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The Legend of Zelda: Breath of the Wild + DLC – Recensione

Il 3 marzo 2017 Switch esordiva nei negozi con un alone di scetticismo misto ad eccitazione. Ad accompagnare il lancio della nuova ammiraglia Nintendo, un titolo che già in occasione della sua prima sorprendente presentazione all’E3 2016 prometteva di essere un gioco epocale, The Legend of Zelda: Breath of the Wild. A più di 9 mesi di distanza dal suo rilascio ufficiale, e dopo essere stato acclamato dalla critica e dal pubblico di mezzo mondo, siamo pronti ad esprimere un giudizio definitivo (che include anche il tanto chiacchierato pacchetto di espansione) su un’opera che è già entrata nell’Olimpo dei videogiochi.

Svegliati, Link…

L’incipit narrativo di questo nuovo capitolo, in realtà, non si discosta molto dalle abitudini della serie. Un Link dormiente viene risvegliato dalla voce di Zelda (per la prima volta nella storia della saga, doppiata) che ci chiede di eseguire una serie di azioni al fine di iniziare la nostra avventura. Ma bastano pochi minuti per rendersi conto che lo stacco è netto, quasi dirompente: Link è già un eroe, con una storia già plasmata (non a caso è il primo capitolo in cui non si può scegliere il nome del protagonista). Il mondo è in rovina, devastato da ben 100 anni di calamità Ganon, e siamo subito chiamati a salvarlo. Dopo un paio di ore passate sull’altopiano delle origini a fare pratica con il mondo di gioco e ad impadronirci dei nuovi poteri della tavoletta Sheika, un mondo immenso si aprirà dinnanzi a noi. Muniti di una paravela, una tavoletta e un armamentario (inizialmente) abbastanza risicato, quello che ci troveremo davanti è un paesaggio morfologicamente ed estensivamente sconfinato che ci regalerà decine e decine di ore di puro stupore. Dimenticatevi i lunghissimi tutorial di Skyword Sword o di Twilight Princess, dimenticatevi la struttura sequenziale dungeon-centrica che ha caratterizzato ogni capitolo della saga dopo A Link To The Past. Siamo di fronte ad un punto di svolta, o meglio, un punto di non ritorno. Che si voglia procedere gradualmente svolgendo le missioni principali, o andare direttamente a sconfiggere la calamità, a proprio rischio e pericolo, il giocatore è completamente libero di scegliere il proprio cammino verso la gloria. Tutto ciò che viene fornito nelle prime ore di gioco nell’altopiano delle origini è tutto ciò di cui si ha bisogno per raggiungere ogni anfratto della sconfinata Hyrule.

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E questo è solo l’inizio…

Anche gli espedienti narrativi risultano funzionali e consentono alla narrazione di essere poco sfilacciata. Difatti, Link dovrà ricostruire la propria memoria attraverso la scoperta di alcuni luoghi che risveglieranno in lui dei ricordi, tramite i quali potremo rivivere gli eventi passati. Un tale meccanismo permette quindi di elevare l’esplorazione stessa a narrazione, rendendola parte integrante del gameplay (almeno fino a quando non verranno attivati tutti i ricordi).

Scalare: che passione!

