Valiant Hearts: The Great War

Valiant Hearts: The Great War – Recensione

Se c’è una cosa sulla quale sono fortemente convinto, è che gli utenti Nintendo meritavano di poter giocare a Valiant Hearts: The Great War sulla loro console casalinga. Questo già nel lontano 2014, quando il titolo firmato Ubisoft Montpellier uscì su tutte le piattaforme dell’epoca ignorando completamente WiiU, l’ammiraglia della grande N che con il suo bel paddone aveva già da poco ospitato il bellissimo Child of Light di Ubisoft Montréal. Fortunatamente è inutile piangere sul passato, ora che entrambe queste grandiose produzioni sono state finalmente rese disponibili su Nintendo Switch attraverso due versioni rivisitate per adattarsi al meglio a quelle che sono le feature che stanno rendendo celebre la piccola ibrida Nintendo.

Per chi non conoscesse Valiant Hearts: The Great War, questo altro non è che un’avventura in 2D fortemente incentrata sulla storia all’interno della quale saremo richiamati a vivere alcuni degli avvenimenti della prima guerra mondiale, che faranno da filo conduttore per una trama di fantasia che ben presto scopriremo essere più verosimile di quello che vorremmo. Un’attenzione nei particolari e la ricerca di un’accuratezza storica senza sbavature, resa possibile anche grazie alla collaborazione con gli autori della serie-documentario Apocalypse World War 1 e con l’associazione francese Mission Centenaire 14-18, son gli ingredienti chiave grazie ai quale questa interessantissima produzione riuscirà ad immergerci nel vivo di un mondo ludico capace allo stesso tempo di intrattenerci e di sensibilizzarci su un tema molto spesso ignorato dai videogiochi.

Valiant Hearts: The Great War
Non ti preoccupare, mia cara, ce la caveremo tutti… forse!

Dopo aver assistito all’incipit di Valiant Hearts: The Great War, che funge da rapido riassunto con il quale ci vengono ricordati gli avvenimenti che diedero il via al conflitto mondiale nel mai troppo lontano 28 luglio 1914, ci verranno presentati i personaggi che ci accompagneranno durante l’avventura. Siamo nel piccolo paesino di St. Mihiel, in Francia, e a ricevere la tremenda notizia è la famiglia di Karl, cittadino tedesco che viene richiamato dal suo popolo per affrontare quella che da lì in avanti verrà ricordata come la Prima Guerra Mondiale. Strappato ai suoi cari, Karl lascerà la moglie Marie ed il figlio appena nato Victor così come Emile, il padre della sua amata che a breve verrà anch’esso reclutato come cuoco nelle truppe dell’esercito Francese. Durante i vari scontri incontreremo presto anche Anna, una giovane infermiera, e Freddie, un soldato americano che ha deciso di reclutarsi spontaneamente dopo che la guerra gli strappò dalle braccia l’amore della sua vita. A questi si aggiungerà presto il piccolo Walt, un cane che funge da punto di contatto tra i personaggi e che saprà aiutare chiunque, incurante di quale sia l’uniforme indossata. Le vicende narrate sono ovviamente inventate, ma si riveleranno molto presto molto credibili, soprattutto dopo che prenderemo consapevolezza sugli orrori accaduti realmente sul fronte franco-tedesco, che farà da sfondo all’intera narrazione.

Valiant Hearts: The Great War
Una sezione di gioco che ci sensibilizza sugli avvenimenti che portarono alla distruzione della città di Reims.

Prendendo parte ai vari stage che frammentano il gioco, ci ritroveremo a gestire un gameplay tipico delle avventure punta e clicca infarcite di elementi di puzzle solving. Le azioni a nostra disposizione sono poche, e consistono semplicemente nella possibilità di muoverci e di sferrare un attacco con il quale stordire nemici (se presi alle spalle) abbattere fragili barriere o scuotere elementi ambientali. Per completare gli stage sarà, dunque, spesso necessario affidarci a numerosi oggetti ottenibili nei modi più disparati e da utilizzare per poter procedere. C’è da ammettere che i puzzle non saranno mai capaci di far andare in fumo i nostri neuroni, così come gli stage non saranno mai troppo vasti da causarci disorientamento, ma il gioco ci offrirà comunque un sistema di aiuti (a patto che non abbiate selezionato la modalità Veterano che li disabilita) grazie ai quali è impossibile rimanere bloccati.

