Oceanhorn: Monster of Uncharted Seas

Oceanhorn: Monster of Uncharted Seas – Recensione

Giudicare un tiolo come Oceanhorn: Monster of Uncharted Seas in maniera imparziale non è uno dei compiti più semplici che ho dovuto affrontare durante la mia carriera da recensore di titoli indie. Il gioco, sviluppato da Cornfox & Bros. ed edito da FDG Entertainment, non ci pensa minimamente a nascondersi dietro a quello che sembra essere (attualmente) il più grande tributo/plagio del mondo di The Legend of Zelda. Con delle premesse di questa natura è importante, prima di avviare il titolo per la prima volta, cercare di autoconvincersi a non dare peso a tanti di quegli elementi di gameplay che, vuoi o non vuoi, da 30 anni a questa parte puntano irrimediabilmente il dito verso la leggendaria saga frutto del genio di Shigeru Miyamoto.

E, visto che nell’ammirare il trailer di lancio il pensiero va tutto verso quei gioiellini di Wind Waker e Phantom Hourglass, l’incipit della mia avventura deve necessariamente iniziare con un bel “Dai Sisko, fai un bel respiro e pensa intensamente: il cielo è azzurro, il mare è blu e Nintendo non ha alcun brevetto sull’utilizzo di barche a vela all’interno dei videogiochi!”. Ma a quanto pare le buone intenzioni non sono semplici da rispettare, soprattutto se la prima scena del gioco ci mette di fronte ad un eroe muto, dotato di una tunica sospetta, che viene svegliato da una voce che implora il suo aiuto. Benvenuti in Oceanhorn!

non rompere le giare!
“Non rompere le giare”: il suggerimento maggiormente ignorato dai giocatori… fin dal 1986

Partiamo dalla trama, leggera come una brezza d’estate, incentrata sulla ricerca di un temibile mostro marino denominato Oceanhorn (giuro che non lo avrei mai detto!) che a causa di una maledizione sta mettendo a repentaglio la serenità del mondo intero. Noi, giovane avventuriero senza voce e senza nome, avremo il rispettoso compito di seguire le orme di nostro padre, che ci ha lasciato con solo una strana collana ed una lettera in cui annuncia di essere partito per sconfiggere la creatura leggendaria, mettendoci alla ricerca di tre sigilli sacri (del Sole, della Terra e dell’Oceano) fondamentali per liberare l’oceano dalla malvagità che lo pervade.

Se avete già giocato in passato a titoli simili, cosa alquanto probabile visto che abbondano in ogni dove, non vi sarete di certo fatti impressionare da queste premesse sull’aspetto narrativo di Oceanhorn: Monster of Uncharted Seas. Questo non è necessariamente un fattore negativo, ma mette in chiaro fin da subito come gli sviluppatori non abbiano forse mai pensato di sforzarsi per dare vita ad un prodotto che, nonostante il forte richiamo verso il mondo di Zelda, potesse cercare quanto meno di differenziarsi attraverso elementi inediti e capaci di caratterizzarlo meglio. Da qui in avanti la trama procede in maniera abbastanza statica, facendoci a volte interagire con personaggi anonimi nei confronti dei quali non esiste una vera e propria presentazione capace di farci apprezzare un minimo di background narrativo, trascinandoci fino allo “spiegone” conclusivo con il quale mettere insieme i pezzi e goderci i titoli di coda.

Oceanhorn deserto
Ecco a voi il significato letterale di “isola deserta”

Proprio come da tradizione, durante la ricerca dei 3 sigilli sacri il nostro eroe dovrà vedersela con diversi dungeon labirintici all’interno dei quali risolvere un buon numero di enigmi ambientali che spesso consentono di aprire varchi segreti o svelare alcuni scrigni nascosti contenenti nuovi potenziamenti o le classiche chiavi. Immancabile ovviamente la “grande chiave” indispensabile per andare a dirgliene quattro al boss di turno. Inizialmente saremo dotati solamente di spada e scudo, ma ben presto entreranno a far parte del nostro arsenale anche un utilissimo arco, delle bombe ed alcuni poteri magici con i quali dominare gli elementi naturali.

Il gioco ci propone anche un basilare sistema di potenziamento basato su punti esperienza, ottenibili sconfiggendo i nemici, aprendo scrigni appositi o risolvendo diverse subquest assegnate ogni volta che visiteremo un isola per la prima volta. Accumulare esperienza non è un operazione fine a sé stessa, ma permette di potenziare il nostro protagonista senza nome, aumentando la capienza delle sue tasche e dotandolo di nuove armi per lui o per la sua barca a vela.

Oceanhorn esplorazione nel mare
Non c’è niente di meglio che un bel giro in barca a vela per dimenticarci di tutte queste similitudini con le avventure di Link Cartone…

Se mi chiedessero di descrivere il frutto del lavoro dei ragazzi di Cornfox con una sola parola credo che molto probabilmente userei il termine “esplorazione“. Fin dai primi momenti di gioco faremo la conoscenza di quella che sarà la nostra fidata compagna di viaggio: una sgangherata barca a vela (no! non è in grado di proferire parola) grazie alla quale sarà possibile raggiungere in tempi brevi ciascuna delle oltre 14 isole esplorabili che costituiscono il mondo di gioco. Queste verranno scoperte a mano a mano che procederemo nell’esplorazione, a seguito di chiacchierate con i diversi NPC con i quali è possibile interagire, leggendo i misteriosi cartelli informativi disseminati per il mondo e scovando alcuni messaggi in bottiglia lungo le romantiche rive di quelli che potrei definire piccoli “diorami” digitali.

