Blades of Time Remastered

Blades of Time – Recensione

Blades of Time, creato da Gaijin Entertainment e pubblicato con l’ausilio di Konami, è un hack n’ slash action adventure – sequel di X-Blade – uscito nel non lontano 2012 per Playstation 3 e Xbox 360, e adesso riproposto in una nuova conversione Remastered su Nintendo Switch. Gli stessi ragazzi del Team Gaijin hanno presentato il Trailer del loro titolo e annuncianto la sua versione rimasterizzata in uscita il 14 maggio. Il genere frenetico hack and slash predetermina una tipologia anche abbastanza ampia e variegata di videogiochi legati al combattimento, allo stile adoperato con le armi bianche e ai velocissimi movimenti forniti dal personaggio protagonista. Originariamente coniato dal termine di gioco di ruolo con elementi da action adventure (come in questo caso), spesso ridotto a giochi alquanto semplici e accessibili, prende a piene mani, infatti, dei connotati ruolistici e arcade, se opportunamente affiancato da un buon team di sviluppo. Non è difficile, dunque, annoverare titoli altisonanti e di spessore come Bayonetta o la serie di Devil May Cry, uno degli indiscussi hack and slash action adventure targato Capcom (adesso nella sua quinta trasposizione); e non sono altrettanto diversi quei titoli che piuttosto vengono ricordati per la poca affinità nello sviluppare la trama e la caratterizzazione dei personaggi, dedicando invece ogni meccanica e risorsa nel gameplay, che è la parte principale del genere e amplia lo spettro di pubblico (accontentando qualunque videogiocatore). Le statistiche, oltre alla difficoltà esponenziale, rendono un gioco con queste caratteristiche appena evidenziate un papabile incentivo nella longevità complessiva, inducendo così alla rigiocabilità anche con durate non elevate. La narrazione è tendenzialmente un mezzo riempitivo e mai un qualcosa di trascendentale, che superi il livello di produzione del gioco stesso: trovarsi solo dialoghi, potrebbe spezzare il ritmo immediato e dirompente, bensì una mancata enfatizzazione dei personaggi presenti possa solo penalizzare la conduzione generale. Per questo, dopotutto, si predilige una forma più “user-friendly” a capitoli o livelli per non appesantire e tenere sempre alta l’attenzione.

Se da un lato possiamo vedere generi più complessi, qui la combinazione di più tasti nello stesso momento danno origine a mosse e combo nuove, con linee evolutive ottenibili con l’esperienza, e armi ogni volta diverse e stili particolari; sostanzialmente, è l’abilità del giocatore a saper mescolare i colpi a fare la meglio, e non la strategia. Tutto ciò solo se il gioco è compatibile e affine a queste caratteristiche, implementato per essere godibile e senza tentennamenti. Blades of Time non era un titolo eccelso nella scorsa generazione, non soddisfacendo appieno i canoni prestabilisti e nemmeno innovando una tipologia di gioco così solerte nel mondo videoludico. Il Team Gaijin sarà, quindi, riuscito a creare una rimasterizzazione su Switch affidabile con le recenti architetture hardware e coerente con quanto annunciato all’inizio dei lavori di conversione?

Blades of Time
La cacciatrice di tesori Ayumi intenta a fronteggiare uno dei nemici presenti all’inizio, guerrieri corazzati.

Trama – Riavvolgiamo il tempo… in un contesto poco “intrigante“!