E’ bene sottolineare comunque come tutte le azioni che dovremo compiere non fungeranno mai da riempitivo, risultando sempre ben integrate con gli avvenimenti narrati. Se in uno stage Emil per ottenere un vasetto di china, necessario per scrivere una lettera alla figlia Marie, bisognerà barattare tale oggetto con un calzino (da lavare e successivamente asciugare), sappiate che durante il conflitto rimanere con i piedi bagnati poteva essere fatale e che, dunque, tale stratagemma ludico va inteso sempre avendo in mente un quadro generale molto più ampio.

Anche il cane Walt saprà rendersi utile in più di un’occasione. Seppure non potremo controllarlo liberamente, questo eseguirà ogni ordine che gli verrà impartito risultando fondamentale in tutte quelle occasioni nelle quali un nostro intervento diretto potrebbe causarci la morte. Walt, infatti, non sarà mai attaccato dai nemici, e quindi sarà un fido alleato capace di muoversi con estrema discrezione.

In tutto questo ne esce sconfitta, in parte, solo Anna l’infermiera. In alcuni frangenti questa dovrà prendersi cura dei feriti attraverso un banale minigioco in stile quick time event, del quale probabilmente nessuno avrebbe sentito la mancanza. Ma non abbiate paura, come vedremo più avanti la valorosa volontaria saprà comunque riscattarsi in sezioni molto più esaltanti!

Valiant Hearts: The Great War
Se Walt si prende cura di Karl, è giusto che anche Karl si prenda cura di Walt con una pratica maschera antigas!

Prima ancora di essere un videogioco, Valiant Hearts: The Great War vuole presentarsi al pubblico come un progetto educativo; ed è proprio per questo che durante ciascun livello sarà possibile imbattersi in numerosi collezionabili sapientemente collocati, che ci offrono una finestra sulle realtà che accompagnarono coloro che la guerra tra il 28 luglio 1914 ed il 11 novembre 1918 l’hanno combattuta per davvero. Ogni oggetto che riusciremo a fare nostro, infatti, ci fornirà alcune informazioni su quella che era la vita dei soldati al fronte e di come questi vivessero le loro giornate. Tra i reperti più interessanti, potremo mettere le mani sui diversi tipi di piastrine adottate dai vari eserciti al fine di riconoscerne i propri caduti, su alcuni manufatti ricavati dagli uomini da oggetti di scarto quotidiani e su interessanti lettere inviate da e verso il fronte.

Anche i fatti storici che fanno da sfondo agli stage, ben differenziati tra loro, sono riassunti all’interno di un piacevole diario. Leggerne il contenuto non solo ci donerà di alcuni aneddoti legati alla prima guerra mondiale, ma ci farà lentamente rendere conto di come il level design dell’intero gioco ne sfrutti il potenziale per creare enigmi mai fini a se stessi e sezioni di gioco estremamente contestualizzate. Per fare un esempio molto semplice, ben presto ci verrà narrato di come venne introdotto l’uso delle mitragliatrici durante il conflitto, e di quelle che erano le limitazioni nel loro utilizzo. Tale micidiale arma, infatti, tendeva a surriscaldarsi dopo lo sparo di circa 200 proiettili, obbligando il suo utilizzatore a prendere delle piccole pause per non ritrovarsi tra le mani un oggetto inutilizzabile; in tale stage, “casualmente”, dovremo sfruttare proprio questi attimi per procedere e mantenere salva la nostra pelle e quella dei nostri compagni. Di esempi del genere ce ne sarebbero a volontà, legati alle guerre di trincea e alla terra di nessuno, ai combattimenti sotterranei di Vauquis, all’utilizzo per la prima volta del gas cloro e di come per sopravvivere l’unico metodo era quello di coprirsi bocca e naso con un panno imbevuto di urina; mettete le mani sul gioco e vi assicuro che ne rimarrete ammaliati dall’enorme potenziale educativo.

