Nel corso degli anni, su DS e 3DS sono usciti poco a poco tutti i capitoli di questa saga storica, fino pure a remake del VI e persino dell’VIII. Tolta la parentesi del X, che invece di un JRPG è un MMO (così come è stato fatto per FFXI e XIV), in Nord America ed Europa si aspettava trepidanti il rilascio di Dragon Quest XI: Echi di un’era perduta, uscito in patria nipponica nel 2017. Fortunatamente, il pubblico occidentale non ha dovuto attendere molto, perché l’anno successivo su Steam e PS4 è finalmente approdato quello che viene considerato il migliore capitolo della seria (completamente doppiato in inglese, mentre la versione giapponese del 2017 non era doppiata per niente).

Tuttavia, i possessori di Nintendo Switch non potevano fare altro che stare li a guardare i compagni su piattaforme diverse divertirsi con Dragon Quest XI, fino a che un giorno non fu annunciata una Definitve Edition che sarebbe uscita da lì ad un anno, la quale avrebbe apportato una serie di feature aggiuntive che mancavano alla release originale. Come avrete intuito, oggi parliamo esattamente di questa versione, per la precisione Dragon Quest XI S: Echi di un’era perduta – Edizione definitiva.

dragon quest xi

Come detto nella lunga e nostalgica introduzione a questa recensione, Dragon Quest XI è ritenuto da molti il miglior capitolo della serie. La quantità di contenuti che il gioco offre, il mondo di gioco gigantesco, dai colori accesi e con il tocco magico di Toriyama, sono solo alcune delle cose che rendono Dragon Quest XI probabilmente il miglior titolo di questa saga trentennale. La Definitive Edition su Nintendo Switch arriva con una serie di aggiunte il quale scopo è quello di rendere da un lato l’esperienza più profonda, e dall’altra di renderla più fruibile, smussando quegli angoli più spigolosi che qualsiasi JRPG si porta dietro.

Dragon Quest XI racconta la storia di un prescelto che è la reincarnazione di un eroe leggendario, la quale venuta coincide con l’arrivo delle forze del male. Perciò, il suo compito, è quello di sconfiggerle e di riportare la pace nel mondo. Dal punto di vista narrativo, Dragon Quest non ha mai tentato di fare cose particolarmente eccezionali,  limitandosi a fare il compitino e lasciando la memorabilità della storia non alla narrazione stessa, ma ai personaggi. Da una parte il character design, e dall’altra la loro personalizzazione rendono le storie di Dragon Quest degne di nota. Questo perché, infine, Dragon Quest non fa altro che ripetere la struttura narrativa del ‘viaggio dell’eroe’ (vi lascio ad un Fuori Target di qualche tempo fa per approfondire l’argomento su questo tema).

Veniamo quindi al gameplay. Nel corso del gioco, il giocatore incontrerà diversi personaggi che si uniranno al party, ognuno dei quali ha abilità specifiche ed è in grado di maneggiare determinate tipologie di armi. Salendo di livello, è possibile personalizzare lo stile dei membri del party, privilegiando per esempio un determinato tipo di arma rispetto ad un altro, sbloccando quindi le abilità relative a questa con naturali conseguenze sul ritmo e svolgimento delle battaglie. Ed è questo un aspetto nuovo di questo Dragon Quest XI: il sistema di combattimento. Come accadeva in Final Fantasy XII, anche in Dragon Quest XI è presente un sistema che assomiglia al Gambit System. Questo è un sistema ibrido fra turn-based ed action, nel quale i personaggi si muovono liberamente nell’arena dove si svolge la battaglia, e compiono delle azioni che sono state stabilite precedentemente. Se da una parte questo sistema rende le battaglie minori più rapide – visto che non bisognerà fare altro che muoversi attorno ai mostri – dall’altro lato rimane interessante solo durante le battute iniziali del gioco. Questo perché se il ritmo viene accelerato, il fattore noia rimane dietro l’angolo, perché il giocatore non dovrà fare altro che impostare la tattica migliore per il party, e vederla svolgersi sul campo di battaglia. Per fortuna, il gioco permette di modificare una serie di opzioni di gameplay, fino al punto che è possibile impostare il classico sistema a turni (il quale, personalmente, preferisco).

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In aggiunta alla quest principale, il gioco è disseminato di quest secondarie ed attività da svolgere, rendendo Dragon Quest XI: Echi di un’era perduta un gioco semplicemente immenso, dove è quasi impossibile stimare la quantità di ore da buttarci per completarlo al 100%.

