Epic Loon

Epic Loon – Recensione

Per convincervi di quanto Epic Loon sia un gioco fuori di testa sono fermamente convinto che una recensione non sarebbe nemmeno necessaria. Il titolo, nato dalle menti che si celano dietro lo studio di sviluppo indipendente Macrales Studio, nasce molto probabilmente dal desiderio di offrire al grande pubblico un titolo dal sapore retrò in grado di attirare l’attenzione su di sé non con l’ormai troppo sopravvalutata pixel art ma con una idea semplice basata interamente su un impatto estetico che ci catapulterà fin dal primo istante negli anni d’oro dell’epoca VHS.

Se ci fermassimo solo all’apparenza, cosa che molto probabilmente è bene fare per inquadrare fin dal primo istante la produzione, l’approccio iniziale con il gioco potrebbe essere piuttosto spiazzante. L’idea di viaggiare con i ricordi attraverso una resa grafica volutamente “disturbata” può sicuramente attirare molti giocatori alla ricerca di qualcosa di piuttosto strano e sicuramente diverso dal solito, ma si scontra con una certa ripetitività di fondo che a lungo andare potrebbe portare – se non gestita attentamente dagli sviluppatori – non solo a noia ma addirittura ad un vero e proprio rigetto di tutta l’impalcatura scenica.

In occasione con il suo lancio all’interno del Nintendo Switch Shop non potevamo certo perdere l’occasione per provare questo strano Epic Loon con il solo obiettivo di guidarvi al suo eventuale acquisto definendo in vostra compagnia la tipologia di utenza al quale questo cerca di puntare.

La trama di Epic Loon, palesemente costruita per giustificarne il comparto artistico d’eccezione, ci introdurrà alle vicende narrate attraverso un breve filmato introduttivo realizzato interamente in un set cinematografico (con tanto di arredamento tipico degli anni ’80 e ’90) e riprodotto anch’esso come se provenisse da una vecchia e malandata videocassetta. Faremo così la nostra conoscenza di Joey Ernie Chips Douglas, che d’ora in avanti chiamerò Joe, un giovane nerd cinofilo alle prese con il peggiore dei suoi incubi: durante la visione di uno dei suoi film preferiti il televisore inizia a fare i capricci, costringendolo a spegnere il suo adorato dispositivo ed a dirigersi a gran velocità verso il suo negoziante cinese di fiducia nella speranza di trovare al più presto possibile una soluzione al suo problema. Joe è ignaro di come ben presto si pentirà di aver accettato la soluzione proposta, rappresentata da un VHS speciale in grado (a detta del rivenditore) di ripulire il suo apparecchio elettronico. Vuoi per la sua fretta di risolvere, vuoi per via del fatto che il libretto di istruzioni in dotazione è tappezzato di strani personaggi che tanto ricordano i perfidi Gremlins, ben presto il nostro amico si ritroverà con ciascuna delle sue preziose pellicole cinematografiche invase da piccoli alieni il cui obiettivo primario sembra essere quello di rovinarle irrimediabilmente. Duro da vincere Joe deciderà di dichiarare guerra agli invasori attraverso quattro dei suoi film più violenti, nella speranza che questi rimangano definitivamente vittime delle vicende in essi narrate.

In tutto questo c’è un piccolissimo dettaglio che ho volutamente omesso e che è arrivato il momento di svelarvi. Epic Loon non ci catapulterà nei panni di Joe e nel suo disperato tentativo di salvare i suoi VHS ma bensì in quelli dei temibilissimi alieni intenti a distruggerli. Questa scelta creerà fin da subito un feeling molto particolare con il sistema di gioco, che ci permetterà di essere controllato attraverso i piccoli esseri multiforme ma nel contempo di essere vissuto interamente attraverso gli occhi del nerd intento a distruggerci. Da qui l’impatto estetico di tutta l’opera ed i numerosi stratagemmi di design appositamente ideati per mettere quanto più pepe possibile all’azione, dopotutto ricordiamoci che il telecomando è nelle mani di Joe.

Epic Loon nella sua semplicità alto non è che un platform game bidimensionale interamente basato sulla fisica. Nei panni di uno degli alieni invasori verremo lentamente istruiti attraverso un lento tutorial necessario per prendere padronanza con il diabolico sistema di gioco. Il nostro personaggio sarà in grado di assumere due forme tra loro ben distinte: con la prima avremo l’aspetto di un essere stilizzato, le cui forme ricordano molto quelle di una matrioska, e saremo in grado di muoverci attraverso minuscoli saltelli in grado di modificare impercettibilmente la nostra posizione mentre con la seconda potremo assumere l’aspetto di un blob capace di incollarsi saldamente su qualsiasi superficie e successivamente compiere dei lunghi balzi grazie ai quali raggiungere un tentativo dopo l’altro l’uscita di ciascuno stage, rappresentata da un portale dimensionale. Attraverso l’alternanza di tali forme ed il giusto tempismo nel compiere i salti verso la distruzione della pellicola si articola l’intero gameplay del gioco, sadicamente condito di numerose trappole in grado di renderci ciascun tentativo tutt’altro che semplice.

