Kingdom Two Crowns: Shogun

Kingdom Two Crowns – Recensione

Ultimamente, sto riscoprendo la gioia di giocare ai gestionali. Mi sono letteralmente infognato con Game Dev Studio, al punto che faccio ore e ore di gioco senza rendermene assolutamente conto – con conseguenti sensi di colpa e paranoie. Devo dire, era qualche tempo che un genere di videogiochi intero mi prendesse fino a questo punto. Ho sempre pensato di me come il classico nerdaccio da GDR spade e dragoni, senza tuttavia disdegnare ogni tanto qualche partitella ad un Total War o all’intramontabile Age of Empires (il 3, per la precisione). Nonostante non facciano parte del mio ‘genere di appartenenza’, la quantità di ore di vita che questi giochi mi hanno succhiato è imbarazzante – non tanto il totale quanto la quantità di ore di fila che questi giochi ti tengono incollato senza lasciarti tornare nel mondo reale. Ognuno di questi giochi appena citati è famoso per la quantità di meccaniche, le varie interazioni fra di loro le possibilità offerte al giocatore. Total War Medieval II, per esempio, ha una profondità ed una possibilità di personalizzazione dell’esperienza che dopo anni rimangono pressoché intatte. La bontà di questo sistema nasce dal numero elevato di modi in cui il giocatore può gestire il proprio territorio, rappresentando così la base per scelte dal sapore decisamente politico. Insomma, per farla breve, questi erano (e sono) giochi complessi dal punto di vista del gameplay, che va capito e studiato a fondo – anche grazie agli immancabili tutorial, senza i quali tutti quanto sarebbe quasi ingiocabile. Ma veniamo a noi. Verso metà Dicembre, sulle nostre console è arrivato Kingdom Two Crowns, seguito di Kingdom Classic e Kingdom New Lands. A differenza dei colossi detti sopra, Kingdom si differenzia per un approccio a prima vista minimalista, ma che nasconde una profondità ed una quantità di interazioni che hanno poco da invidiare a altri titoli gestionali tripla A.

kingdom two crowns

Le differenze rispetto al primo capitolo sono numerose, prima fra tutte l’abbandono di una concezione rogue-lite che costringeva il giocatore a ricominciare tutto da capo dopo il game over. In Two Crowns, invece, qualora il nostro personaggio dovesse morire, ricominceremmo nei panni di un erede che ha il compito di ripristinare il regno decadente del suo defunto predecessore. In ogni caso, andiamo con ordine.

In Kingdom Two Crowns vestiamo I panni di un re solitario. Un fantasma ci guida verso un pianoro, dove costruiremo il nostro primo accampamento. Dopo aver reclutato un paio di mendicanti ed avergli assegnato il mestiere o del carpentiere o dell’arciere, la nostra guida se ne va, lasciandoci con un solo consiglio ‘build, expand, defend’ – costruisci, espandi, difendi. D’altronde, questo è il mantra del gioco e lo vedremo ripetuto spesso. Infatti, tutta l’esperienza ruota attorno a questi tre obiettivi, raggiungibili tramite l’utilizzo di monete (altro su questo aspetto più avanti).

Tutto quello che potremmo fare sarà muoversi avanti e indietro in questa mappa orizzontale, accogliendo nuovi cittadini e sfruttando le risorse sull’isola. Il gioco non ci da degli obiettivi precisi, non ci dice cosa possiamo o non possiamo fare. Tutta l’esperienza di Kingdom Two Crowns si basa su un processo di ‘prova ed errore’, sullo sfruttare interazioni che il gioco ci mette a disposizione e vederne le conseguenze. Niente di quello che ‘inneschiamo’ è reversibile. Bisogna accettare i risultati delle proprie azioni e riconoscere il valore dell’ignoto che si cela dietro ad ogni nostro sforzo. Se quello che facciamo ha alla fine un esito (inaspettatamente) positivo, la soddisfazione che si prova è incredibile. Spesso mi sono ritrovato ad esclamare ‘Ah! Ma allora posso fare questo!’. Ritengo che l’essenza di Kingdom Two Crowns sia proprio questa. La sorpresa che si prova quando scopriamo una nuova interazione, magari perché abbiamo sbloccato una tecnologia specifica o anche solo (e soprattutto) per caso. Il grande valore aggiunto di Kingdom Two Crowns è esattamente la quasi assenza di momenti morti, noiosi, che di solito piagano i giochi gestionali. ‘Ma se provassi questo?’, ‘Ah, quindi se faccio così poi non posso fare così’, ‘Oh mio dio, posso volare!’ e così via. Cuore vivo e pulsante del gioco è la voglia di provare e la sensazione di scoperta che le nuove interazioni regalano. Per questo, non me la sento di addentrarmi troppo nelle pieghe più profonde del gameplay, perché è il giocatore stesso che le deve scoprire.

Il gioco si svolge su più isole, ognuna delle quali possiede una tecnologia o una risorsa particolare che sbloccherà altre interazioni anche nelle isole visitate precedentemente. Solitamente ai due estremi, sono presenti dei portali dai quali nascono i nemici: i Greed (avarizia), che vogliono rubarci tutte le nostre monete ed infine la nostra corona, che decreta la sconfitta del sovrano. Questi piccoli esserini neri, inoltre, sono in grado di levarci anche i sudditi, prima rubandogli la professione (martello, arco, falce etc.) e dopodiché levandogli una moneta, facendoli quindi ritornare dei mendicanti.

kingdom two crowns

Per la mappa, ci muoveremo su una cavalcatura. Attraverso l’utilizzo delle gemme (l’altra rarissima valuta di gioco) potremmo cambiarla, da un cervo gigante fino ad arrivare ad un grifone, per esempio. Inutile dire, ogni nuova cavalcatura ha un’abilità segreta che se sfruttata, risulta di grandissimo vantaggio per le nostre tasche. Ma di nuovo, il bello di Kingdom è esattamente scoprire quali siano queste interazioni nascoste.

