Zelda: Breath of the Wild

“The Switcher” – Le rovine del mondo videoludico: l’importanza di un buon concept!

Preludio – Introduzione alle Rovine

In un tempo non ben definito, in un mondo ormai in completo declino e dove ogni luogo è una distesa di rovine, l’essere umano è stato sopraffatto dalla tecnologia. I visori, le aberrazioni grafiche, sostituite da impianti oculari in grado di poter proiettare nella propria mente tutto ciò che si desidera. La natura torna a sopraffare le strutture, a riempire quello che prima era soltanto un ammasso di calcestruzzo. L’edizione fisica, l’oggetto da collezione, scompare; il suo posto, inesorabilmente, viene gestito dal digitale. Dati, numeri, constatazioni, che fluttuano all’interno di un processore o sistema di archiviazione. Decisamente poco è rimasto: l’idea, tuttavia, è ancora lì. Il concetto, il preludio che affianca la realizzazione di qualcosa, cioè il concept.

E quanto è importante, sebbene gli anni siano trascorsi molteplici, avere una buona idea, la giusta scintilla, per dar vita a qualcosa di altrettanto colossale come un videogioco?

Breath of the Wild Concept
L’incontro dello stesso personaggio, Link, in generazioni diverse!

Le rovine del mondo videoludico, chiamate The Switcher, celano e narrano di antichi passati, quando le periferiche per giocare erano tangibili, da possedere fisicamente e toccare; l’hardware prestante non era completamente necessario, bensì fosse a servizio di un bene migliore, ovvero dare l’accenno per poter gestire un impianto tecnico non del tutto strabiliante e che, però, deteneva uno stile sublime. Lo scopo, di tutto ciò, è raccontare, descrivere – con uno stile più ricercato e, forse, originale – il mondo dei videogiochi in ogni sua fase di creazione. Dall’idea, alla trama, al gameplay e alla pubblicazione. Concetti che possono e devono sempre essere molto forti nel medium, e altresì mai banali.

The Legend of Zelda: Breath of the Wild si è rivelato un capolavoro nel panorama attuale dei giochi, dando il via ad una tendenza che ha visto alcuni dei migliori franchise di Nintendo prendere direzioni audaci in nuovi fantastici effetti. Riproposizioni, aspetti e concept che, pur sembrando banali – e non lo sono -, hanno origini ben più arcaiche, ovvero quando all’interno della nostra testa circola qualcosa; una scintilla, un barlume di speranza che poi dona un contesto dopo mesi, se non anni, di sviluppo costante. Alle volte, un’idea può portare a dei probabili fallimenti, perché ciò che si pensava, ha smarrito la retta via ed è subito corso in secondo piano. Oppure, quando hai solo qualcosa, che difficilmente può essere realizzato adesso, dunque lo nascondi in attesa che possa risultare rilevante e interessante in quel contesto.
Tuttavia, The Legend of Zelda ha sempre – o quasi – sorpreso tutti: l’inizio, almeno per me, è stato sorprendente, poiché ero piuttosto piccolo quando ho avuto l’occasione – dopo parecchi anni della sua uscita, esattamente in Europa nel 1987 – di muovermi nella pacifica e coloratissima (ad 8 bit, per il NES) landa di Hyrule. Per come è composto il gioco, l’azione, l’esplorazione ed i puzzle fanno da corredo ad un concept instillato nei pensieri dell’autore Shigeru Miyamoto. Dalla sua mente, è uscito anche il sempre verde e mai dimenticabile Super Mario.
La non-linearità del gioco, la possibilità di intraprendere ulteriori strade differenti in qualunque istante, senza doversi preoccupare di seguire la trama o un percorso prestabilito, all’epoca era superlativo; ti rendeva complice di un titolo, oramai, immortale, che ti faceva reduce di esperienze inarrivabili e complesse per molti.

Breath of the Wild Concept
Bozzetto delle prime fasi di gioco immerse nelle lande di Hyrule, in Breath of the Wild

Concepire, immaginarsi, costruire qualcosa di simile, ancora adesso per me, è un desiderio e una motivazione forte: non esiste solamente il comparto grafico, l’alterazione dei pixel che, se assemblati, portano ad una figura, ad un’animazione nota di un tipico personaggio che si intende costruire. Piuttosto, l’idea è ciò che affascina; il costrutto dietro, come avanzare in una trama delineata sono nella testa. Per Breath of the Wild, reduce di titoli di altissimo rilievo, non è stato comunque facile, avendo avuto diverse modifiche nel corso del suo sviluppo, principalmente votato per Wii U. Allora, da dove è nato questo fortissimo interesse per i Guardiani, strutture antichissime e armi di ogni genere?

