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World to the West – Recensione

Se bazzicate, anche solo per curiosità, il mondo degli sviluppatori indipendenti non potrete certamente non conoscere Rain Games, ed in particolare il loro particolare Teslagrad. Tale titolo, sul genere metroidvania, ha fatto parlare molto di sé grazie ad una direzione artistica d’eccellenza caratterizzata da fondali e sprite interamente realizzati a mano e da alcuni siparietti narrativi di pregevole fattura che accompagnavano il giocatore attraverso i meandri di una altissima e labirintica torre. Come abbiamo fatto notare nella nostra recensione della versione Switch, tale aspetto è riuscito ad oscurare alcune mancanze a livello gameplay che, seppur non minando l’esperienza di gioco, rendevano legnosi alcuni passaggi introducendo una non desiderata componente di tipo trial & error.

Forti dei numerosi feedback ottenuti dagli utenti, che hanno promosso a pieni voti il background narrativo di Teslagrad, Rain Games ha deciso di passare al livello successivo, realizzando un titolo che potesse essere considerato – più che un secondo capitolo – un erede spirituale della loro primissima avventura. Ed è proprio grazie a questa coraggiosa decisione che oggi possiamo parlarvi di World to the West, un progetto decisamente più ampio ed ambizioso, capace di pescare in maniera intelligente dall’universo dei teslamanti riuscendo ad ammaliare anche coloro che vi si avvicinano per la prima volta.

World to the West
Non siamo ancora nel menù principale e già parte il senso di dejavù

La prima cosa che salta all’occhio avviando World to the West é l’estremo numero di elementi che lo differenziano, sia stilistiche sia nel gameplay, dal suo predecessore, al punto da chiederci fin dal primo istante il motivo per cui il team norvegese abbia deciso di collegarli. Il primo vero grande taglio con il passato è rappresentato dal completo abbandono della visuale bidimensionale, a favore di un ben più ampio mondo in 3D all’interno del quale è possibile seguire tutti i nostri spostamenti attraverso una pratica telecamera a volo di uccello. Questo, oltre che un forte elemento di distacco stilistico, introduce alcuni rischi a livello di design che avremo modo di analizzare più avanti.

Anche il genere di appartenenza di World to the West non ha praticamente nulla da condividere con Teslagrad. Si passa da un classico metroidvania ad un ancora più classico adventure nel quale l’esplorazione la fa da padrone. Anche in questo caso la scelta ci è parsa ancora più rischiosa, in quanto richiede una estrema consapevolezza nella creazione di un filo narrativo che deve necessariamente risultare interessante e valorizzato dalle varie quest che vengono proposte al giocatore (ve lo ricordate il piccolo Yono?).

World to the West
Ok! Ma ti avviso già da ora che serve un supplemento per il sacchetto biodegradabile…

Uno per tutti, tutti per uno!

La trama che ci accompagnerà lungo le quasi 15 ore di gioco è relativamente semplice; quattro diversi personaggi, ciascuno con le proprie abilità, verranno riuniti da un obiettivo comune: il recupero di un oggetto a loro caro, sottratto dal solito malefico (e frustrato) individuo con piani di distruzione di massa. Quattro eroi, quattro storie, ed una grande avventura permetteranno al giocatore di esplorare il vastissimo mondo di gioco confezionato dagli sviluppatori, risolvendo una serie di ingegnosi puzzle studiati per sfruttare al meglio le singolarità di ciascun personaggio giocabile.

