il viaggio dell'eroe

Il Viaggio dell’Eroe – Fuori Target

C’era una volta…

Quando guardate un film, leggete un libro, assistete ad uno spettacolo, avete mai avuto la sensazione che la storia che avete davanti l’abbiate già vista? Quante volte, effettivamente, scartiamo un determinato romanzo o videogioco perché possiamo già immaginare dove andrà a parare? Sicuramente uno dei problemi principali è una generale mancanza, da parte dei grandi produttori, di prendersi il rischio, di sperimentare con cose che non si conoscono a pieno, e che allo stesso tempo non se ne riconosce il valore intrinseco. La paura dell’ignoto, dell’incertezza, sicuramente blocca tutti quanti noi. Ognuno ha il suo motivo per essere spaventato e temere questo vociferato ‘salto nel vuoto’. Allo stesso modo, case di produzione di ogni tipo, nel momento in cui si trovano a dover decidere di cosa parlerà il loro prossimo film o gioco, le loro preferenze verteranno su un tipo di storia conosciuta come il “monomito”, o più banalmente “il viaggio dell’eroe”. La maggior parte delle storie che ci piacciono, in un modo o nell’altro, seguono questo schema caratterizzato da 12 stage. Ma facciamo un passo indietro. La situazione non è così tragica come può sembrare. Romanzi, racconti, film, spettacoli teatrali: queste forme di ri-presentazione hanno una lunga storia alle spalle, fatta di sperimentazioni sempre più audaci nel corso del tempo. C’è, tuttavia, una forma più recente che è ancora lontana dalla maturità, che rimane ancorata al viaggio dell’eroe, spaventata di sperimentare, sia per una scarsa conoscenza del mezzo e sia per il timore delle ripercussioni economiche. Ovviamente sto parlando dei videogiochi. È innegabile che la maggioranza delle produzioni più blasonate fatichino a costruire storie diverse e ‘fresche’: qual è la differenza vera fra un Uncharted ed un God of War, alla fine? Tolti i dettagli e considerando solo le strutture – lo scheletro delle storie in sé – notiamo che sono uguali.

il viaggio dell'eroe

In questo articolo di Fuori Target andiamo ad esaminare la narrativa di diversi giochi per mettere in risalto un’abitudine ed un modo di fare che ha contraddistinto l’industria videoludica negli ultimi trent’anni. Lo scopo è quello di far vedere come, seppur le esperienze che ‘giochiamo’ siano potenti e abbiano un forte impatto su di noi, alla fine c’è un generale appiattimento della creatività nel momento in cui autori e scrittori ne progettano l’architettura narrativa. Il motivo di quest’atteggiamento è da ritrovare nell’amore per le strutture che hanno gli esperti del settore. Sicuramente, in fase di design, l’utilizzo delle strutture aiuta a facilitare diversi passaggi del processo; al tempo stesso, però, queste lasciano poco spazio per muoversi ed essere veramente creativi. Ma la motivazione vera e propria, come già accennato, sta nella sicurezza del ritorno economico che il ‘monomito’ ha dimostrato di possedere nel corso della sua decennale applicazione nei videogiochi. Ma andiamo con ordine, e cominciamo dall’inizio. Per farlo, dobbiamo tornare indietro di più di mezzo secolo.

L’eroe dai Mille Volti

il viaggio dell'eroeLa prima persona che ha concettualizzato il monomito è stato l’antropologo Joseph Campbell. Il suo libro L’eroe dai Mille Volti (1949) è stato incredibilmente influente per scrittori, ma soprattutto sceneggiatori. Nel corso dei suoi viaggi fra popolazioni indigene, Campbell ha notato diverse somiglianze fra le storie che gli raccontavano o sentiva. Così, ha cominciato ad annotarsi tutte le caratteristiche dei miti con cui entrava in contatto. Alla fine, quando si è trovato nella situazione di tirare le fila, ecco che di fronte a lui si trovava esattamente il monomito. Attraverso un lavoro di ricerca e raccolta, Campbell ha stilato una struttura narrativa caratterizzata da 18 stage con protagonista un eroe, comune a tutte le comunità del mondo, secondo lui. Il nome di viaggio dell’eroe venne attribuito successivamente, quando Christopher Vogler – sceneggiatore della Disney – ha riassunto l’idea di Campbell mostrandone l’utilità per gli sceneggiatori, portando il numero degli stage a 12. Infatti, protagonista di questo tipo di storie è un eroe che si trova costretto a lasciare la sua città natale perchè l’ordine del mondo è stato sconvolto ed è lui quello incaricato di ripristinarlo. Ma vediamo nel dettaglio quali sono questi passaggi e cosa includono:

