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Remothered: Tormented Fathers – Recensione

C’è stato un momento nella storia dei videogiochi in cui abbiamo assistito alla nascita di brand come Resident Evil, Silent Hill ed altri importanti titoli di quel genere che sarebbe poi diventato il survival horror. Esperienze dalla diversa peculiarità: trame perfettamente orchestrate, dinamiche in grado di penetrare nella psicologia umana e idee pronte a sorprenderci con gameplay – ai tempi – rivoluzionari. Purtroppo nel mercato è arrivato ben presto un momento di saturazione totale, ricco di progetti pubblicati con l’unico scopo cavalcare la moda del momento e con l’unico risultato di arrivare ad un progressivo disinteresse degli utenti ed un lungo periodo di stallo per il genere.

Come una manna dal cielo arriva per tutti gli aficionados Remothered: Tormented Fathers, primo progetto di una trilogia tutta italica, che dona nuova linfa ad un genere apparentemente morto.

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Non guardare…

Anni ottanta, un furgoncino bianco ed una sigaretta accesa. Così inizia la ricerca della verità per Rosemary Reed, protagonista di Remothered: Tormented Fathers, decisa ad investigare sulla famiglia Felton e la scomparsa della giovane Celeste, di cui non si hanno tracce da ormai diverso tempo; dopo un primo approccio civile ma non troppo amichevole, Rosemary persevera nelle sue intenzioni addentrandosi di nascosto nella dimora dei Felton cercando indizi di ogni tipo, peccato che si renda presto conto di non trovarsi di fronte ad un caso semplice, e quelli che inizialmente erano dei sospetti potrebbero nascondere segreti molto più profondi ed oscuri del previsto. Siamo quindi noi ad essere gli intrusi, disturbatori della routine quotidiana del burbero e particolare Richard, padre di Celeste; non appena quest’ultimo si renderà conto di non essere solo in casa non la prenderà alla leggera, iniziando a diventare per voi un vero e proprio stalker, pronto a darvi la caccia armato di mezzaluna. Quindi niente mostri, niente soprannaturale o elementi fantastici, la storia è quanto di più realistico e cinematografico si possa immaginare, ma non per questo meno terrorizzante; la paura che infatti vi trasmetterà Remothered non è dettata da banali jump scare o altri facili tranelli, sarà proprio l’opposto: la sensazione (o la consapevolezza) di essere continuamente braccati, sentire il fiato del nemico sul collo e le vostre difese pressoché nulle vi porteranno ad una costante sensazione di ansia, dove l’unica soluzione per la sopravvivenza è scappare e nascondersi, elementi che troviamo anche alla base del gameplay.

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Ho un po’ di mal di testa.

Essendo dei semplici e fragili mortali , il gameplay non offre scorciatoie o alternative realmente valide alla fuga. Passando gran parte del tempo in modalità stealth, faremo venire a Rosemary dei quadricipiti di marmo stando perennemente acquattati, saremo sprovvisti di reali armi o anche solo dell’effettiva intenzione di uccidere, ma solo di difenderci. Ecco quindi che arrivano in nostro aiuto i diversivi, oggetti di varia natura trasportabili tre alla volta utili per distrarre il nemico, lanciando alcuni di essi in un punto lontano o attivandone i meccanismi sonori mentre noi ci allontaniamo dalla zona. Se la vostra tattica fallisse, od i vostri riflessi non si rivelassero così pronti, la vostra unica alternativa sono gli oggetti da difesa, oggetti contundenti sparsi in varie zone, ma trasportabili solo uno alla volta. Quando il nemico vi avrà fra le sue grinfie partirà un QTE, che se eseguito nella giusta sequenza lo rallenterà momentaneamente, dandovi il tempo di nascondervi in un armadio o qualche altro pertugio buio e claustrofobico (il respiro affannato e l’ansia di questi momenti vi farà aumentare i battiti considerevolmente). Se invece sarete sprovvisti di difese durante la vostra cattura, questa si trasformerà istantaneamente e senza alternative nella vostra morte. Il tutto è amplificato da delle animazioni volutamente legnose, in quanto Rosemary non è equipaggiata per affrontare la situazione in cui si trova; veste con una gonna al ginocchio ed i tacchi, una giacca con spalline ed una camicia, sicuramente non l’abbigliamento più comodo per la fuga o la lotta disperata. L’unico piccolo difetto in un quadro ben riuscito lo troviamo nel sistema di controllo che si, funziona, ma si porta dietro un po’ della legnosità delle animazioni, andando a perdere di precisione quando ci sono più elementi a schermo con cui interagire, o semplicemente la telecamera si allontana un po’ troppo dalle spalle della protagonista.

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Tu adesso vieni con me!

Le meccaniche vengono poi spesso alternate da fasi di puzzle solving, dove dilemmi ambientali e meccanismi da attivare richiederanno spesso più di un tentativo per essere risolti, dato che non ci verrà dato nessun suggerimento dal gioco, come i cari e vecchi survival ci avevano abituato negli anni novanta ma che erano stati tristemente abbandonati col tempo.

Tecnicamente parlando invece siamo di fronte ad un piccolo miracolo. Considerando che parliamo pur sempre di un titolo indie, Remothered non ha poi molto da invidiare a titoli di caratura ben più elevata, mostrando forse una mole poligonale non altissima, i modelli e l’ambiente sono sorretti invece da texture pulite e dettagliate, cupe e sempre azzeccate. Tutto ciò viene accompagnato e retto da un comparto artistico di spicco, organizzato nel minimo dettaglio e pensato per trasmettere al giocatore l’angoscia e gli scabrosi segreti che villa Felton ci riserva. Ad impreziosire il tutto con un bel fiocchetto ci pensa uno degli aspetti più riusciti dell’opera, cioè il comparto sonoro; la commistione di forze e talento di Nobuko Toda e Luca Balboni ha dato via ad una colonna sonora di classe che spazia dal jazz, al blues alla lounge music, donando al tutto un atmosfera malinconica e decadente, che si alterna ad effetti sonori ben studiati, un doppiaggio a dir poco perfetto e suoni ambientali che vi faranno venire i brividi. Giusto per fare un esempio, mancando un HUD che mostri le statistiche del nostro personaggio, l’unico modo per capire lo stato di salute di Rosemary è ascoltare il suo fiatone ed i suoi versi di dolore, vi assicuro che non è scontato che riesca così bene in un gioco.

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What have I done…

In conclusione, non possiamo che lodare Remothered; stiamo assistendo alla rinascita in pompa magna di una categoria che sembrava ormai perduta, quell’horror psicologico che ha fatto passare diverse notti insonni a molti di noi, torna ad tormentare le nostre serate videoludiche, senza disdegnare qualche sorpresa per i cinofili più attenti ed un plot twist tutto da scoprire. Non vi resta che giocarci, in trepidante attesa del prossimo episodio per scoprire i retroscena dell’enigmatica Rosemary.

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Remothered: Tormented Fathers – Recensione
PRO
Artisticamente ispirato
Angoscia costante
Un tributo al vero survival horror
CONTRO
Comandi non sempre responsivi
IA nemica non sempre perfetta
Presenta qualche raro bug
8.5
Found you!