Una delle grandi novità introdotte è la possibilità di scalare qualsiasi cosa, a patto di avere sufficiente vigore. Ed ecco che la mappa di gioco raggiunge un’importanza in verticalità almeno pari a quella in estensione come mai era stato fatto in un open world. Ma attenzione: la verticalità non è soltanto un vezzo, ma parte integrante di un gameplay fortemente basato sul level design. Moltissime missioni principali e secondarie sono interamente basate su semplici indicazioni geografiche: scordatevi le classiche passeggiatine dal punto A al punto B comodamente indicati sulla mappa. Per progredire davvero all’interno dell’avventura, la conoscenza della geografia (e soprattutto della morfologia) è fondamentale. Tutto ciò ha portato una serie di modifiche epocali ad una serie che da troppi anni ristagnava su sé stessa: una su tutte i dungeon. Niente più bussole e midboss che vi conferiscono strumenti senza i quali non si può avanzare. Ogni dungeon può essere affrontato e portato a termine nell’ordine che si preferisce, in quanto interamente basato sull’interazione fisica (sensazionale) garantita dai poteri della tavoletta. A completare il tutto, una serie di 120 sacrari sparsi letteralmente ovunque, di natura più disparata, che garantiscono una soluzione di continuità con i puzzle ambientali che hanno da sempre contraddistinto la serie. Se si può muovere una critica, forse, è quella di non aver inserito dei boss all’interno dei dungeon che fossero leggermente più ostici. Almeno un paio di questi non rendono minimamente giustizia ai sensazionali colpi di genio in termini di level design che contraddistinguono i meccanismi alla base dei labirinti, lasciando un po’ un senso di vuoto.

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Un Bobolink così innocuo…o forse no!

Per la prima volta, inoltre, Link potrà gestire un armamentario ed un vestiario di ricchezza assoluta, oltre a poter raccogliere qualsiasi tipo di cibo e cucinarlo in tutti i modi, al fine di preparare pozioni di recupero dai diversi effetti. La chiara scelta dello sviluppatore era quella di “costringere” il giocatore ad usare tutto l’armamentario a disposizione. Per fare ciò, ogni arma è stata dotata di distruttibilità (ad eccezione di una, indovinate quale?). Questa meccanica esegue egregiamente il suo dovere, rischiando però spesso di rendere vana la ricerca di un’arma rara o potente, ben consci che dopo un certo numero di colpi scomparirà per sempre dal nostro inventario.

In termini di contenuti, l’avventura offre centinaia di ore a disposizione. Anche dopo 200 ore di gioco, si resterà meravigliati nello scoprire un luogo che non era mai stato visitato in precedenza.

Anche l’occhio vuole la sua parte!

Ultimo aggiornamento: 2024-04-25 at 06:50

Dal punto di vista tecnico, il nuovo Zelda presenta alti e bassi: degli splendidi effetti di luce e particellari lasciano spazio a molte texture in bassa risoluzione e ad un orizzonte visivo poco definito. Il frame rate, dopo il primo corposo aggiornamento di inizio aprile, appare invece abbastanza fluido, tranne in rare occasioni.

Lì dove il comparto tecnico eccelle, però, è nel lato artistico, assolutamente sublime. Un lavoro talmente sopraffino nella ricerca e nella caratterizzazione, da far passare in secondo piano alcune magagne tecniche. I comprimari di Link sono disegnati in maniera eccelsa con una cura mai vista prima nella serie, e siamo sicuri che faremo molta fatica a dimenticarci di Revali e soci. La colonna sonora è estremamente coraggiosa: i suoni ambientali la fanno da padrone per l’80% del tempo e sono assolutamente straordinari. Le musiche di accompagnamento vengono invece introdotte in alcuni luoghi chiave, e sono di assoluto livello, tra vecchi classici e nuovi arrangiamenti. Tale scelta risulta estremamente azzeccata, conferendo al mondo di gioco una vita propria, anche grazie allo splendido lavoro svolto sulla caratterizzazione della fauna e sulle andature dei cavalli. Straordinaria anche l’interazione ambientale e l’IA dei nemici, veri talloni di Achille negli open world moderni.

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Una Hyrule sconfinata ed artisticamente mozzafiato…

Espansioni: che sorpresa!

Per la prima volta nella storia della saga, un episodio di Zelda ha ricevuto una corposa espansione disponibile alcuni mesi dopo il lancio ufficiale dell’avventura principale. Nonostante l’annuncio abbia fatto storcere il naso a parecchi puristi, è evidente che questo modello economico non può più essere ignorato su un investimento di questo tipo. Sarebbe quindi il caso di considerare questo pacchetto come quello che è in realtà, ovvero un’occasione per tornare a cavalcare le splendide terre di Hyrule.