  1. Il mondo ordinario: Il pubblico entra in contatto con l’eroe per la prima volta ed apprende il contesto della vicenda e la storia del protagonista.
  2. La chiamata all’avventura: Un primo indizio che l’eroe abbandonerà il mondo ordinario per partire per una nuova avventura.
  3. Il rifiuto della chiamata: Nella struttura tradizionale del monomito, inizialmente l’eroe rifiuta la chiamata a causa di un momento di incertezza e dubbio
  4. L’incontro con il maestro: Quando finalmente l’eroe decide di intraprendere l’avventura, il maestro gli fornisce le informazioni necessarie per decidere quale azione compiere. Il maestro può essere qualsiasi cosa dia informazioni: il classico uomo dalla barba grigia, o addirittura un hub, esperienze passate, o un gufo.
  5. L’attraversamento della prima soglia: L’eroe attraversa il confine fra la sicurezza del mondo ordinario verso uno ricco di avventure e pericoli.
  6. Prove, alleati e nemici: In questa parte della storia, tutti i personaggi sono introdotti.
  7. L’approccio alla caverna più interna: In questa parte, l’eroe trova la ricompensa che stava cercando – e può essere un’abilità, un’arma o la padronanza di qualsiasi cosa il protagonista è entrato in contatto fino a questo punto.
  8. La battaglia finale: Come il nome lascia intuire, in questo stage è rappresentata l’ultima battaglia contro l’antagonista prinipale.
  9. La ricompensa: A questo punto, viene mostrata la ‘ricompensa’ sotto forma di informazioni su quanto accade all’eroe dopo la battaglia finale.
  10. La strada del ritorno: L’eroe torna verso il luogo di partenza, ma non possiamo sapere se sarà in grado di adattarsi di nuovo, dopo tutto quello che ha passato.
  11. La resurrezione: Qui è dove vengono affrontate le conseguenze di quanto accaduto fin’ora, e di solito contiene un colpo di scena finale
  12. Il ritorno con la ricompensa: Questo è l’ultimo stage della storia, dove l’eroe finalmente ritorna nel mondo ordinario e vede i benefici della sua ricompensa.

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Ovviamente, questa sequenza di passaggi suona molto familiare: pensate a Star Wars, per esempio. O all’ancora più banale Eragon. La struttura narrativa del viaggio dell’eroe risuona così bene all’interno della nostra cultura perchè, bene o male, ne siamo sempre stati a contatto. La prova la possiamo ritrovare ne “l’arco drammatico”, una struttura narrativa in tre atti concettualizzata da Aristotele: ad un inizio pacifico segue un momento in cui la tensione sale fino a raggiungere la vetta massima, rappresentata dal climax, al quale segue un momento di risoluzione dove la tensione scende. Il viaggio dell’eroe si comporta esattamente allo stesso modo, dove il climax, il momento di massima tensione narrativa, è rappresentato dall’acquisizione di un’abilità fondamentale, per esempio.

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Nel momento in cui bisogna scrivere la narrativa per un videogioco, le case di produzione si trovano di fronte ad un bivio, la maggior parte delle volte: utilizzare il monomito – sicuro e provato che funziona e vende bene – o sperimentare con una struttura narrativa che sia adatta solo ed unicamente al medium del videogioco? Come accennato nell’incipit di questo articolo, la scelta molto spesso – se non quasi sempre – ricade sul monomito. Il pubblico sa cosa aspettarsi, e l’azienda è sicura di vendere. Ovviamente, la qualità delle storie in sé è sempre da valutare nel momento in cui ce la troviamo davanti. Tuttavia, il nostro bagaglio culturale e la nostra fame di storie nel corso delle nostre vite ci porta inevitabilmente a prevedere come determinati eventi si evolveranno, e quali possano essere le varianti. Andiamo ora a vedere una serie di giochi molto famosi che utilizzano il viaggio dell’eroe e scopriamo quanti dei diversi stage sono presenti nelle rispettive narrative.

La tabella qui di seguito è presa da un articolo scritto da Barry Ip per il giornale Games and Culture (2011). Come si può vedere, i giochi presi in considerazione sono molto famosi e non hanno bisogno di una grande presentazione. A partire dal primo The Legend of Zelda, al mitico Half Life 2, fino a Final Fantasy X. Accanto al titolo del gioco ci sono gli stage presenti nella loro narrativa, e quali sono stati omessi. Notate già qualcosa?

Gioco Stage Presenti e Ordine nel Gioco Stage Omessi
The Legend of Zelda 1, 2, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12 3
The Secret of Monkey Island 1, 5, 6, 2, 3, 2, 4, 7, 8, 9, 2, 7, 5, 7, 8, 9, 11 10, 12
Flashback 1, 2, 4, 5, 6, 5, 7, 6, 7, 5, 5, 7, 8, 9, 11 3, 10, 12
Shenmue 2 1, 2, 5, 6, 7, 7, 2, 5, 8, 7, 4, 2, 5, 4, 7, 2, 9, 11 3, 10, 12
Resident Evil Code Veronica X 1, 2, 4, 5, 6, 7, 5, 6, 7, 2, 5, 6, 7, 7, 8, 8, 9, 11, 3, 10, 12
Final Fanasy X 1, 2, 4, 5, 6, 5, 5, 8, 5, 3, 4, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 8, 8, 8, 8, 8, 8, 8, 8, 8, 9, 10, 11, 12 /
Half-Life 2 1, 2, 5, 6, 4, 7, 8, 9, 10, 11, 12 3
Fable 1, 2, 4, 3, 7, 5, 6, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 8, 9, 11, 10, 12 /
The Godfather 1, 2, 2, 4, 4, 5, 6, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 10, 12 3
Halo 3 2, 5, 6, 7, 7, 7, 7, 7, 7, 8, 9, 10, 11 1, 3, 4, 12