Gli stage, come anticipato, ci vedranno protagonisti di quattro diverse pellicole ispirate ad altrettanti classici degli anni ’80 e ’90. Questi, per ovvie ragioni di copyright sono state rinominate in modo tale da aggirare tale problematica ma comunicare in maniera piuttosto riuscita quella che è la loro musa ispiratrice. È così che potremo rivivere iconiche scene del film Jurassic Park assistendo ai tre atti necessari a portare a temine lo stage denominato Jurassic Land, scalare il corpo di un enorme mostro dal nome Grojira (chiaro riferimento a Godzilla), ed attraversare i fondali di /\|IEN: THE HITCHHICKER e di Nosferacula – provate ad indovinare voi i titoli originali. A chiudere il quadro numerosissimi riferimenti ad ulteriori classici, come per esempio il conosciutissimo pagliaccio IT che ci osserverà incessantemente durante le varie schermate di caricamento.

Se da un punto di vista progettuale il tutto funziona piuttosto bene, a livello pratico l’implementazione di Macrales Studio lascia aperto qualche spiraglio che, nel bene e nel male, va ad influenzare quella che è la resa finale del titolo. Innanzitutto, seppure il motore fisico fa il suo dovere, il level design in più di una occasione sembra lasciare troppo spazio alla casualità. Gli elementi presenti a schermo sono molti e spesso in movimento, di conseguenza è difficile studiare una strategia di risoluzione e quasi sempre ricadremo nel più classico trial and error. In generale non sarebbe stato un grande problema, ma in questo caso gli sviluppatori non hanno stranamente previsto la possibilità di inserire alcuni checkpoint che avrebbero decisamente aiutato a prolungare le nostre sessioni di gioco evitandoci disperati ragequit.

A questo caos generale si aggiunge la scelta degli sviluppatori di obbligarci costantemente a giocare in compagnia di altri 3 alieni, che siano questi controllati da amici vicino a noi o dalla CPU fa poca differenza. Il risultato è un’amplificazione del fattore casuale, conseguenza di comportamenti imprevedibili da parte dell’IA del titolo – che di certo non brilla in strategia ma anch’essa sembra procedere in maniera totalmente casuale. L’unica modalità dove il tutto sembra funzionare è quella denominata “battaglia”, dove lo scopo finale sarà proprio quello di sfidarsi all’ultima morte con quelli che nella campagna principale avrebbero dovuto essere nostri amici. Qui il caos amplifica il divertimento, a patto sempre che abbiate uno o più compagni di joystick.

Tornando velocemente sull’aspetto grafico di Epic Loon, ormai abbiamo capito come il tutto verrà riproposto costantemente attraverso una visuale che cerca di richiamare il più fedelmente possibile quella che verrebbe offerta dalla riproduzione di una classica videocassetta. Le tonalità di colore si affidano quasi esclusivamente al bianco e nero, con qualche eccezione di rosso in prossimità dei numerosi pericoli che causeranno la nostra morte. Nel complesso il tutto funziona, ma tende a stancare la nostra vista più del previsto e quindi se deciderete di acquistare il gioco vi consiglio fin da ora di non dedicarvici in sessioni di gioco troppo lunghe. Il character design lascia un po’ a desiderare mentre invece gli effetti grafici aiutano a dare un po’ di variabilità anche al gameplay; vi ricordo che Joe non solo cercherà di impedirci la nostra missione ma anche che nelle sue mani ha un comodissimo telecomando attraverso il quale aumentare o diminuire la velocità di riproduzione dei filmati.

Per quanto riguarda il comparto audio, curato interamente dalla band Pryapisme, saremo costantemente accompagnati da tracce basate su un metal piuttosto aggressivo e ottimamente amalgamato con sonorità gaming tipiche degli anni ’80. Purtroppo, seppure ottime, le tracce per ovvie ragioni di copyright non hanno potuto richiamare quelle dei film che hanno ispirato i vari livelli e di conseguenza non riescono ad essere funzionali fino in fondo; davvero un peccato!

Tirando le conclusioni, Epic Loon è senza dubbio un titolo che riesce a dare il meglio di sé se giocato in multiplayer locale, motivo per il quale se avevate intenzione di provarlo vi suggerisco fortemente di valutare l’acquisto proprio di questa versione per Nintendo Switch. Nel complesso, purtroppo, non sento di consigliarlo a chiunque per via della particolarità sia del suo gameplay sia del comparto grafico. Se c’è una cosa sulla quale però sono fortemente convinto è che dietro la realizzazione del gioco c’è stata tanta passione e voglia di raccontare una cultura, quella del cinema, che molto raramente vediamo citata all’interno di un videogioco. Ad Epic Loon, per raggiungere le case di più giocatori possibili manca una sola cosa: una demo capace di far toccare con mano la sua follia. Speriamo che gli sviluppatori provvedano quanto prima!

Epic Loon
Epic Loon – Recensione
PRO
Riferimenti al mondo cinematografico sempre azzeccate
Tracce audio curatissime
Comparto grafico molto particolare...
CONTRO
... ma che alla lunga rischia di stancare
Fattore casuale troppo marcato
Character design poco curato
6.2