In maniera piuttosto prevedibile, il tutto comincerà con un brevissimo tutorial che ci permetterà di fare la conoscenza di Lumina, una graziosa Teslamancer che sta cercando di ricongiungersi al suo popolo dopo essere rimasta intrappolata in un mondo a lei sconosciuto a causa dell’utilizzo incauto di un misterioso teletrasporto. La giovane fanciulla ci mostrerà fin da subito quelle che sono le sue caratteristiche principali: grazie all’utilizzo del potere magnetico, Lumina sarà in grado di teletrasportarsi a breve distanza per eseguire veloci schivate e per raggiungere piattaforme altrimenti inesplorabili. Si parte con il piede giusto, dunque, visto che il giocatore ha tutto il tempo per prendere confidenza con l’ambiente circostante e concentrarsi sulle meccaniche di gioco. Ben presto avremo il piacere di fare la conoscenza, uno ad uno, degli altri tre eroi improvvisati: Knatus, un giovane orfano che ha deciso di sfuggire dalla schiavitù di quella che vogliono fargli credere essere una miniera lunare – Miss Teri, un’avventuriera costantemente alla ricerca di tesori preziosi da rivendere nel mercato degli oggetti rari – e Lord Clonington, un enorme ammasso di muscoli che ha deciso di fare colpo sulla società aristocratica a suon di trofei di battaglia conquistati grazie alla sua possente virilità.

Le prime ore di gioco scorrono in maniera piuttosto liscia e piacevole. Al giocatore viene dato tutto il tempo necessario per affezionarsi alla storia di ciascuno dei quattro eroi, che procedono in maniera piuttosto lineare incrociando il proprio percorso solo in alcune circostanze e quasi sempre a coppie di esploratori. Il piccolo Knatus saprà svelarci molto presto la sua fragilità: dotato solamente di una pala, di fronte ad un nemico l’unica sua possibilità sarà quella di colpirlo per fargli perdere i sensi per qualche secondo e darsi alla fuga. Il suo inseparabile strumento, così come le sue dimensioni ridotte, si riveleranno spesso un elemento unico e gli permetteranno di passare attraverso stretti cunicoli o scavare il terreno per creare dei tunnel sotterranei. Miss Teri, invece, potrà affidare tutte le sue potenzialità alla sua sciarpa: un oggetto che utilizzato come fosse una frusta le permetterà di aggrapparsi ad alcuni paletti sapientemente disposti dagli sviluppatori. Infine Lord Clonington, lo strampalato “piacchiatore” della compagnia, sarà la persona giusta alla quale rivolgersi qualora ci fosse la necessità di distruggere qualche ostacolo o fare piazza pulita da una serie di feroci creature.

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“Eh, che maniere! Qui tutti ce l’ hanno con me perché io sono piccolo e verde… è un’ingiustizia però”

Backtracking, che passione!

Una volta terminato quello che mi piace definire come “un grande tutorial di circa 6 ore” i nostri eroi riusciranno finalmente a riunirsi sotto uno stesso tempio, consapevoli che se vogliono raggiungere ciascuno il proprio obiettivo l’unica soluzione è quella di collaborare tra di loro. Se fino a questo momento la progressione risultava piuttosto lineare, d’ora in avanti al giocatore verrà richiesta una certa dose di pazienza  nel gestire un improvviso backtracking che metterà a dura prova anche il più provetto degli esploratori. Non saranno rare, infatti, le situazioni nelle quali non sarà chiaro dove andare e, soprattutto, qual’è il personaggio capace di sbloccare la situazione. Personalmente mi sono ritrovato più e più volte a scaglionare la mappa alla ricerca del passaggio necessario a raggiungere il mio prossimo obiettivo, scoprendo molto dopo che più procedevo e più mi allontanavo da quest’ultimo.

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Nonostante tutti e quattro gli eroi siano ben caratterizzati, nessuno può competere con Clanington!

Sotto questo punto di vista, il gioco sembra non fare nulla per facilitarci l’esplorazione. Per poter cambiare personaggio, infatti, dovremo affidarci ad alcuni totem sparpagliati lungo il nostro cammino che verranno attivati come punto di teletrasporto solamente dopo averli faticosamente raggiunti. Il tutto si traduce in un’estremizzazione del backtracking, che in più di un’occasione potrebbe rischiare di minare l’esperienza di gioco di coloro che non amano girovagare a vuoto nel disperato tentativo di capire come proseguire. Fortunatamente, in nostro aiuto verranno alcuni potenziamenti capaci di espandere le abilità dei nostri eroi, rendendo la progressione meno macchinosa e permettendo a più di un personaggio di superare alcuni ostacoli precedentemente aggirabili da uno solo di essi.