L’intreccio narrativo è, sin da subito, molto scarno e privo di fondamenta, poiché non eloquente a spiegare la trama e lasciando che sia la voce doppiata (in italiano per fortuna, esistono inoltre i sottotitoli) a elencare le vicende della protagonista: in un grande tutorial, vestiremo i panni dell’incantevole cacciatrice di tesori Ayumi. La ragazza possiederà solamente un’arma, ovvero una katana o/e una spada lunga, capace di scagliarsi ferocemente contro i nemici con fendenti e rotazioni, lasciando intendere che, oltre ad essere alla ricerca di eventuali tesori da trafugare, sia anche un’abile spadaccina. L’intercedere della storia è alquanto banale, con una qualità non originale: il nostro compagno Zero è disperso nelle ampie rovine di Dragonland, dopo che la stessa Ayumi, durante una riunione per decretare il miglior esponente guerriero della Gilda, utilizzerà una sfera magica, conducendo i due all’interno di un portale diretto al poc’anzi nominato luogo in macerie. Un oracolo, inteso come Chaos, guiderà la guerriera donandogli il potere di riavvolgere il tempo, essendo lei l’unica prescelta e disposta a sacrificarsi; evidentemente, la provocante donna era la sola a ritrovarsi lì, con le capacità idonee a sconfiggere il male e l’Ordine.

Durante il susseguirsi della vostra avventura, i soli intermezzi parlati saranno dedicati dalla sua “incantevole” voce, che probabilmente esteriorizza la parte tenera e intima della cacciatrice di tesori; tutto di fuorché errato, altrimenti non ci sarebbero ulteriori spiegazioni. L’intercedere della voce è fuori sincrono, come se fosse completamente distaccato dal contesto e realizzato senza guardare le scene (cosa probabile, visto l’andamento di una produzione dedicata ai videogiocatori e il doppiaggio), rendendo la contestualizzazione dei personaggi distante e poco emotiva. Non vi avvicinerete ad Ayumi, bensì solo perché sarà la bella e promettente protagonista a consentirvelo. Il resto è troppo scontato, lontano dai parametri elencati all’inizio, nell’introduzione. Se la trama fosse stata più convincente o, semplicemente, devoluta all’accrescere di questo potere magico che vi consente di muovervi nel tempo a ritroso, forse avrebbe innalzato la vostra curiosità. Quel qualcosa, purtroppo, non è stato innescato, provocando così una roboante frattura tra la protagonista e ciò che la circonda. Incentivato inoltre dall’ottimizzazione peccaminosa e orrenda, segno che l’impegno per la conversione a Remastered è stata quasi nulla (se paragonato al gioco della vecchia generazione), con un lieve incremento grafico delle texture che ha portato a lag più frequenti.

Blades of Time
Durante ogni intermezzo seguito da una scena parlata e animata, vedremo in alto a sinistra quella fastidiosissima scritta per tutta la durata del gioco.

Gameplay – Il genere hack and slash (con tinte action adventure) è il più azzeccato?

Un hack and slash si differenzia sostanzialmente dal genere button smashing dalla definizione stessa, cioè tramite la sua concatenazione di mosse e future combo ottenibili con un’ampia rosa di armi da scegliere. Sebbene la linea sia così sottile e facile da varcare, in Blades of Time non esiste alcun limite imposto: avrete l’irrefrenabile impulso di schiacciare tasti in quantità e modo casuale, saltando o sgusciando con il dash lineare (con il tasto ZR) solamente quando in pericolo. A schermo non vedrete combo, numeri o altro: non hanno implementato nulla, solo effetti particellari sporadici e scie colorate dovute dalla rotazione delle armi. Le armi, infatti, saranno di due diverse tipologie: la primaria melee, armi bianche e la secondaria, armi da fuoco con il fucile. Quest’ultimo avrà un ruolo importante, garantendo la possibilità di colpire i nemici da distanze elevate con la combinazione di tasti. In questo frangente, la varietà del combattimento è tanta, creando scenari sempre diversificati e che si possono adeguare allo stile del giocatore. I target più lontani, avranno il timore di essere colpiti dal fucile, anche se il nostro movimento sarà più o meno rallentato, non consentendoci di scappare da colpi improvvisi. I nemici, nonostante tutto, presentano delle hitbox grossolane, così quanto le animazioni, spesso castrate da quick-time event sollecitati dalla pressione del tasto R, che decreteranno la morte istantanea con spettacolarità. Eppure, anche nelle fasi intermedie, la mole di nemici è parecchia: incuriosisce però che se presenti in uno scenario chiuso, cinque avversari contemporaneamente non riusciremo a batterli facilmente. Oltre agli evidenti limiti di ottimizzazione, il titolo soffre di micro lag e cali pesanti di frame-rate; diventa non giocabile nelle fasi più concitate, lasciando che sia la peggio e l’avversità a soggiogarvi.

