DYING: Reborn - Nintendo Switch Edition

DYING: Reborn – Nintendo Switch Edition – Recensione

Amanti degli escape room a rapporto! Sta arrivando DYING: Reborn – Nintendo Switch Edition!

Dopo averci deliziati con un interessante platform nel quale un ninja deve saltare all’impazzata tra una piattaforma all’altra con precisione millimetrica (Shio) ed un riuscitissimo horror psicologico bidimensionale (Detention), i ragazzi di Coconut Island Games decidono di indossare la veste di publisher e puntare tutto su un’avventura tridimensionale in prima persona che ci farà risolvere una grande quantità di enigmi mentre verremo costantemente braccati da un cattivone dall’aspetto decisamente bizzarro. Stiamo parlando di DYING: Reborn, che dopo aver fatto molto parlare di sé su altri lidi ed aver fatto visita anche al mondo delle esperienze VR, è più emozionato che mai nel portare su Nintendo Switch (il prossimo 17 gennaio) la sua strana formula assieme a qualche minima ritoccatina atta a mettere a tacere alcune delle critiche più pesanti che gli vennero fatte in precedenza… ma non tutte.

E’ bene che sappiate fin da subito, infatti, che il titolo firmato NEKCOM Entertainment non è affatto esente da difetti, ma vi dico già da ora che tutti quelli che sono riuscito a stilare in fase di analisi spesso sono affrontabili con un semplice sorriso. Sì, perché il gioco nonostante le limitazioni imposte dal basso budget con il quale è stato realizzato riesce ad intrattenere dannatamente bene gli amanti del genere al quale questo appartiene. Io, che sono stato svezzato a pane e Zero Escape, ho trovato in DYING: Reborn esattamente quello che qualsiasi videogioco dovrebbe saper fare, ossia accompagnarci anche una volta riposto il controller continuando a sedurci per farci ritornare il prima possibile ad accendere la console. La natura ibrida di Nintendo Switch farà sì che prima o poi la vostra batteria si scarichi proprio sul più bello (il titolo è decisamente avido di risorse in tal senso) ed è proprio allora che vi renderete conto che il tempo che impiegherete a raggiungere il preziosissimo alimentatore si rivelerà perfetto per ragionare a mente fredda sull’ennesimo enigma proposto dal gioco.

DYING: Reborn
Dieci importanti regole per chi vuole proseguire nella lettura di questa recensione!

Ciao Metthew, voglio fare sei giochi con te

Nel gioco vestiremo i panni di Metthew, un uomo ritrovatosi apparentemente senza memoria imprigionato all’interno dell’enorme hotel “Last Harbour” alla ricerca di Shirley, la sua sorellina scomparsa.  Il passato del protagonista non è certo dei più limpidi nemmeno sotto il punto di vista etico e morale, ed è proprio per questo che un misterioso individuo che si presenta a noi sotto il nome di “La guida” ci ha condotti in questo luogo desolato, dal quale dovremo in tutti i modi cercare di fuggire, possibilmente accompagnati dalla persona per la quale ci siamo fatti coinvolgere in questo ben escogitato tranello.

DYING: Reborn
Senti ciccio, se vuoi parlare con me almeno mostrami tutta la maschera!

Il nostro interlocutore lo avete già conosciuto nella copertina di questa recensione; un personaggio anonimo che ha deciso di coprire il proprio volto con una (non eccessivamente) inquietante maschera capace di dargli le sembianze di un pesce. L’uomo triglia, così ho deciso di chiamarlo durante la mia run di gioco, ci accompagnerà, attraverso video trasmessi tramite alcuni televisori (in pieno stile Saw: l’enigmista), lungo un totale di sei livelli mettendoci alla prova con diversi enigmi e siparietti che personalmente non sono mai riusciti a mettermi veramente nella situazione di sentirmi poco al sicuro.

Il motivo è presto detto: nonostante l’atmosfera macabra e spesso misteriosa, non vi saranno mai situazioni degne di farci credere di avere a che fare con un titolo horror. I pochi tentativi di jump scare presenti li ho vissuti, infatti, più come momenti alternativi per procedere (a volte questi sbloccano indizi o oggetti indispensabili) che come pretesti riusciti per enfatizzare l’atmosfera di solitudine all’interno della quale dovremmo immergerci.

DYING: Reborn
Un corridoio dall’aspetto decisamente poco sicuro!