Dopo aver sfruttato il più possibile le risorse di un’isola, arriva il momento di spostarsi su un’altra. Per farlo, dovremmo riparare una nave, la quale via via diventa sempre più costosa e complicata da aggiustare. Ovviamente, il tempo continua a scorrere e così gli accampamenti che ci lasceremo dietro cominceranno a decadere fino a che non faremo ritorno per ripristinare lo stato delle cose.

Ad aggiungere ulteriore carne al fuoco c’è un ciclo giorno/notte e delle stagioni. Inutile dire che i cattivoni escono fuori di notte, e che la stagione invernale sia la più dura da superare. Infatti, con il freddo, le nostre campagne non produrranno più e non ci saranno così tanti animali da cacciare. In tutta onestà, questa fase di gioco risulta vagamente noiosa, siccome non dovremmo fare altro che aspettare che tutto finisca, così che si ritorni a guadagnare i soldi che mandano avanti il nostro regno.

Il comparto grafico e artistico è semplicemente superbo. La grafica in pixel-art è meravigliosa, con colori accesi, decisi, giochi di luci e riflessi che lasciano incantati. Stesso discorso si può fare per la colonna sonora. Non sempre ci sarà una musichetta ad accompagnare i nostri spostamenti, ma le varie canzoni sono di fattura pregevole, capaci di creare atmosfera e di coinvolgere ancora di più il giocatore nel mondo di gioco.

kingdom two crowns

Non è tutto oro quel che luccica, però. I problemi maggiori che ho riscontrato riguardano la meccanica delle valute e il borsello. Innanzitutto, in Kingdom Two Crowns vengono aggiunte le gemme, che vengono utilizzate per sbloccare le cavalcature o determinati ‘edifici’. Il fatto è che queste occupano uno spazio maggiore nel borsello, che non può essere migliorato, anzi. Qualora le nostre ricchezze siano eccessive, ecco che vedremo monete e gemme cadere nel fiume di fronte a noi. Una grande scocciatura – soprattutto se si passa la maggior parte del gioco ad accumulare ricchezze, per poi sprecarle in questo modo.

L’altro aspetto che proprio non riesco a mandare giù di Kingdom Two Crowns è il significato della meccanica di gioco principale: le monete. Per fare qualsiasi cosa, ci servono i soldi – ovviamente. Ma il gioco fonda ogni tipo di relazione solo ed unicamente sul denaro: i nostri sudditi saranno tali perché gli abbiamo dato una moneta. Allo stesso modo, se i Greed glie la levano, quelli non ci seguiranno più. Il messaggio che traspare da questo tipo di meccanica è che per essere un re, per essere un leader, è necessario avere soldi, denaro, dai quali deriva il potere. Non c’è niente di più sbagliato, e basta semplicemente studiarsi il personaggio di Frank Underwood (House of Cards), per esempio, per capire che le cose non sono così semplici. Certo, questo aspetto così superficiale è sicuramente derivato dalla natura minimalista di Kingdom Two Crowns. Tuttavia, mi sarebbe piaciuto se tutto ciò fosse stato affrontato con un piglio più critico, più consapevole, invece di essere presentato come un dato di fatto. Nonostante il gioco sia molto divertente, ben fatto, una gioia per gli occhi e per le orecchie, la narrativa delle meccaniche di gioco rimane inesplorata risultando così in una sorta di discrepanza tra quello che uno si aspetta e quello che il gioco presenta.

kingdom two crowns

In ogni caso, Kingdom Two Crowns è un gioco molto bello, che crea dipendenza: se siete fan dei gestionali e della grafica in pixel-art, questo gioco vi terrà incollati per un numero di ore ‘vergognoso’. Inoltre, il gioco arriva sulle nostre console con già una sorta di espansione: all’inizio, potremmo scegliere di giocare la versione base, che presenta un’estetica più occidentale, oppure quell’altra dove vestiremo i panni di uno shogun in spazi che ricordano il Giappone feudale. Mentre la versione base propone la stessa esperienza del primo Kingdom – con tutte le dovute differenze e novità del nuovo capitolo – la versione parallela risulta leggermente più difficile e con qualche tipo ‘diverso’ di interazione . Altra aggiunta di questo sequel è la modalità cooperativa locale e online: semplicemente, si gioca la campagna insieme ad un amico che risulta quindi più facile, perché in quel momento saremmo in due a vegliare sulle nostre terre. Per la versione Nintendo Switch, l’online verrà implementato tra un po’ di tempo, mentre le altre versioni possono già farne uso (seppur con qualche bug).

Per concludere, Kingdom Two Crowns regala un’esperienza unica nel suo genere, sia per la semplicità delle meccaniche sia per la quantità di interazioni e possibilità che queste stesse meccaniche danno al giocatore, motivandolo a continuare a provare e a sbagliare, a tentare nuovamente e scoprire ogni volta qualcosa di nuovo.

Kingdom Two Crowns: Shogun
Kingdom Two Crowns – Recensione
PRO
Comparto artistico e grafico superbo
Meccaniche minimaliste, ma con tantissime interazioni diverse
Crea una forte, fortissima dipendenza
CONTRO
Il borsello delle monete poteva essere gestito meglio
La narrativa della meccanica di gioco principale la ritengo non credibile, personalmente
7.8
Il mio regno per un po' di gemme!