Ed è bizzarro che un titolo, ancor prima uscito almeno sette anni fa sulla vecchia generazione, possa soffrire di problemi simili e non risolti con accortezza. Esiste, altresì, un parametro che aumenta, avanzando nella storia, le abilità, assegnandole alla cara Ayumi nelle vicinanze degli Oracoli. Abilità che saranno sì utili, ma contro i boss avremo bisogno di utilizzare un altro accorgimento differente: la fortuna, e sperare che il gioco non si incaponisca con noi e la console, poiché i crash non sono così lontani dall’essere irraggiungibili.

Blades of Time
Primo temibile Boss che incontreremo nelle rovine di Dragonland.

Conclusione & Considerazioni Finali – Ayumi, saresti potuta essere… emh, sì: migliore!

Il gioco è un hack and lag difficile da interpretare e collocare nel mercato videoludico, con una vecchia rappresentazione nella passata generazione non ottimale e soffrendo di problemi abissali. Quei stessi difetti che, durante la conversione e la scelta – non appurata – di rimasterizzare del titolo, sono palesi ad occhio nudo e faticano a rendere godibile l’esperienza complessiva della cacciatrice di tesori e guerriera Ayumi. Se da un lato, il gameplay è vivace, sintomo di varietà con i mostri e accessibile, la complessità delle manovre, i comandi poco reattivi dovuti dal calo costante di frame-rate nelle fasi più movimentate, rendono il gioco Blade of Time un viaggio nel tempo disperato, solamente per chi vuole comunque addentrarsi in un titolo sì curioso, dalla trama lineare e scontata, ma che incentiva su una meccanica abbozzata già in Prince of Persia: Le sabbie del Tempo. La durata non è elevata, si attesta sulle sei o sette ore effettive, mentre oltre alla possibilità di giocare in single-player nella campagna principale, esiste un’ulteriore modalità chiamata “Rivolta“, quest’ultima non accessibile a causa di un bug (continui crash e riavvii del gioco), risolto per fortuna in una patch successiva all’uscita.  Rivolta è una modalità online e propone diverse mappe gestibili in battaglie continue, decisamente sottotono e inaffidabile rispetto alla sua controparte primaria legata alla storia. Hd-Rumble e touch-screen entrambi funzionanti e implementati. Dalla versione portatile a quella in dock, non si avverte alcuna differenza o miglioria. Il comparto audio invece è indifferente, non esalta lo stile del gioco né enfatizza un’ambientazione poco ricercata.
Blades of Time Remastered è un titolo innocuo, privo di coraggio e innovazione. Sarebbe potuto essere qualcosa di più, un degno rivale di Dante o Bayonetta (ma anche no), eppure è riuscito solamente a intrattenere per poco tempo e risultare insoddisfacente. Peccato veramente, Ayumi poteva sicuramente meritare qualcosa di interessante dopotutto.

Blades of Time
L’interfaccia grafica e l’ottimizzazione lascia a dir poco a desiderare, troppo blanda e non interamente definita. Una delle grandissime pecche del titolo.

Blades of Time (Remastered) è disponibile dal 14 maggio 2019 sull’eShop di Nintendo Switch.

Blades of Time Remastered
Blades of Time – Recensione
PRO
Immaginario stilistico simpatico...;
Riavvolgere il tempo è una buona trovata;
Stile di combattimento piacevole;
Modalità "Rivolta" da affinare.
CONTRO
... ma trama inesistente e banale;
Manca di mordente;
Voci del doppiaggio troppo fuoriluogo e non sincrono;
Interfaccia grafica, durante le scene, invadente;
Bug e crash considerevoli;
Calo di frame-rate in situazioni concitate nel combattimento.
6.5
Limitato