Nintendo Switch Edition

La versione per Nintendo Switch di DYING: Reborn mette a tacere due degli elementi più criticati del gioco. Il primo di questi è il pessimo doppiaggio (inglese) che oltre a far rabbrividire i giocatori era in grado di rovinare parzialmente l’atmosfera dell’intera avventura. E cosa c’è di più saggio per aggirare tale difetto se non quello di rimuoverlo completamente? Ebbene sì, avete capito benissimo, la versione Nintendo Switch si spoglia di qualsiasi parlato, facendo valere molto di più i rumori ambientali (che purtroppo suonano vecchi) rispetto alla voce del protagonista. Scelta comprensibile, certo, ma che penalizzerà noi italiani che avremo a che fare con solo stringhe di testo in lingua inglese che hanno il brutto vizio di scorrere automaticamente spesso senza nemmeno darci il tempo di leggerle in tutta la loro interezza.

Il secondo difetto del gioco è stato affrontato in maniera più responsabile. Molti giocatori hanno lamentato diversi buchi nella trama, che qui sono finalmente stati colmati attraverso una gran quantità di documenti collezionabili che riescono finalmente a fare luce su avvenimenti passati ed in grado di giustificare ciò che sta avvenendo all’interno del Last Harbour. Attenzione solo a scovarli tutti!

DYING: Reborn
Ok, quella torta sul tavolo ha un aspetto poco invitante. Non ditemi che devo mangiarla eh!

Enigmi enigmatici!

Aggirati questi due grandi difetti, però, DYING: Reborn continua a portare all’interno di sé alcune scelte di design che ne minano in parte l’esperienza di gioco. Gli enigmi infatti spesso sono inutilmente troppo criptici ed il giocatore non abituato a questo genere di avventure potrebbe trovare serie difficoltà a fuggire addirittura dal primo livello. Questo infatti contiene al suo interno due dei più anti intuitivi enigmi di tutto il gioco, in grado di far letteralmente abbandonare il titolo al giocatore finito per caso all’interno dell’hotel (magari attirato dal prezzo economico delle sue camere). Stavo per cascarci pure io, lo ammetto, ma fortunatamente ne sono uscito vincitore, e considerando quanto di più buono c’è subito dopo ne sono stato piacevolmente soddisfatto.

DYING: Reborn
Qualche esibizionista si sta aggirando nudo per l’hotel! Questi si che è horror!

C’è da dire, comunque, che tolti quei due/tre puzzle veramente complessi da interpretare, ciò che rimane è sempre in grado di intrattenere in maniera intelligente coloro che sono stati sufficientemente determinati da fuggire al primo grande scoglio. Potendo ignorare certe decisioni discutibili, come la ripetitività di certi oggetti che vanno raccolti ogni volta come non li avessimo mai posseduti in stage precedenti o valigette riproposte con la semplice variante della combinazione diversa, rimane un solo ultimo neo, ossia il comparto estetico che non riesce a brillare completamente.

Le immagini generate dal motore di gioco, infatti, sembrano essere state esageratamente compresse e, di conseguenza, gran parte degli effetti di luci ed ombre ne escono altamente penalizzati. Questo fa sì che il feedback complessivo sia quello di avere a che fare con un titolo vecchiotto, anche se pur sempre godibile. In ogni caso a livello tecnico il gioco gira sempre fluido sia in modalità portatile che quando questa viene riposta nel dock, segno che almeno sotto il punto di vista dell’ottimizzazione la conversione è stata effettuata con un certo criterio.

DYING: Reborn
“Prego si accomodi” è esattamente quel tipo di frase che non vorrei sentire in queste situazioni!

Riassumendo, dunque, ho avuto modo di provare un gioco dotato di una grafica d’antiquariato, con un comparto sonoro altrettanto datato, ed alcuni limiti sia nel gameplay che nel comparto dedicato alla risoluzione dei puzzle. Nonostante questo, però, sento di dover dare merito ai ragazzi di NEKCOM Entertainment di aver creato un’esperienza comunque coinvolgente ed in grado di intrattenere i giocatori che, come me, sono particolarmente attratti dal genere degli escape room. È una merce rara che non potrà mai essere alla portata di chiunque, ed è per questo che non posso sicuramente consigliare DYING: Reborn a tutte le tipologie di giocatori. Se in ogni caso pensate di poter soprassedere sui difetti sopra analizzati, credo che per il costo di appena 8,39€ sarà veramente difficile pentirsi dell’acquisto. L’occasione rimane comunque sprecata, con un po’ di accortezza in più il gioco avrebbe potuto davvero imporsi come punto di riferimento per la piccola ibrida Nintendo, speriamo che il team di sviluppo abbia imparato la lezione e che lavori presto su un nuovo capitolo degno delle ottime idee di fondo introdotte in questo primo esperimento.

DYING: Reborn - Nintendo Switch Edition
DYING: Reborn – Nintendo Switch Edition – Recensione
PRO
Enigmi mai banali…
Ambientazione interessante
Buon rapporto prezzo/longevità
CONTRO
…ma alcuni per nulla intuitivi
Eccessiva compressione delle immagini, che penalizza gli effetti luce
Qualche scelta di gameplay discutibile
6.6
chi ha paura di un pesciolino?