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Wonder Boy: The Dragon’s Trap – Recensione

Ventotto anni. Sono passati ben ventotto anni da quando, Wonder Boy, all’apice del suo successo, sfruttava il Master System in modo incredibile, regalandoci uno dei giochi più belli di quella generazione. Poi, quello ai tempi conosciuto come “il bambino biondo”, si spostò su Megadrive, regalandoci altre avventure, alcune graficamente deliziose come Wonder Boy in Monster World per poi svanire nel nulla con l’avvento delle generazioni successive.

E qui piazzo il mio rant: Sonic, ovviamente era più importante, ma come mai negli anni successivi Sega, a fronte di giochi in 3D del riccio spesso mediocri, non ha mai pensato a portare Wonder Boy, gioco che avrebbe probabilmente beneficiato della terza dimensione più facilmente? Ricordo un gioco (anzi due) di Capcom, Maximo che, seppure in maniera non ufficiale, provava a donare la magica terza dimensione a Sir Arthur di Ghosts’n Goblins: ne uscirono due giochi molto buoni e divertenti e lo stesso avrebbe potuto fare Sega con Wonder Boy ma evidentemente è andata in modo diverso. Per me è una grande occasione perduta.

E quindi calò il silenzio e per anni perdemmo le tracce di Wonder Boy e del suo coloratissimo mondo, dei suoi draghi e delle loro maledizioni. Poi, quando era ormai uscito dai nostri pensieri, in breve tempo cominciano ad apparire annunci prima di uno, poi due e poi ben tre giochi ispirati a lui, fra i quali un remake del primo, quello con lo skateboard, al momento uscito su PC con risultati non esattamente lodevoli, quello di cui stiamo parlando e Monster Boy and the Cursed Kingdom, in uscita pure lui nel 2017. Quindi silenzio per anni fino a questo 2017 strano da tanti punti di vista, un anno che nei primi mesi ha visto uscire tanti giochi di qualità quanto a volte non abbiamo visto in un anno intero ma che vede pure il ritorno di certi giochi che quasi sembravano destinati all’oblio, come Yooka-Laylee o Redout. Evidentemente era l’anno giusto per il ritorno di Wonder Boy, un anno strano ma per ora davvero fantastico.WB_banner

Il nuovo gioco dei francesi Lizardcube, è un remake dell’originale gioco uscito quasi trenta anni fa, pubblicato da DotEmu che si stà un po’ specializzando in queste operazioni. Gioca molto sulla nostalgia, addirittura inserendo modalità video e audio originali, interscambiabili a piacere, con la possibilità di mixare il tutto: si può giocare con video moderno e audio originale o il contrario, fino al poter giocare il gioco originale come su un Master System e, ovviamente, la versione moderna. E quanto bene hanno fatto questi 28 anni all’aspetto grafico, completamente realizzato a mano, offre ambientazioni e animazioni realmente deliziosi, un vero e proprio cartone animato, con un espressività dei personaggi davvero impressionante. Per non parlare del comparto audio che ci ripropone le musiche originali, ma stavolta invece dei midi, abbiamo un orchestra che ci trasmette l’epicità di Wonder Boy alla ricerca di una cura per la maledizione che lo ha colpito. O Wonder Girl. Si perchè LizardCube ha pensato anche che in questi anni, molte più ragazze giocano ai videogiochi e ha pensato bene di dare la possibilità di giocare il tutto nei panni di una donzella, agguerrita come la sua controparte maschile e maledetta esattamente come lui (i Draghi sono politically correct).

Il gioco inizia dove finiva il precedente, ovvero col combattimento con il Meka Dragon che, sconfitto, oltre a varie monete ci lancerà addosso una maledizione che ci trasformerà in un lucertolone, incapace di usare la spada ma pronto a difendersi con il suo alito di fuoco. Le trasformazioni sono il perno attorno a cui gira tutto il gioco dato che ognuna delle cinque, lucertolone, topo, leone, piranha e falco, ci danno poteri diversi, utili a poter attraversare zone altrimenti non superabili. Ad esempio, nei panni del topo potremo arrampicarci su muri verticali e potremo muoverci pure a testa in giù sui soffitti, ma avremo anche l’handicap di un allungo di spada ridotto il che renderà il combattimento più ostico e pericoloso.

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Ultimo aggiornamento: 2023-12-14 at 14:30

Oltre alle abilità derivanti dalle trasformazioni, nelle città troveremo spesso nuove armi, armature e scudi, vendute da un maiale tabagista che non mancherà di prenderci in giro, strappandoci spesso un sorriso. La necessità di cambiare equipaggiamento, che adesso è scontata e normale, era un qualcosa di nuovo in quegli anni e aggiungeva una profondità leggermente RPG al gioco, richiedendoci di procurarci monete per acquistare un armatura più potente. Un altra cosa che non è cambiata, è la difficoltà del gioco, alfiere di un tempo spesso portato ad esempio di quanto, al giorno d’oggi, molti giochi siano più semplici da portare a termine.

Wonder Boy: The Dragon’s Trap non vi prenderà per mano, non vi aiuterà a superare una zona ostica ma anzi, spesso troverete nemici piazzati in punti ostici e avrete la vaga sensazione che il tutto sia fatto per mettervi in difficoltà: é così, è tutto studiato per rendere ardua la vostra avventura e dovrete sfruttare al meglio le vostre trasformazioni. A differenza dell’originale però avrete a disposizione tre livelli di difficoltà, da quello facile dove avrete a disposizione più pozioni curative fino a quello difficile dove avrete pure il tempo ad assillarvi e a far calare piano piano la vostra vitalità, un pò come accadeva nel primo Wonder Boy, quello di Sega e Westone.

La durata del gioco non è eccezionale e si assesta sulle cinque ore se siete nuovi del gioco ma può calare pure a due ore e mezza, tre ore se lo avete giocato ai tempi e ricordate i vari passaggi, non dissimile dall’originale, backtracking compreso, quando dovrete tornare sui vostri passi sottoforma di un altro animale per poter finalmente passare da una zona prima inaccessibile.

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In definitiva Wonder Boy: The Dragon’s Trap svolge egregiamente il suo lavoro, quello di riportarci ad esplorare Monster Land, saprà deliziare occhi e orecchie e farà venire il groppo in gola ai più anziani con la sua modalità Retrò, peccato che quando cominceremo ad adorarlo, sarà finito. Essendo una trasposizione fedele dell’originale, non è un difetto del lavoro dei Lizardcube ma potrebbe far storcere il naso quando si và ad acquistarlo al prezzo di 19,99€ che, per alcune persone, potrebbe non valere la candela..

Dal mio punto di vista, e parlo da acquirente dato che questa recensione non viene da un codice fornitoci ma da un gioco che ho voluto acquistare per la mia personale collezione, sono assai più i pregi dei difetti e il prezzo ci può stare, sappiate solo che, come dice il proverbio, “il bel gioco dura poco”. Vediamoci un trailer e poi passiamo a vedere il voto.


Se volete saperne di più sul gioco potete leggere anche la recensione dei nostri amici di Nintendo Player.

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Wonder Boy: The Dragon’s Trap – Recensione
PRO
Grafica disegnata a mano
Musiche originali orchestrate
Tutto il fascino dell'originale
CONTRO
Breve durata
Richiede molta precisione
8.5