La prima cosa che salta all’occhio è come tutti questi giochi hanno al loro interno ognuno, o quasi, degli stage del monomito. Gli unici due giochi della lista che raccontano il viaggio dell’eroe nella sua interezza sono Final Fantasy X FablePerchè? Perchè sforzarsi di includere tutti i passaggi del monomito? Ma c’è un altro aspetto che è interessante prendere in considerazione: quanto tempo è dedicato al racconto della storia? I giochi della lista vengono da anni diversi, in qualche modo ripercorrono una piccola parte della storia videoludica. E allora, come Barry Ip fa notare, perchè il tempo usato per raccontare la storia – che sia attraverso semplici testi, filmati o QTE – è rimasto invariato nel corso degli anni? Cioè, nel tempo totale per completare il gioco, la storia ne occupa il 28% . Come mai l’industria videoludica, che dovrebbe essere una fucina di creatività dove sperimentare metodi e modelli diversi, quando si tratta di narrativa dimostra un atteggiamento così conservatore? Di nuovo, motivi economici: il 28% del gioco dedicato alla presentazione del monomito è una scommessa i cui risultati positivi sono assicurati. La conseguenza è una vera e propria mancanza di storie memorabili che possono essere trovate solo ed esclusivamente nel videogioco in quanto medium. La scena degli sviluppatori indie è una boccata d’aria fresca in questo panorama, dove titoli come Oxenfree Moonhunters dimostrano come un videogioco può raccontare una storia senza dover ricorrere necessariamente al monomito.

il viaggio dell'eroe
Parte cruciale della narrativa di Oxenfree

Riflessione

Come uscirne, allora? Ci deve essere una soluzione a questo dilagare di banalità, no? In un articolo su Gamasutra, lo scrittore e game designer Wolfgang Walk spiega come la struttura narrativa del viaggio dell’eroe è così facile da capire per noi, perché la vita stessa, la nostra giornata quotidiana, addirittura può essere incorniciata all’interno del monomito. Per esempio, quando sentiamo la sveglia la mattina – l’avventura che ci chiama – a volte tendiamo a posporla, a rifiutare la chiamata. Questo esempio abbastanza ingenuo è solo uno dei milioni di casi di vita quotidiana che rappresentano il nostro personale viaggio dell’eroe. E allora, perchè mettere per forza ogni stage del monomito all’interno dei videogiochi? Per quale motivo bisogna rappresentare ‘l’accettazione della chiamata’, quando già accendere la console per giocare corrisponde alla nostra di accettazione? Ed è proprio questo l’appello che Walk fa agli sviluppatori di gochi, e che io stesso credo possa essere una soluzione a questo problema. I game designer dovrebbero cominciare a infilare meno stage del viaggio dell’eroe nei loro giochi, ma al tempo stesso devono fare in modo che la narrativa del gioco stesso riconosca che alcuni di questi stage sono stati compiuti dal giocatore prima di avviarlo. Qui si potrebbe instaurare una discussione su cosa significhi ‘giocare’ e quando questa attività cominci realmente. Ma questo ce lo teniamo per un altro Fuori Target, magari.

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Ovviamente, non tutti i giochi raccontano una storia banale, e a volte c’è da dire che una storia banale è tutto quello di cui abbiamo bisogno. Prendiamo Xenoblade Chronicles 2 come esempio: una delle migliori esclusive disponibili su Nintendo Switch, eppure la storia che racconta è di una banalità quasi disarmante. Tuttavia, rimane pur sempre godibile. Provate ad inserire i vari eventi di Xenoblade Chronicles 2 all’interno dei 12 stage scritti sopra: impresa facile e che non richiede troppo tempo. C’è da chiedersi se invece del monomito Xenoblade avesse utilizzato una delle innumerevoli strutture che vengono dal medio oriente – come le narrative a cornice o le Sira – magari la sua storia sarebbe stata decisamente più memorabile.

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E voi, cosa ne pensate? Accettate questa situazione, o siete affamati di storie diverse, che non seguono sempre le stesse linee guida? Io personalmente sono per la sperimentazione di cose nuove, specialmente in un periodo dove l’industria videoludica si sta evolvendo ad una velocità incredibile. Sarebbe bello se il progresso che vediamo nell’ambito del gameplay, possa attuarsi anche a livello delle strutture narrative. Per il bene del pubblico, ma soprattutto per il bene del medium.