Se dovessi paragonare l’esplorazione di World to the West ad un episodio di qualche famosa serie Nintendo, sempre con le dovute proporzioni del caso, il primo esempio lampante potrebbe essere “The Legend of Zelda: A Link to the Past“. Anche se in questo caso non saremo richiamati ad alternare i nostri passi su due mappe molto simili dello stesso universo di gioco, l’intera esplorazione si svolgerà attraverso ambientazioni superficiali ed altrettante sotterranee, collegate tra di loro da alcune grotte non sempre facilmente raggiungibili. Il risultato è un titolo pensato appositamente per coloro che non hanno paura nel dover macinare chilometri su chilometri scaglionando il mondo di gioco costantemente e con tutti i personaggi disponibili.

Personalmente avrei preferito un sistema di progressione meno dispersivo, che mi permettesse di dedicare gran parte del mio tempo alla risoluzione di enigmi piuttosto che alla ricerca disperata della mia prossima destinazione. E’ davvero un gran peccato vedere un così grande potenziale, derivato dalla combinazione delle abilità dei quattro eroi, sprecato in un confusionario overworld piuttosto che valorizzato da alcuni dungeon appositamente creati per stuzzicare la fantasia del giocatore.

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Ogni tanto è possibile ammirare dei panorami davvero romantici e mozzafiato.

Considerazioni finali

Come se non bastasse le numerose aree esplorabili sono disseminate di collezionabili, alcuni dei quali estremamente difficili sia da individuare che da raggiungere. Questi, oltre che essere indispensabili per approfondire il background narrativo del gioco, permetteranno ai nostri eroi di aumentare la propria salute e, di conseguenza, le probabilità di successo in caso di scontri con i numerosi nemici che popolano il mondo circostante. Pur non essendo in alcun modo annotabili sulla mappa, è possibile acquistare la posizione di alcuni collezionabili da degli NPC “abusivi” utilizzando come metodo di pagamento dei cristalli rilasciati dalle creature che sconfiggeremo.

A livello artistico il titolo risulta gradevole, anche se non riesce in alcun modo a riproporre le atmosfere al limite del fiabesco che ci avevano tanto fatto appassionare con Teslagrad. La decisione di passare ad un motore tridimensionale ha sicuramente la sua responsabilità, e comporta una spiacevole sensazione di avere di fronte a sé un gioco inevitabilmente meno curato nei dettagli. Azzeccati invece i motivetti di accompagnamento, che risultano il più delle volte ben integrati con l’incedere dei ritmi di gioco e coerenti con gli ambienti che visiteremo.

Che dire dunque, se non che World to the West rappresenta forse l’occasione sprecata che aveva il talentoso team norvegese per dimostrare, ancora una volta, le grandi doti artistiche e narrative che lo contraddistinsero in passato. Un titolo che probabilmente verrà facilmente dimenticato a causa di un sistema di gioco troppo macchinoso, che permetterà di terminare l’avventura solamente a coloro che non si spaventano di fronte ad un backtracking inutilmente esasperato e che si salva sul filo del rasoio solo grazie agli interessanti spunti che mi hanno accompagnato nella prima metà della mia avventura e per i numerosi siparietti che sono riusciti, grazie alla loro ironia, a strapparmi qualche sorriso. Purtroppo per conquistare i giocatori moderni occorre impegnarsi un pochino di più, specie se il titolo viene venduto ad un prezzo di €19,99.


Se gradite un secondo parere, potete guardare la video recensione di World to the West a cura di Casa Nintendo

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World to the West – Recensione
PRO
Buona caratterizzazione dei personaggi
Abilità degli eroi
Prima metà di gioco...
CONTRO
Backtracking eccessivo
Poca pulizia nel comparto grafico
...Seconda metà di gioco
6.5
LA SAGRA DEL BACKTRACKING