Ginger: Beyond the Crystal – Recensione

VENT’ANNI FA

Ginger: Beyond the Crystal è un gioco che definirei anacronistico. Sono convinto che se l’avessi giocato a metà degli anni ’90, attraverso gli occhi di un bimbo di 8-9 anni, mi sarebbe piaciuto. Non sarebbe certo stato il gioco più bello che quel bimbo abbia mai giocato – voglio dire, nella sua collezione troviamo titoli come Super Mario 64 e Crash Bandicoot – ma senza dubbio in mezzo a tanti classici questo platform tridimensionale avrebbe saputo difendersi bene.

Ci sono delle buone idee in Ginger. Gli sviluppatori hanno pescato a mani basse dalla tradizione e il risultato è una decente rielaborazione di elementi tipici del genere, che di certo non pretende di stupire per originalità e innovazione, ma che si propone come solida esperienza ludica per i giocatori più giovani.

Ecco, vent’anni fa avrei scritto esattamente queste parole in una recensione. Purtroppo però la linea editoriale di Gamescore mi scoraggia dal manipolare le coordinate spazio-temporali oltre un certo limite. E giocato nel 2017, su Nintendo Switch, Ginger: Beyond the Crystal diventa come quel gioco della nostra infanzia che ricordiamo con tanto affetto, ma che è meglio lasciare nella custodia perché… dio santo se è invecchiato male!

Ginger non soffre certo di vertigini.

VENT’ANNI DOPO

Onde evitare fraintendimenti, lasciatemi precisare: Ginger è un gioco nuovo, uscito nel 2016 su tutte le piattaforme e approdato recentemente sull’eShop di Nintendo Switch. Si tratta di un platform tridimensionale piuttosto canonico, la cui struttura generale è tutto sommato intrigante.

Gli abitanti ci dimostrano un po’ di gratitudine.

Dopo un breve filmato introduttivo che ci spiega chi sia la creatura di nome Ginger e quali siano i suoi doveri da eroe prescelto (la trama è tranquillamente trascurabile), visitiamo subito il primo dei tre villaggi che fungono da hub centrale. In questa fase Ginger: Beyond the Crystal si ispira agli esponenti più esplorativi del genere: i villaggi infatti sono piuttosto ampi e percorribili in lungo e in largo, complice la telecamera libera che permette una visione a 360 gradi dello spazio di gioco. Il gameplay è quindi accostabile a quello di uno Spyro, con sottoquest da portare a termine, oggetti nascosti da scovare e via dicendo. Grazie ai frammenti di cristallo e ai materiali da costruzione che raccogliamo in giro abbiamo la possibilità di ripopolare questi villaggi, salvando gli abitanti e ricostruendo case ed edifici. In questo modo accumuliamo l’energia necessaria per attivare i portali che danno accesso ai livelli veri e propri.

Devo raccogliere più materiali per costruire questa bella sartoria.

Per quanto il tutto sia molto semplificato, abbiamo comunque l’impressione che le nostre azioni abbiano un riscontro effettivo sul mondo di Ginger. Le missioni che ci vengono affidate dagli abitanti non sono mai troppo impegnative, per lo più dovremo andare in cerca di alcuni oggetti o far fuori un certo numero di nemici, ma il senso di progresso che proviamo nel portarle a termine è quasi palpabile, ed è piacevole vedere i villaggi riprendere vita gradualmente. Sicuramente l’aspetto più riuscito del gioco.

I fumetti ci aiutano a capire di volta in volta quale abilità dobbiamo usare.

All’interno dei quindici livelli la telecamera rimane invece fissa, costringendo il giocatore a muoversi lungo direzioni preimpostate: da sinistra a destra, avanti e indietro rispetto all’inquadratura. L’aspetto più lineare non deve però trarre in inganno, dato che ogni livello presenta variazioni sul tema e non si riduce mai ad un semplice “vai dal punto A al punto B”. C’è sempre qualcosa da fare o da trovare prima di poter guadagnare l’uscita, e interi livelli si basano attorno alla soluzione di piccoli minigiochi o enigmi ambientali. Qualche citazione poi non guasta mai.
Salvando determinati abitanti guadagniamo anche dei costumi che ci permettono di acquisire delle abilità: il pirata per esempio scassina i lucchetti, il vampiro si trasforma in pipistrello, e così via. Piccole variazioni che non incidono più di tanto sul gameplay (ogni abilità può essere considerata la chiave per accedere ad un’area prima inaccessibile) ma presentano la scusa per un facile backtracking; rivisitare ogi livello con tutte le abilità a disposizione è infatti l’unico modo per completare il gioco al 100%.

Ci sono anche quindici livelli composti solamente da piattaforme mobili sospese in aria, e fin da una prima occhiata è impossibile non pensare subito alle sezioni più classiche di Super Mario Sunshine, quelle da affrontare senza lo Splac 3000 sulle spalle. È certamente apprezzabile il tentativo di offrire una maggiore varietà al titolo, ma il design del tutto anonimo con cui le piattaforme sono posizionate fa sì che questi quadri risultino tutti uguali e poco divertenti da giocare. Peccato.

Piattaforme rotanti. Tante piattaforme rotanti…

VENT’ANNI IN RITARDO

Ma ciò che al giorno d’oggi fatichiamo a digerire non sono tanto i più o meno vistosi difetti che ho descritto nei paragrafi precedenti. Non tutti i giochi possono essere Mario Odyssey, giusto? E anche se una ciambella non viene col buco, rimane pur sempre un delizioso dolcetto da assaporare morso dopo morso.
Il problema è che la ciambella di Ginger: Beyond the Crystal avrebbe avuto un bel buco tondo tondo, vent’anni fa. Oggi invece notiamo solo gli strati di muffa che la ricoprono.

Il design di personaggi e nemici non brilla per originalità.

Perché Ginger giocato nella sua versione per Switch ha un aspetto grafico terribilmente datato, con gravi problemi di fluidità. Inoltre controlli imprecisi rendono il gioco frustrante per gli standard moderni.
Potrei dire altro, potrei approfondire nel dettaglio quanto triste sia la grafica e quanto approssimative siano le collisioni. Potrei descrivere la povertà poligonale di ambienti e personaggi, i costanti cali di framerate, la telecamera ballerina, o fare un elenco di bug e glitch grafici. Ma non farei altro che ripetere lo stesso concetto. Vi basti sapere che sembra a tutti gli effetti di giocare con un platform sviluppato per Nintendo 64 o per la prima Playstation. E non va bene.

Ginger avrebbe potuto essere un gioco discreto. Un po’ banale a tratti, in parte privo di una forte identità, ma per un pubblico di giovani e giovanissimi avrebbe potuto rappresentare una piacevole esperienza. In queste condizioni però rimane solo il fastidio e la delusione di veder annullati due decenni di evoluzione videoludica. Perché in vent’anni non sono cambiati solo i giochi, ma anche i giocatori. E se negli anni ’90 saremmo scesi a patti con i difetti di Ginger, ora abbiamo esigenze diverse. Abbiamo poco tempo, poco denaro, e tanti, troppi giochi più belli da giocare.

Nebbia in Val Padana.

Se volete saperne di più sul gioco come al solito vi invitiamo a leggere la recensione dei nostri amici di Nintendo Player.

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Ginger: Beyond the Crystal – Recensione
PRO
Buon senso di progressione
Adatto per i giocatori più giovani
CONTRO
Tecnicamente povero
Controlli e collisioni imprecisi
Privo di personalità
5.2