Sebbene gli spostamenti in barca rappresentino piccoli intermezzi atti a non abusare della tecnica del “viaggio rapido”, questi non ci lasciano realmente il controllo della situazione e l’unica azione concreta nelle nostre mani – almeno inizialmente – sarà quella di aprire la cartina nautica per scegliere la nostra destinazione. Gli spostamenti, infatti, avvengono “su binari” e solo dopo qualche ora di gioco potremo dotare la nostra barca di un cannone con il quale ingannare l’attesa sparando ai nemici che compariranno, come per magia, successivamente al nostro upgrade.

Zora in Oceanhorn?
Questo Zora mi sembra particolarmente avido di collezionabili!

Fortunatamente il senso di esplorazione vero e proprio sarà garantito dalle isole, uniche grandi protagoniste dell’avventura. Queste andranno visitate più e più volte prima di essere considerate completate in quanto il nostro protagonista avrà bisogno di acquisire un certo numero di potenziamenti prima di considerarsi pronto a raggiungere ogni singolo centimetro calpestabile dell’oceano. Per deliziare i palati dei completisti, le isole sono disseminate anche di alcune pietre preziose da trovare, raggiungere e raccogliere per far felice un singolare personaggio che sembra essere fuggito da un villaggio Zora!

Sebbene non siamo di fronte ad un open world di dimensioni cosmiche, spesso potrebbe capitarci di perdere la via maestra a causa di una nostra distrazione (i cartelli vanno letti così come gli NPC vanno ascoltati, cribbio!) o di una poco chiara mini-mappa. Se notate le varie immagini catturate durante le nostre sessioni di gioco, infatti, l’unica mappa che potremo consultare occuperà una porzione talmente piccola dello schermo che potrà esserci utile solo per tenere traccia di quanto stia succedendo intorno a noi in un raggio d’azione che va di poco oltre il nostro campo visivo. Per questo motivo è fondamentale, secondo l’esperienza che ho accumulato giocandoci in questi giorni, effettuare sessioni di gioco complete nelle quali iniziare e terminare l’esplorazione di un isola o del dungeon corrente. Per ciascuna di queste azioni, comunque, non saranno mai necessari più di una trentina di minuti.

Oceanhorn Sotterraneo
Quello scrigno lì sembra difficile da raggiungere, ci vorrà sicuramente un potenziamento!

Il fatto che Oceanhorn: Monster of Uncharted Seas nasca inizialmente come progetto per dispositivi mobili è forse uno dei suoi più grandi pregi; un titolo ambizioso e ben riuscito che, però, quando viene riprogettato per poter essere gustato anche sulle console tradizionali espone al giocatore quelle che sono le più grandi limitazioni di un gameplay originariamente pensato per un sistema di controllo interamente touch.

Siamo comunque di fronte a quella che viene definita dagli stessi sviluppatori come la migliore versione del gioco, con una godibilissima grafica full HD a 1080p ed un framerate inchiodato sui tanto agognati 60 fps. Nonostante alcuni dei difetti sopra elencati, Oceanhorn riesce ad intrattenere ed a mantenere il giocatore interessato all’avventura che questo offre. Il gioco, pur non eccellendo, non merita certo l’insufficienza e va ben oltre il semplice compitino; se però non gradite il concetto di “imitazione estrema” vi consiglio vivamente di rimuovere mezzo punticino dal numero che potete leggere qui sotto.


Se volete saperne di più, come al solito, vi invitiamo a continuare la lettura con la recensione dei nostri amici di Nintendo Player.

Oceanhorn: Monster of Uncharted Seas
Oceanhorn: Monster of Uncharted Seas – Recensione
MODUS OPERANDI: Ho giocato ad Oceanhorn: Monster of Uncharted Seas grazie ad un codice download gentilmente offerto da FDG Entertainment. Sono riuscito a completare l'avventura principale in poco più di 10 ore ma, visto che sono uno di quei brutti ceffi che vengono chiamati "completisti", continuerò a scaglionare l'oceano in cerca di tutti i collezionabili persi per strada con l'obiettivo di veder comparire a schermo la più bella percentuale di completamento del mondo: 100%.
PRO
CONTRO
6.8
"ZELDOSO"
Amministratore, Caporedattore, PR, Webmaster
  1. Questo è un gioco che mi attira parecchio! Penso di dargli una chance, nella speranza di non dover togliere il mezzo punticino ?

    1. Il gioco sicuramente merita, ma giocandolo ti accorgi proprio che è rimasto intrappolato in un limbo che sta a metà tra un prodotto ottimo per lo standard smartphone e limitato per quello che ci si aspetterebbe su una console! Sono fermamente convinto che con il secondo episodio (pensato fin da subito per tutte le piattaforme) tale sensazione svanirà 😉

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