Per quanto riguarda il comparto artistico, c’è poco da aggiungere rispetto a quanto già detto. Lo stile inconfondibile del papà di Dragon Ball e Arale è uno dei marchi di fabbrica di questo gioco, il quale è in grado di ricreare un mondo semplicemente meraviglioso, con scorci, luoghi, dettagli, e personaggi che trovano pochi rivali nel mondo videoludico. Nella Definitve Edition, in aggiunta alla grafica in 3D, è presente l’opzione in 2D, che trasforma il gioco in uno dei titoli classici di Dragon Questo. Infatti, giocando in questa modalità si ha l’impressione di giocare un titolo per Snes, dando al giocatore una prospettiva diversa sul mondo di gioco. Al tempo stesso, cambiare tra modalità in 3D e 2D non è propriamente un’operazione fluida: il giocatore deve infatti visitare una chiesa e chiedere al prete di cambiare modalità. A questo punto, viene creato un salvataggio diverso proprio per la versione 2D. Tuttavia, non si ricomincia a giocare nel punto in cui il giocatore ha cambiato la grafica, ma bensì dall’inizio del capitolo in corso – cosa che non risulta molto chiara dal gioco stesso.

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Oltre a questo, le aggiunte significative sono molte: da segnalare è la presenza del doppiaggio giapponese. Come detto nell’introduzione, la versione nipponica del 2017 non era doppiata, rendendo così la versione occidentale del 2018 doppiata in inglese la prima edizione del gioco con tale feature. Nell’edizione definitiva odierna, c’è la possibilità di impostare la lingua dei personaggi in giapponese, dando quel sapore da anime in più a Dragon Quest XI. Oltre a questo, sono presenti una serie di opzioni che permettono di velocizzare il ritmo di gioco, così da rendere quelle sezioni più lente meno frustranti. Una delle chicche di questa edizione definitiva è però la colonna sonora che è completamente orchestrale, mentre nelle versioni per Steam e PS4 era in midi. La musica in Dragon Quest ha sempre ricoperto un ruolo importantissimo, e ci sono alcuni motivi che sono caratteristici della serie. Visto che Dragon Quest XI è anche una sorta di celebrazione per il trentesimo anniversario della serie, la colonna sonora riprodotta da un’orchestra vera è sicuramente il trattamento che questo gioco meritava. Niente paura però: se per qualche motivo preferite la versione sintetica, tra le opzioni del gioco è anche possibile cambiare lo stile della colonna sonora.

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Dal punto di vista tecnico, Dragon Quest XI S Definitive Edition è bellissimo: il gioco su Switch gira a meraviglia, sia in modalità dock che portatile. Certo, rispetto alle edizioni per altre console questa è quella con la risoluzione più bassa, ma questo è un aspetto che non intacca assolutamente per niente la bontà dell’immagine sulle schermo. I colori accesi del mondo di gioco disegnato da Toriyama sono meravigliosi, sia quando si gioca collegati alla tv, sia quando si gioca portatile e l’immagine è leggermente più ‘blurry’.

Ultimo aggiornamento: 2024-04-25 at 12:11

In conclusione, Dragon Quest XI S: Echi di un’era perduta – Edizione definitiva è esattamente come dice il titolo. L’edizione definitiva di un capolavoro che merita assolutamente di essere giocato. Questo capitolo della serie rappresenta sia la cieligina sulla torta per i fan di vecchia data, e sia il punto di ingresso perfetto per i neofiti della serie per tuffarsi nell’epopea di Dragon Quest. L’edizione definitiva, poi, è la versione più completa e meglio riuscita di questo gioco, con molte opzioni per personalizzare l’esperienza come meglio si crede, rendendola anche più user-friendly e meno frustrante per i meno abituati agli spigoli canonici di qualsiasi JRPG. E oltre a tutto questo, ovviamente, la versione Switch permette di giocare a questo capolavoro in dove si vuole, così ché il mondo di Erdrea splenda in qualsiasi luogo ci troviamo.

Dragon Quest XI S: Echi di un'era perduta – Edizione definitiva
Dragon Quest XI S: Echi di un’era perduta – Edizione definitiva – Recensione
PRO
Personaggi memorabili
Mondo di gioco meraviglioso
Sistema di combattimento profondo e divertente
Sviluppo dei personaggi molto personalizzabile
Quantità di contenuti pazzesca
Insomma, semplicemente Dragon Quest
CONTRO
Sistema delle tattiche può diventare noioso
Cambiare tra 2D e 3D non è propriamente 'fluido'
9
Forse il miglior Dragon Quest mai uscito