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Quando c’erano loro… i vecchi dungeon – BorderLine

Chiunque abbia almeno più di 25 anni, anche solo una volta nella vita, ha sentito la mitica frase “Quando c’era lui…”. Bene, nella rubrica più polemica di GameScore, applicheremo questo concetto ad un tema molto particolare: la nuova tipologia di dungeon presente in The Legend of Zelda: Breath of The Wild e la critica più gettonata degli ultimi tempi: “Ah…quando c’erano loro…i vecchi dungeon…”.

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Le gioie dei dungeon 2D…

La saga di Zelda è sempre stata contraddistinta da un’estrema cura per i labirinti, vero fiore all’occhiello di ogni capitolo. Nel 2011 la casa di Kyoto portò all’estremo il concetto di dungeon: con l’uscita di Skyword Sword i labirinti zeldiani subirono un’estremizzazione totale. Il canto del cigno del Wii diede una dimostrazione possente di quelle che sono le capacità degli sviluppatori Nintendo in termini di level design. Il gioco poteva essere considerato, salvo alcune interruzioni, un labirinto unico. Era la visione finale di Aonuma: decentramento della componente action ed esplorativa con conseguente focus principale sui dungeon ed i puzzle ambientali.
La risposta del pubblico fu piuttosto tiepida, producendo forse il capitolo più criticato dell’intera saga. La poca esplorazione fu il punto più discusso, seguito da un combat system troppo particolare relegato ad un IA dei nemici troppo basilare. Risultato: la serie era ormai satura e stantia. Era necessario ripensarla per evitare che cadesse nell’oblio.

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La nuova frontiere dei dungeon zeldiani

Così, nel periodo pre-produzione del nuovo rivoluzionario capitolo per Wii U, fu Hidemaro Fujibayashi a prendere le redini della serie. Missione principale: tornare alle origini. Così, nel 2017, il cambiamento è radicale. Open World completamente esplorabile, poteri acquisiti interamente nelle prime due ore di gioco e, soprattutto, addio al dungeon oggetto-centrico. Con un espediente narrativo abbastanza originale, Nintendo inserisce in questo nuovo capitolo dei dungeon principali che si distaccano profondamente dal passato: via la bussola e via la classica mappa 2D, possibilità di gestire alcuni movimenti dei colossi e rinuncia totale al classico midboss con oggetto principale annesso. Risultato: una maggiore libertà d’azione, sequenze più corte e dungeon più contenuti.

Il cambiamento, oltre ad essere disegnato alla perfezione sulla nuova struttura open world, fu anche obbligato. Consentire ad ogni giocatore di accedere fin da subito ad ogni area del gioco, preclude alla possibilità di avere un oggetto principale in ogni dungeon che ti consenta poi di poter esplorare una nuova area. Immaginate di poter andare in giro ovunque nella nuova Hyrule e di trovarvi davanti un ostacolo invalicabile, oltrepassabile solo grazie all’uso delle bombe, che però vi vengono date in un dungeon principale affrontabile solo ed esclusivamente nell’ordine deciso dagli sviluppatori. Una scelta del genere sarebbe stata in totale contrasto col senso di libertà offerto ai giocatori e quindi totalmente insensata, oltre a rompere la straordinaria continuità nel ritmo raggiunta in questo open world. Non casuale, di conseguenza, la scelta di inserire una serie di mini dungeon da 5-10 minuti l’uno, che consentano di tornare subito ad esplorare il vero protagonista di questo nuovo capitolo: l’open world.

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Mappe 3D, ne abbiamo?

Dunque, criticare la tipologia dei nuovi dungeon inseriti appare non solo estremamente insensanto, ma denota anche una poca conoscenza in ambito di level design, soprattutto perché Breath of The Wild pesca a piene mani dal primo ed unico capitolo uscito su NES, ovvero il capitolo che diede origine alla storica saga ideata da Shigeru Miyamoto. Inserire dungeon enormi, dalla durata di 3-4 ore, sarebbe stato completamente in contrasto con la nuova struttura plasmata da Fujibayashi, nonché altamente controproducente.

È chiaro come Nintendo abbia ormai creato due filoni principali all’interno della saga, riprendendo, dopo più di trent’anni, i dettami dell’originale capitolo per NES. Per fare un paragone restando in casa, l’idraulico baffuto più famoso al mondo ha avuto, nel corso degli ultimi 20 anni, diverse iterazioni nei suoi capitoli 3D. In sostanza, però, possiamo dividerli in due grandi categorie: i Mario 3D sandbox e i Mario 3D lineari. Ecco, criticare la nuova struttura dei dungeon di Zelda, sarebbe come pretendere che Super Mario Galaxy abbia la stessa profondità di Super Mario Odyssey nell’esplorazione dei mondi, o che Mario Odyssey abbia lo stesso frenetico ritmo di Super Mario Galaxy. Si può senz’altro preferire l’uno all’altro, così come si può preferire Ocarina of Time a Breath of The Wild (o viceversa), ma non si può pretendere che parte della struttura di uno venga inserita nella struttura dell’altro, semplicemente perché non funzionerebbe.

Quando c’erano loro…Breath of The Wild non sarebbe potuto esistere.

E la domanda è: rinuncereste davvero all’open world di Breath of The Wild per continuare a trovare la stessa fottuta bussola in ogni fottuto dungeon per sconfiggere il solito fottuto midboss e trovare il solito fottuto rampino? La mia risposta è un categorico NO.