La prima parte di questo DLC, uscita a giugno, era principalmente incentrata su “La Prova della Spada”. Una serie di stanze colme di nemici a difficoltà crescente ci consentirà di sprigionare il vero potere della spada suprema. La sfida risulta piuttosto impegnativa, soprattutto nella terza sezione, e richiederà dalle 3 alle 5 ore. Rispetto ad altri contenuti simili proposti in passato (come in Wind Waker, ad esempio), questa prova è un vero concentrato di level design che farà senz’altro piacere a chi cerca una sfida elevata. A completare questa prima parte di contenuti aggiuntivi, una serie di missioni secondarie che vi consentono di recuperare nuovo vestiario (tra cui l’utilissima maschera Korogu che vi segnala la posizione dei nostri simpatici arbusti), una nuova funzionalità che vi permette di visualizzare il percorso di Link nelle ultime 200 ore, in modo da individuare più facilmente zone inesplorate, e la modalità master. Quest’ultima rende la sfida principale una vera e propria sopravvivenza: la curva di difficoltà subisce una ripida impennata e ci troveremo molto spesso (almeno nelle prime 40-50 ore) a scappare da “innocui” Bobolink d’argento. Come parte integrante del gameplay, questi nuovi contenuti (esclusa “La Prova della Spada”) andavano senz’altro resi disponibili gratuitamente, in quanto modificano, anche se in maniera marginale, l’esperienza di gioco.

Se il primo pacchetto includeva una serie di contenuti più o meno limitati, è stato il secondo pacchetto, uscito da pochissimi giorni, a dare corpo e sostanza all’espansione intera. Con una nuova storia chiamata “La ballata dei Campioni”, il talentuoso team di sviluppatori Nintendo ha dato vita ad una serie di sfide ispiratissime ed impegnative, culminate con un nuovo dungeon che è forse il più riuscito dell’intero gioco. Nel complesso, il pacchetto di espansioni aggiunge tra le 20 e le 30 ore di gioco e non si ha mai l’impressione di trovarsi di fronte a contenuti poco curati, tutt’altro. In generale, forse, gli sviluppatori Nintendo avrebbero potuto osare di più dal punto di visto narrativo, anche se i nuovi ricordi dei Campioni sono assolutamente deliziosi e chiudono definitivamente il cerchio su arco narrativo mai banale. In definitiva, l’espansione resta davvero un vezzo per chi ha spolpato a fondo l’avventura principale. Per tutti gli altri, l’acquisto non è assolutamente obbligatorio.

L’Olimpo è lì…

Chiunque conosca un minimo il medium videoludico e abbia avuto a che fare con Breath of the Wild non potrà non riconoscere la portata rivoluzionaria di questo titolo. La casa di Kyoto ha puntato molto, quasi tutto, su di lui, quando addirittura all’E3 del 2016 lo presentò come unico gioco in fiera. Con il senno di poi, le scommesse di Nintendo sono state tutte vinte: Breath of the Wild non è solo un titolo mastodontico, ma è un titolo che ci dimostra come idee e creatività sono ancora alla base del videogame tradizionale. Se l’intero settore sarà influenzato da questo exploit lo scopriremo tra un paio d’anni, ma una cosa è certa: da oggi in poi, quando guarderemo indietro, non vedremo più un’Ocarina, ma una tavoletta Sheika.

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The Legend of Zelda: Breath of the Wild + DLC – Recensione
PRO
Artisticamente sublime
Tante meccaniche nuove e perfettamente amalgamate
Una rivoluzione nel genere degli open world
Il miglior Zelda di sempre
CONTRO
Qualche magagna tecnica
Un paio di boss sottotono
Alcuni contenuti del DLC andavano resi gratuiti
9.9
Il gioco della generazione