Breath of the Wild Concept
Il bozzetto di uno dei Guardiani – Breath of the Wild

I Guardiani, ad esempio, assumo diversi ruoli nella trama del gioco: custodi di un vecchio impero, robot dalle fatture del popolo Sheikah. Cento anni dopo, la calamità Ganon li possiede, rendendoli delle fortezze semi-moventi in grado di radere al suolo perfino un’intera struttura, tramite un raggio laser che parte dalla sommità degli occhi (il loro unico punto debole). L’armatura antica che li costituisce, li rende impenetrabili con colpi comuni, bensì la Master Sword è in grado di assestare un danno non indifferente. Eppure, il loro design non è come adesso lo possiamo vedere. Bozzetti sparsi un po’ su Internet, indicano come questi nemici risalgano a dei particolari aracnidi giganti.

L’idea della tribù degli Sheikah

Breath of the Wild
Grafica di un personaggio Sheikah

Gli Sheikah, apparsi per la prima volta in Ocarina of Time, sono un popolo misterioso, abili maestri nei combattimenti corpo a corpo e sia nella creazione e l’uso della magia primordiale. Devoti assoluti alla famiglia reale di Hyrule – e alla principessa Zelda -, hanno sempre avuto come primo obiettivo di difenderla e rispettarla. Le lande, ancor prima che l’oscurità apparisse, erano difese con estremo coraggio da loro, con l’ausilio dei citati Guardiani e arti magiche. Sembrano avere un legame con il villaggio Karariko. E l’idea generale, ragionando, è simile a quella di un presunto popolo di Shinobi, dei Ninja Giapponesi velati e devoti alla famiglia Reale di appartenenza. Le similitudini sono affiancate e supportate dal tipo di vestiario che essi indossano continuamente, sebbene raramente si facciano vedere.

Come potete ben vedere dal design art qui accanto, lo stile è molto riconducibile e la posizione della spada rende il tutto più palese. I volti sono temprati dalle battaglie, dagli scontri celati nell’ombra. Il simbolo che hanno stampato, è il simbolo degli Sheikah, apparso per primo nel personaggio di Sheik, in Ocarina of Time, che aiuta il protagonista Link.

Esistono inoltre dei personaggi dalla contrapposizione malvagia, per puri scopi personali, che sono i Yiga. Clan, apparso in Breath of the Wild infatti, che vestono di rosso e sono al servizio di Ganon. Sono Sheikah convertiti, perché assoggettati dalla calamità per non farsi sopraffare, o possibilmente dall’animo debole e facilmente corruttibile. Venerano il maestro Koga, entità cattiva che vortica nel gioco.

Si potrebbe parlare di tutto ciò per tantissimo tempo, anche perché abbiamo solo scalfito il concetto stesso di videogioco, analizzando solo alcuni aspetti interessanti che andavano spolverati, in attesa che – se la consistenza dei rumor si facesse più impellente – un nuovo gioco di The Legend of Zelda open world si possa manifestare.

Rispondendo all’interrogativo della nostra discussione: l’idea è frutto di un sinonimo, di un connubio tra realtà e immaginazione, e nasce principalmente nelle menti di chi vuole evolversi donando al mondo intero – o ad un gruppo ristretto di persone – qualcosa di speciale. L’arte, in un videogioco, rappresenta molto, l’essenza stessa di un titolo. La giocabilità è l’aspetto successivo del concept, poiché il gioco vuole assurgere a ciò che un semplice racconto scritto in un libro o visto al cinema in trasposizione non può ancora fare; ed è fisiologico, per un videogiocatore, vivere una storia concepita da un altro uomo, assieme a degli sviluppatori, e dipanare meccaniche che offrono sempre uno spunto interessante nella vita.

Io sono Aluinir e per me il videogioco è un’arte, una trasposizione di un’idea, un impulso mentale, vista in una figura in grado di muoversi elettronicamente. E voi, cosa ne pensate? Il videogioco è fine a se stesso, oppure può raggiungere obbiettivi superiori al concetto di gioco e basta?

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Ultimo aggiornamento: 2024-01-15 at 16:50