Valiant Hearts: The Great War
Mi dispiace amico mio, per sopravvivere c’è solo una cosa da fare!

Sul fronte tecnico non c’è veramente nulla da criticare nel lavoro di Ubisoft Montpellier. L’utilizzo dell’UbiArt FrameWork (il motore grafico proprietario utilizzato dalla casa francese a partire da Rayman Origins) ha permesso al team di sviluppo di realizzare una piacevolissima avventura grafica in 2D che non ha nulla da invidiare alle produzioni tripla A. Lo stile cartone animato -con i suoi tratti grossi e decisi- riesce a trasmettere gli orrori della guerra senza la necessità di doverli rappresentare a schermo con tutta la loro violenza, ma allo stesso tempo permette al giocatore di metabolizzare una narrazione dipanata attraverso racconti che di pacifico hanno ben poco.

Ultimo aggiornamento: 2024-04-25 at 01:50

Anche l’accompagnamento sonoro aiuta in questo, e ci saprà emozionare attraverso musiche evocative ed effetti sonori spesso devastanti. Il titolo è completamente (e ottimamente) doppiato in italiano per quanto riguarda la narrazione, mentre i vari personaggi durante le fasi di gioco si esprimono attraverso brevissime frasi nella loro lingua (semplicissimi “Merci Beaucoup” o “Thank you Very Much my Friend”), aumentando ancora una volta il coinvolgimento del giocatore. Interessanti anche alcuni stage che ci vedranno guidare veicoli nei panni di Anna, mentre fugge da pericoli che cercheranno di farci fuori a ritmo di musica. Tali sezioni non offrono una vera e propria sfida, in quanto infarcite di checkpoint e prive di collezionabili, ma fungono da interessante punto di congiunzione tra i quattro grandi capitoli attraverso i quali vengono narrate le vicende.

La conversione su Nintendo Switch è risultata ottimamente realizzata e sull’ammiraglia Nintendo Valiant Hearts: The Great War si presenta fluido sia in docked che in portatile. Proprio su quest’ultima modalità è possibile fruire del gioco anche attraverso i controlli touch offerti dallo schermo della console; una configurazione ben realizzata e molto comoda, che però in questo contesto non fa sentire la sua mancanza qualora decidessimo di giocare comunque attraverso i controlli standard. Niente da segnalare nemmeno per quanto riguarda glitch e bug, la conversione del titolo ne esce inattaccabile anche dopo le circa 7 ore necessarie per portarlo a termine.

Dal menù principale sarà possibile anche accedere ad un contenuto Extra, decisamente interessante, che racconta attraverso un fumetto quello che era il ruolo dei cani durante il conflitto.

Se mi doveste chiedere cosa penso di Valiant Hearts: The Great War in poche, semplici parole, vi direi che questo rappresenta un progetto dal valore produttivo inestimabile, capace di accompagnarci attraverso un racconto poetico e devastante allo stesso tempo. Non mi vergogno nemmeno nel dirvi che il finale è riuscito a strapparmi qualche lacrima, nonostante lo stessi rivivendo per la seconda volta (giocai già il titolo all’epoca su PS4). Viene da sé che, seppure Valiant Hearts rappresenti probabilmente uno dei titoli migliori di sempre per quanto riguardi il mio bagaglio culturale videoludico, io possa consigliarne l’acquisto veramente a chiunque, senza il timore di essermi fatto prendere troppo dalla soggettività del caso. Le carte in tavola sono tante e sono state sfruttate a dovere, al punto tale che continuerò sempre a sperare in un nuovo progetto, magari basato sulla Seconda Guerra Mondiale.

Valiant Hearts: The Great War
Valiant Hearts: The Great War – Recensione
MODUS OPERANDI: Ho giocato a Valiant Hearts: The Great War grazie ad un codice gentilmente offerto da Ubisoft Italia. Non era la prima volta che giocavo a questo interessantissimo progetto di Ubisoft Montpelier e sono riuscito a finirlo tutto d'un fiato (collezionabili compresi) nel giro di circa 7 ore!
PRO
CONTRO
9.5
VALIANT ART!